Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
3 minuti per la letturaIl Sud è stato drasticamente tagliato nella spesa per la scuola e per la sanità, addirittura abolito nella spesa per infrastrutture degli ultimi cinque anni. Tutto ciò è avvenuto in un centro decisionale nascosto come la Conferenza Stato-Regioni. Ma ora è doveroso ringraziare pubblicamente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per avere posto come tema dominante proprio la crescita delle diseguaglianze. Chiunque si opponga al progetto integrato Alta velocità-porti-retroporti e Ponte sullo Stretto nel Mezzogiorno e alla sua attuazione in due-quattro anni massimo, accompagnato da una corposa fiscalità di vantaggio, si assume la responsabilità della disintegrazione del Paese
Ci siamo fatti del male da soli pensando di fare del bene al Nord con la favola della locomotiva. Ci siamo fatti male da soli fino al punto di essere capaci di autodistruggerci. Il dato è che non solo non abbiamo ridotto le diseguaglianze ma che volutamente le abbiamo addirittura incrementate. Tutto ciò è avvenuto in un arco temporale di dieci anni con una esplosione nell’ultimo quinquennio. Tutto ciò è avvenuto in un centro decisionale nascosto della democrazia tradita italiana che è la Conferenza Stato-Regioni dove si sono saldati gli interessi della Destra leghista e della Sinistra Padronale tosco-emiliana. La governance reale della spesa pubblica italiana è stata saldamente nelle mani “olandesi austriache” di casa nostra che hanno pagato il conto della austerità europea e della crisi industriale del Nord (cassa integrazione e morte della grande impresa) con le risorse nazionali e europee destinate alle donne e agli uomini del Sud per la spesa sociale e per gli investimenti in infrastrutture di sviluppo.
Si è fatto strame di ogni diritto di cittadinanza e si è ridotto il reddito pro capite del Mezzogiorno alla metà di quello del centronord ponendo le basi irreversibili della nuova questione settentrionale che è la sintesi della crisi di valori e di valore dell’economia del Nord alimentata dall’indebito privilegio assistenziale che ha fatto crescere clientele e mafie endogene e ha finito con il privarla del suo primo mercato interno di consumi svuotato dalle mani rapaci di amministratori regionali miopi e, spesso, disinvolti. Tutto questo è avvenuto nel silenzio complice generale e, cosa ancora più grave, nel silenzio complice delle classi di governo delle Regioni del Mezzogiorno e del suo ceto intellettuale. Terribile.
Questo giornale è nato nel segno di questa operazione Verità e lo ha fatto dal suo primo giorno di uscita affidandosi all’arma dell’inchiesta giornalistica sorretta dalla documentazione statistica e contabile della Repubblica italiana. In assoluta solitudine e prima di tutti, anzi nell’atteggiamento di sufficienza di molti, abbiamo calcolato in 60 e passa miliardi l’anno la sottrazione indebita di risorse pubbliche che il Nord opera a spese del Sud attraverso il trucco della spesa storica e un accordo di potere miserabile che viola i principi fondanti della Costituzione. Il Mezzogiorno è stato drasticamente tagliato nella spesa per la scuola e per la sanità, addirittura abolito nella spesa per infrastrutture degli ultimi cinque anni. Per questo vogliamo ringraziare pubblicamente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per avere posto come tema dominante nel cinquantennio delle Regioni proprio la crescita delle diseguaglianze.
Siamo al punto finale di una lunga, pluriennale storia sbagliata per l’Italia e per il Mezzogiorno. Siccome non ci siamo limitati a fare analisi e denunce, ma abbiamo dimostrato in modo capillare gli effetti perversi di queste scelte, misurandone ogni giorno e in ogni campo dimensione e qualità, oggi ci sentiamo di dire che ci avviamo alla irreversibilità del fenomeno. Senza interventi radicali immediati ci avviamo verso la irreversibile decrescita dell’intero Paese. Chiunque si opponga al progetto integrato Alta velocità-porti-retroporti e Ponte sullo Stretto nel Mezzogiorno e, soprattutto, alla sua attuazione a seconda delle opere in due-quattro anni massimo accompagnato da una corposa fiscalità di vantaggio, si assume la responsabilità della disintegrazione del Paese, dell’uscita dell’Italia dal novero delle economie industrializzate e del fallimento del progetto europeo. Mi sembra troppo anche per gli incalliti ragionieri padani “austro olandesi” della rendita pubblica nostrana. Anche perché l’abuso di potere che rischia di fare saltare il Paese oggi è nudo. Non consentiremo loro nuovi travestimenti.
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Concordo su numerosi punti da Lei illustrati signor Direttore. Ma non ci siamo, non ci siamo proprio nella promozione del ponte sullo stretto di Messina. opera teoricamente utile e molto costosa, ma altamente pericolosa. Come si può permettere un ponte di tali dimensioni su un’area ad alto rischio sismico senza mettere a rischio la vita di migliaia di cittadini ? Meglio lasciar perdere, ed investire quei soldi magari migliorando la viabilità interna e la rete ferroviaria della Sicilia rimasta a livello preistorico, insomma di ” Un Cristo si è fermato a Messina “. Gli investimenti debbono privilegiare l’ agricoltura, la pastorizia, una maggiore presenza delle forze di polizia per smantellare l’atavico problema della mafia che è di ostacolo allo sviluppo regionale. Supportare la scuola e l’informazione giovanile al rispetto della legalità, con la quale lo sviluppo economico
della Sicilia è tappa imprescindibile. Trovare infine tutta una serie di nuovi sbocchi professionali seri, utili, efficaci, per una riconversione occupazionale di tutta una serie di cittadini occupati fittiziamente in lavori improduttivi e
semplicemente assistenziali. Modernizzare il Sud è anche questo, altro che la bufala del Ponte sullo Stretto.