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Solo un cieco può non vedere il circolo vizioso italiano, ma questo tipo particolarissimo di cecità è la malattia più diffusa nella classe dirigente del Paese. Hanno tutti gli occhi chiusi. I pochi che provano a aprire una palpebra sono rispediti con derisione nel buio collettivo. L’aritmetica è il più potente integratore per chi vuole avere il cervello sempre in allenamento e muovere i sensori giusti per rompere il velo comune della cecità. Purtroppo, anche la forza della aritmetica nulla può contro la pavidità degli uomini di potere. Quel misto di opportunismo, timore riverenziale e piccolo cabotaggio, che consiglia di non disturbare mai il grande manovratore. Tendenzialmente del Nord. Tendenzialmente padroncino della doppia morale. Tendenzialmente abituato a fare i conti ogni giorno senza mai chiedersi che cosa potrà succedere nei prossimi cinque-dieci anni.
Eppure l’aritmetica, di fonte Eurostat, interpretata da un uomo libero qual è Adriano Giannola ci dice che il reddito pro capite del Piemonte nel 2000 era pari al 131% di quello medio europeo e nel 2017 si ferma al 102% e, cioè, sull’uscio che spalanca le porte del girone dei Paesi in transizione verso il Mezzogiorno d’Europa. Sempre l’aritmetica, udite udite, ci dice che destino analogo tocca alla Toscana e, addirittura, al Friuli Venezia Giulia. Abbiamo citato tre regioni tra le più indebitamente foraggiate dalla spesa pubblica italiana, sottratta alle infrastrutture di sviluppo del Mezzogiorno, ma non può passare inosservato il dato che, nello stesso periodo, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto hanno perso rispettivamente 25, 29 e 34 posizioni.
Avere abolito il Mezzogiorno dalla spesa sociale pubblica e, cosa ancora più grave, da quella per gli investimenti di sviluppo che riguardano le infrastrutture materiali e immateriali, non è neppure servito a preservare la forza di partenza dei territori del Nord e delle rispettive comunità. Anzi, come era ovvio, ha privato il Nord dell’alleato Sud industriale e infrastrutturale oltre che del suo ricco mercato di consumi e ha, quindi, determinato le condizioni strutturali per la caduta dimensionale e la conseguente meridionalizzazione della Padania produttiva condannando l’Italia intera al declino.
Siamo davvero stufi di balletti tra sindaco d’Italia, prescrizione del cervello prima ancora di quella processuale, annunci e contro-annunci. Bisogna prendere atto che l’integrazione del Nord Italia con il Nord Europa, che è la Germania stritolata dai primati americani e cinesi, al massimo può fare di alcuni subfornitori delle vallate bergamasche, bresciane e venete l’appendice meridionale dell’ex gigante tedesco.
Chi governa questo Paese deve avere il coraggio di firmare un allegato infrastrutture dove al primo posto c’è l’alta velocità ferroviaria nel Mezzogiorno, Sicilia compresa, e al secondo l’investimento anche portuale nel quadrilatero Napoli-Bari-Taranto-Gioia Tauro. Soprattutto, deve aprire i cantieri per questi due obiettivi con la stessa velocità e determinazione dimostrata con la ricostruzione del Ponte Morandi a Genova. Per salvare il Nord, colonizzato da tedeschi e francesi e rammollito (non tutto) dall’orgia di spesa pubblica assistenziale, non c’è altra strada. Solo la rinascita infrastrutturale del Sud può consentire di unificare l’Italia, dare un futuro ai suoi giovani migliori, e fare ripartire la nostra economia. Il resto, sono chiacchiere. Non so se più pavide o pericolose.
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