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Stiamo operando con le nostre mani, non quelle dell’Europa, perché si ripeta una seconda Deauvulle e l’Italia diventi la nuova Grecia
Pagliacci pericolosi. Spiace dovere usare espressioni così forti. Solo in Italia può accadere. Il negoziato inizia nel dicembre del 2017 per riformare il trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità, più conosciuto come Fondo Salva-Stati, figlio di un accordo intergovernativo del febbraio del 2012. Tutti, proprio tutti, Presidente del Consiglio Conte, i ministri Tria, Moavero, Savona, perfino il rappresentante dell’Italia a Bruxelles Maurizio Massari, vengono a riferire in Parlamento, espongono, spiegano, chiedono osservazioni, ma nessuno li calcola. Non molti si presentano a ascoltarli, pochissimi gli interventi tra i presenti, si segnalano i complimenti a Conte del compagno di merende del no euro Borghi, l’economista Alberto Bagnai, presidente della Commissione Finanze del Senato, leghista anche lui della prima ora. Il nove agosto del 2019 il ministro del Tesoro, Tria, deposita in Parlamento la bozza di revisione del Trattato, informa i due Presidenti di Camera e Senato, tutti continuano sostanzialmente a tacere, non risultano levate di scudi, non si appalesano né in pubblico né in privato.
Poi, improvvisamente, gli stessi che con i loro proclami “sforare il deficit del 3% non solo si può, ma si deve”, “facciamo i mini-bot” e così via costringono Conte, Tria e il direttore del Mef Rivera ai lavori supplementari per togliere dalla testa di qualcuno di rendere obbligatoria la ristrutturazione del debito e quindi l’abbattimento del capitale dei privati per accedere agli aiuti del nuovo Fondo Monetario Europeo (da noi conosciuto come Mes, in inglese Esm) perché loro si mettono a accusare in coro di alto tradimento il Presidente del Consiglio Conte, urlano di soldi degli italiani che andranno a salvare le banche dei tedeschi, e così via. Pagliacci allora, pagliacci oggi. Se qualcuno (sbagliando) ha ritenuto di caricare il rischio euro italiano sul nuovo Fondo ponendo vincoli e paletti deve essere chiaro che ciò nasceva dalle bizzarrie, soprattutto leghiste ma anche un po’ grilline in materia di euro e Europa. Se oggi che quei vincoli e paletti sono stati rimossi ritornano le bizzarrie, allora convinciamoci una volta e per tutte che abbiamo la vocazione al suicidio. Perché nessuna ragione di propaganda politica dovrebbe mai consentire di togliere all’Italia la credibilità faticosamente riconquistata e di agitare come un drappo quei vincoli e quei paletti rimossi per trasformarli in profezie che si autoavverano e ripetono copioni come quello greco.
Bisogna che sia chiaro a tutti che esiste un problema gigantesco di incompletezza della costruzione dell’Unione bancaria, che il rischio di questa incompletezza è aumentato dalle asimmetrie interessate che vorrebbero attribuire un rischio di ponderazione ai titoli di Stato dei Paesi a alto debito o porre un tetto agli acquisti da parte delle banche italiane senza mai dire o fare niente per le banche tedesche e francesi piene zeppe di titoli illiquidi dai volumi giganteschi quali sono i derivati contenuti nelle pance di quelle banche. Deve essere chiaro a tutti che il nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Mes) privato proprio per l’azione dei governanti italiani di quegli automatismi pericolosi è un elemento che riduce l’incertezza e, quindi, aiuta, non peggiora il quadro. Si lavori di fino sui quorum delle nuove regole di ristrutturazione, le cosiddette Cac, e si elimini quindi anche l’ultima area di incertezza.
Dovremmo parlare il meno possibile di Fondo Salva-Stati e, improvvisamente, abbiamo deciso di farlo ogni secondo e di mobilitare addirittura le piazze. Questa propaganda si traduce consapevolmente o meno in un attacco al risparmio italiano di intensità quasi pari alla famigerata passeggiata di Deauville di Merkel e Sarkozy quando parlano a ruota libera di ristrutturazione del debito greco e falcidiano automaticamente il capitale privato delle famiglie greche. Dovremmo avere un governo che dura dieci anni e possa mettere sul tavolo in modo credibile l’unica proposta sensata possibile che è quella di un Fondo per il rimborso del debito europeo (European debt redemption fund) finanziato dai Paesi partecipanti con specifiche risorse, impegnate in maniera definitiva. Una proposta, che reca la firma del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e punta a impedire trasferimenti sistematici tra Paesi, riducendo al contempo il rischio di instabilità finanziaria per l’intera area. L’introduzione di un Fondo per il rimborso del debito europeo rafforzerebbe l’impegno dei singoli Paesi a ridurre il proprio debito (il trasferimento della quota nazionale viene accompagnata dall’individuazione irreversibile del flusso di risorse destinato a sostenerne l’onere) e conterrebbe la rilevanza sistemica della parte residua di debito nazionale. Insomma: se trasferiamo parte di tutti i debiti nazionali a livello europeo in un fondo redemption di titoli che diventano tutti europei e hanno, quindi, rischio nullo con poste ben identificate di ogni Paese e dì ogni singolo debito, allora il quadro cambia.
Per capirci, la storia ci insegna che questo fondo arrivò a babbo morto quando le banche francesi e tedesche avevano già venduto alla Bce i loro titoli e la Grecia aveva già ristrutturato il suo debito. Quando gli altri Paesi del Sud Europa avevano già avuto il contagio e avevano dovuto ridurre il finanziamento all’economia. La morale è che con gli accordi a due o tre governativi e non comunitari non si va da nessuna parte e di questo avremmo voluto sentire parlare in Parlamento con voci competenti e pronte a fare squadra in nome dell’interesse italiano. Invece, no. Propaganduccia di quarta serie, minacce autolesioniste, stravolgimento sistemico della realtà. Vorrei essere molto chiaro: se ciò che si è visto ieri in Parlamento si dovesse ripetere con la stessa leggerezza nelle piazze andiamo incontro a rischi molto grossi, più incapacità di crescita, più alti tassi di interesse, sfiducia degli investitori internazionali, assenza di politica di bilancio prudente e i mercati che tornano a interrogarsi seriamente sulla solidità del nostro debito. Una polemica francamente inutile costruita a arte alla quale ha contribuito in modo grave una disinformazione che, in certi momenti, diventa addirittura sistemica e crea oggettivamente un rischio finanziario. C’è chi lo fa pretestuosamente e non è bene, ma francamente ciò che è più grave è che tutto avviene secondo canoni di normalità nonostante l’abnorme livello di anormalità della polemica.
La verità è che questo meccanismo di stabilità finanziaria, vigilato in silenzio anche nei dettagli, può ridurre il costo di ristrutturazione ma parlare di ristrutturazione a ogni piè sospinto come si sta facendo per evidenti ragioni di scontro politico interno può realisticamente portare a una seconda Deauville dove l’Italia prende il posto della Grecia. La strada maestra per noi è quella ridurre il rapporto debito/Pil non dire o fare capire ogni cinque minuti che si vuole uscire dall’euro e che il problema è l’Europa. Viceversa faremmo bene a tenere sotto controllo l’avanzo primario e a operare per investire in titoli sicuri che sono in un portafoglio unico europeo garantito da tutti. Poi si dovrà veder come avviare il negoziato e fare squadra per sbarrare la strada all’Unione bancaria dei tedeschi sventando il pericolo di mettere limiti alle nostre banche.
Il Mes qui non c’entra. Ignoranza, prevenzione, volontà di creare condizioni difficili per chi governa, tutto ciò fa male e crea danni irreparabili in quanto si scherza con il fuoco del risparmio degli italiani.
Il motivo perché è sempre difficile fare il Fondo europeo Redemption è sempre dato dalla credibilità di chi lo propone. Per nostro conto dovrebbero parlare gli statisti, non bastano i buoni negoziatori. Invece, non solo mancano gli statisti, ma si moltiplicano i pagliacci.
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