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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte

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SIAMO in un’economia di guerra, ma tutti sparano sul generale che guida le truppe italiane sul campo di battaglia. Tutti si danno, quindi, un gran da fare perché l’Italia perda la Grande Guerra. Che è il nuovo ’29 da Pandemia globale. Viene giù il mondo, scendono perfino i titoli di stato tedeschi, noi viaggiamo verso una depressione da dieci/venti punti di Pil, la Lombardia da sola distacca nettamente la Cina intera per numero di morti da Coronavirus, ma lo sport nazionale è sparare a palle incatenate contro il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che francamente non so che cosa avrebbe potuto fare di più. Anche se questo non vuol dire che non abbia commesso errori. In pochi giorni siamo tornati a essere il Paese che si fa del male da solo.

Non rinunciamo a litigare ferocemente per cose apparentemente minori. La Regione Lombardia non ha il coraggio di mettere a zona rossa Bergamo e scarica la responsabilità sul governo che non decide mentre sempre in Padania per un Comune più piccolo certo, Medicina, il Presidente dell’Emilia-Romagna dichiara la zona rossa e nemmeno gli passa per la testa di interpellare Palazzo Chigi. Alle bare di Bergamo che cercano casa per l’Italia almeno questo teatrino potevamo risparmiarlo. Siamo poi alla doppia ordinanza di chiusura. Quella del Governo e quella della Regione Lombardia. Ovviamente il Governatore Fontana si affretta non solo a ribadire che la sua è molto più restrittiva, ma a far sapere che ha interpellato i giuristi e questi gli hanno detto che vale la sua ordinanza non quella di Roma che poi è un decreto del governo della Repubblica italiana. Quisquilie, direbbe Totò.

Figuriamoci se non ricordo quello che insegnava Beniamino Andreatta, persona che stimo per tante cose a partire dalla determinazione con cui ha voluto le università di Trento e della Calabria. Il Professore insegnava ai suoi allievi che l’autorità monetaria e l’autorità politica parlano una volta sola e a reti unificate perché conoscono il valore delle loro parole. Sanno che sono lo strumento più importante che hanno a loro disposizione. Premesso che questo, forse, vale di più per i signori delle monete e il confronto tra Draghi e la Lagarde ne è la prova più lampante, ma francamente non se ne può più di tutti questi analisti che dal loro divano di casa sono stufi dello scocciatore seriale Conte e si indignano perché comunica con loro attraverso facebook dopo quindici ore estenuanti di confronti con tutte le categorie produttive del Paese. Consigliamo al Presidente Conte di usare la prossima volta i canali istituzionali, ma invitiamo tutti a mantenere il senso della misura e a ricordarsi che non si può essere in guerra a orari alternati.

Vi pare possibile che gli industriali dichiarino che l’Italia non è chiusa e i sindacati annuncino lo sciopero perché non è chiusa abbastanza? L’esperienza di Bergamo con le sue fabbriche aperte per vendere a un mondo che non compra nulla, causa guerra virale, non ha insegnato niente a nessuno? Ma vi pare normale che a ogni ora del giorno e della notte i virologi italiani si facciano la loro piccola guerra in tv o addirittura con le carte bollate in tribunale? Come dare torto a Alberto Negri che invoca robusti tamponi per fermare le dilaganti perdite orali degli esperti. Non solo dicono cose diverse gli uni dagli altri, ma lo stesso esperto una volta dice una cosa e qualche giorno dopo ne afferma un’altra. Come se nulla fosse, ovviamente.

Al talk show italiano che è parte rilevantissima della malattia del Paese mancava solo la frontiera strisciante del “razzismo” interno. Ci siamo arrivati. Per cui se le vittime in Lombardia sono dieci volte superiori a quelle del Veneto non è probabilmente frutto del fatto che si è voluta ospedalizzare troppo la crisi o perché si era abbassata la guardia nella prevenzione sui territori, ma perché nel Nord (che è ovviamente la Lombardia) sono più ligi al lavoro degli abitanti delle Regioni del Sud. Così come ogni occasione è buona per parlare degli scandali sanitari del Mezzogiorno che ci sono e vanno condannati duramente, ma senza mai dire che numeri alla mano queste Regioni sono scippate di decine di miliardi l’anno di spesa pubblica sottratta per foraggiare la rendita privata sanitaria di quel Nord che di scandali ne ha avuti ancora di più e ha scavalcato la Cina nel vagone di testa della locomotiva del nuovo ’29 mondiale.

Ovviamente le opposizioni alzano la voce e trovano ascolto a Palazzo Chigi. Sbaglierebbe il Capo del governo a non coinvolgerle. Sbaglierebbero ancora di più loro a usare queste consultazioni come clave di una polemica intollerabile. Non si scherza più e siamo in un’economia di guerra già da molto tempo. Il parlamento faccia il suo mestiere e lo faccia bene. Tutti, però, lavorino insieme perché i soldi arrivino nelle tasche di tutti e si chiuda al più presto l’emergenza sanitaria. La Germania ha accolto pazienti italiani e si appresta a fare saltare i suoi vincoli di bilancio. È cambiato tutto. Noi la ricostruzione italiana potremo farla se cambiamo più degli altri. Perché dobbiamo ripartire dall’unità condivisa del Paese non dalla guerra tra ricchi e poveri che ci rende tutti più fragili. Quello che sta capendo la Germania in Europa è esattamente quello che deve capire la Lombardia in Italia. Nell’interesse suo e di tutti.


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