Luca Zaia e Attilio Fontana, governatori di Veneto e Lombardia
3 minuti per la letturaHO SCRITTO La grande balla perché non ne potevo più. Volevo che il lavoro di inchiesta giornalistica quotidiano che ha segnato questo giornale dal suo primo giorno di uscita avesse una rappresentazione compiuta. Non è vero che il Sud vive sulle spalle del Nord, è vero l’esatto contrario. Nessuno lo vuole ammettere, ma è il dato imprescindibile dal quale tutto parte e di cui tutti in modo condiviso dobbiamo prendere atto. Siamo saliti sulla vetta del luogo comune italiano e abbiamo fatto rotolare a valle il macigno della verità. Lo facciamo ogni giorno.
Abbiamo trovato per strada nuovi compagni di viaggio, sono arrivate conferme superiori alle aspettative. Non c’è istituzione economica, contabile, statistica della Repubblica italiana che non ne dà conto, ma i loro documenti sulla anomala distribuzione della spesa pubblica tra Nord e Sud Italia vengono cromosomicamente rimossi. Si ha la sensazione che la convinzione diffusa totalmente errata deve comunque sempre prevalere. Che il pensiero unico del talk show malato italiano deve infettare cervelli e coscienze a vita. Che un sentimento mai dichiarato di pregiudizio strisciante, non immune da venature razziste, non può essere arginato. Che il blocco dominante di interessi non rinuncia alla sua verità di comodo. A volte hai la sensazione che è tutto inutile.
Invece no. La catastrofe mondiale del Coronavirus demolisce uno dietro l’altro tutti i muri del luogo comune italiano che impedivano di prendere coscienza della realtà e ci facevano apparire velleitari o temerari. Sfido a trovare chi in Italia, prima del Coronavirus, era disposto a mettere in discussione i servizi sanitari regionali e porre un freno alla cavalcata nelle praterie della spesa pubblica nazionale dei prenditori privati della sanità lombarda. Nessuno. In solitudine ci eravamo permessi di dire che lo sconcio di dare 15,9 euro di investimenti pubblici per acquisto di macchinari e edilizia ospedaliera a un calabrese contro gli 89,9 euro a un valdostano non era tollerabile. Che era inquietante dare alla Lombardia per la spesa sanitaria il triplo di quanto riceve la Puglia e che era addirittura pericoloso il metodo con cui la Lombardia trascurasse prevenzione sul territorio e ospedalità pubblica a favore di un finanziamento abnorme di ex editori, ex siderurgici, affaristi. Tutti convertiti al business della sanità dove non mancano peraltro eccellenze da rispettare e incoraggiare.
Avevamo detto che bisognava tornare al servizio sanitario nazionale e il giudizio più generoso ricevuto era quello di essere fuori dalla storia. Oggi lo invocano in tanti e l’autonomia differenziata incute paura. Vogliamo provare a sorprendere ancora. Chiediamo la fine dei “granducati regionali” che tanto male fanno alla coscienza nazionale e alla salute dell’economia. Però, lo Stato vigliaccamente svuotato di potere e privato dei suoi uomini migliori, così come è ridotto non ce la può fare. Si salvino tutti i bravi sopravvissuti, ma si ingaggino gli uomini di guerra di cui il Paese ha bisogno per combattere le battaglie dell’unificazione nella sanità come nella scuola, nelle infrastrutture di sviluppo come nel lavoro non assistenziale. Presidente Conte, è stato così bravo che vincerà la battaglia in Europa – il generale Coronavirus aiuta anche lì – ma con i Tridico e gli Arcuri a Roma e i ras armati da soldi non loro dei “Granducati regionali” perderà la battaglia in casa. Si deve sbarazzare dei primi e mettere in riga i secondi.
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Abbiamo bisogna di un canale televisivo nostro per poter “scoperchiare il vaso di pandora”
l’unificazione, forse mai intentata veramente da quando – sulla carta – si é diventati una nazione, può passare soltanto dal riequilibrio. Rendere possibile sussidiarietà vera e investimenti equi, con servizi accessibili in ogni regione italiana, restituirebbe un po’ di giustizia e di parvenza d’insieme.
Lavorare per porre fine al turismo sanitario delle regioni meridionali verso il nord già sarebbe un buon inizio. Questa tendenza taciuta, favorita e giustificata nei decenni dalla mala ed esigua sanità, incrementa e ha moltiplicato le entrate dei capitolati di spesa pubblica dell’alto Stivale a discapito di quelli spettanti a caviglia, punta, tacco e accessori oltremare, ingrassando anche i settori direttamente trasversali quali strutture ricettive e di sussistenza del malato e dell’accompagnatore.
Appannaggio del diritto alla salute sancito – forse – per ogni cittadino italiano dalle Fonti del Diritto.
É inoltre importante non lasciar inascoltato il grido di vendetta di questa Pandemia che sottolinea la necessità di ricordare l’importanza del sistema sanitario pubblico. Dall’Italia, all’Europa, agli Stati Uniti essendo partiti dalla Cina, é evidente – con le numerose e disparate storie di malattie e di decessi – che la vita debba essere d’interesse pubblico. Perciò la buona pratica sarà alimentare e sostenere, sempre, un servizio di Sanità Pubblica d’eccellenza. Controllarne anche funzionamento e funzionalità sar doveroso, affinché i cattivi esempi diventino fiori all’occhiello e favoriscano la promozione della ricerca.
Immaginare, domani, una Democrazia che rispetti tutti e ne tuteli i servizi. Un post-Covid dove i dirigenti e i politici rispondano agli errori e non facciano i soliti “scarica barile” sulle persone per poi giustificare tagli e carcasse di cattedrali nel deserto al profumo di merce di scambio di varia natura.
Vi sono copiose inchieste e casi giudiziari che nel tempo hanno evidenziato queste situazioni.
…E speriamo che i calabresi e la gente di quel – beffardo e comodo – mezzogiorno sappiano ricordare, questa volta, per non dar più credito agli slogan scritti sulle felpe o ai tanti giustizieri e canzonieri al sapor di cantastorie che da decenni restituiscono gestioni amare e
Ragionate!