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Abbiamo calcolato quanto deve spendere di più o di meno un cittadino a seconda dei territori in cui vive per muoversi e per comprare merci. I primi risultati fanno tremare vene e polsi visto che tutte le aree metropolitane del Mezzogiorno, esclusa quella di Napoli, non dispongono di adeguate reti di trasporto su guida vincolata, cioè non sono supportate da reti metropolitane

Non c’è peggiore sordo di chi non vuol sentire. Qualunque indicatore si prenda della spesa pubblica italiana viene fuori l’anomalia miope di una sperequazione abnorme nella spesa sociale e nella spesa infrastrutturale tra Nord e Sud del Paese. Una sperequazione che, a suo modo, “urla” fino a scassare i timpani degli interlocutori che non solo ci sono cittadini di serie A,B,C…zeta ma che questa differenziazione voluta è l’origine del problema competitivo italiano e, a seguire, del suo sviluppo negato. Non potremo mai crescere se non fermeremo il pilota automatico con cui i capetti delle cosiddette regioni forti estraggono ogni anno dal bilancio pubblico italiano decine di miliardi dovuti alla popolazione meridionale per scuole, ospedali, treni veloci, bus scolastici, trasporto locale e mobilità in genere e li regalano alla popolazione settentrionale in parte per fare buona spesa sociale e buone infrastrutture e in parte – purtroppo sempre crescente – sia per alimentare clientele/assistenzialismo sia per finanziare indirettamente la crescita delle attività criminali in combutta con mafie imprenditrici endogene in settori sempre più estesi. Come rifiuti, movimento terra, grande e piccola distribuzione, turismo, sanità, e così via.

Questa è la malattia italiana e la temperatura della febbre è salita di anno in anno nella Conferenza Stato-Regioni dove la Sinistra Padronale emiliano-romagnola e la Destra lombarda a trazione leghista hanno fatto e fanno il bello e il cattivo tempo. Ridurre il numero dei parlamentari senza cambiare i compiti di Camera e Senato votando sì al referendum, significa dare un altro colpo durissimo al Mezzogiorno non assistenziale perché ne diminuisce le rappresentanze dei territori, ma soprattutto aumenta indirettamente il tasso di inamovibilità dei “parlamentari regionali” e di quel sistema di venti Staterelli che ha dato agli “austro-olandesi” di casa nostra il potere incostituzionale di rapinare a loro (ingiusto) favore le risorse pubbliche, ponendo le premesse del “crack italiano” che riguarda Nord e Sud perché il primo è diventato una colonia franco tedesca e il secondo – privato di tutto – è stato condannato al sottosviluppo. Se è vero, come è vero, che sono gli unici due territori europei a non avere raggiunto i livelli pre-crisi del 2007/2008, è chiaro che dobbiamo uscire in fretta da questa spirale perversa. Se è vero, come è vero, che l’emergenza Covid mette a nudo davanti agli occhi di chi vuol vedere gli effetti territoriali su scuole, trasporti e ospedali pubblici di una distorsione così incredibile di trasferimenti, a maggior ragione dobbiamo invertire totalmente la rotta.

Questo giornale in assoluta solitudine ha documentato, sulla base dei conti pubblici territoriali della Repubblica italiana, il misfatto dello scippo di 60 e passa miliardi di spesa pubblica lorda (ogni anno aumenta perché il pilota automatico della spesa storica scava sempre più in profondità) operato dal Nord a sfavore del Sud che ha determinato il record storico negativo di un reddito pro capite dei cittadini del Mezzogiorno ridotto alla metà dei restanti due terzi del Paese. Potremmo dire due nazioni separate in casa: una che è diventata Grecia (il Sud d’Italia) una che è diventata Sud (il Nord d’Italia).

Adesso con la competenza tecnica indiscutibile di Ercole Incalza e di uomini di valore delle istituzioni europee il Quotidiano del Sud-l’AltraVoce dell’Italia sta elaborando quello che abbiamo voluto definire il CPCM e, cioè, il costo medio pro capite della mobilità. Che cosa significa? Quanto deve spendere di più o di meno un cittadino a seconda dei territori in cui vive per muoversi e per comprare merci.

I primi risultati fanno tremare vene e polsi visto che tutte le aree metropolitane del Mezzogiorno, esclusa quella di Napoli, non dispongono di adeguate reti di trasporto su guida vincolata, cioè non sono supportate da reti metropolitane. La distanza  tra costo di trasporto privato (5.000 euro l’anno) e costo di trasporto pubblico  (250 euro l’anno) determina un CPCM esplosivo – non ha nulla a che vedere con i DPCM della stagione Covid – che si attesta su un valore variabile tra 15 e 20 volte  superiore per chi vive nei territori meridionali rispetto a chi vive nei territori settentrionali. Sì, avete capito bene, siamo ridotti così, e chi ne prescinde per interesse o ignavia è un pazzo da legare.

Capite allora perché l’Italia, non il Sud, si gioca tutto con il piano Next Generation? Perché con questi differenziali interni o l’Italia si presenta in Europa con un piatto unico che sono le reti digitali e materiali del Mezzogiorno (fibra anche nel Comune più sperduto, treni veloci, porti e retroporti, Ponte sullo Stretto) o continuiamo a fare i pasticci di prima (vedi accordo Tim-Cdp) e allora facciamo il male irrimediabile dell’Italia. Anche perché non si può giocare con la Commissione Europea che è fatta di persone collaborative ma rigorose e di spirito critico. Se il 15 ottobre non dovessimo superare l’esame perché non vogliamo dare al Sud la priorità che serve per salvare l’Italia e che l’Europa ci chiede o perché siamo incapaci di fare progetti in grande e preferiamo continuare a mercanteggiare con i capetti del disastro Regioni, il segnale di poca credibilità italiana a livello europeo avrebbe effetti devastanti in casa e ci procurerebbe problemi a livello internazionale. Non ce lo possiamo permettere.


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