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Ho davanti agli occhi la faccia di Romano Prodi che mi racconta l’incontro con il signor Mittal di una dozzina di anni fa a un convegno. Soprattutto, la risposta a una sua domanda: qual è il migliore stabilimento siderurgico in Europa? Taranto. La vecchia Finsider dell’Iri ha regalato all’Italia l’impianto che garantiva a tutti i Paesi europei l’indipendenza nella disponibilità di una materia cruciale (l’acciaio) per lo sviluppo industriale. L’uscita dall’orbita pubblica è stata fatale. Hanno fatto il resto: la moda di non parlare di politica industriale, il respiro corto del capitalismo familiare italiano, l’attacco della magistratura senza una minima verifica con gli standard ambientali europei, le demagogie dei politici pugliesi, l’ignoranza elevata a potere ministeriale da Di Maio. Il Medioevo è luce rispetto all’oscurantismo di questa storia.
La vecchia Stet dell’Iri ha ricostruito l’impero romano regalando all’Italia il primato mondiale delle telecomunicazioni e i segreti dell’industria del futuro globale. L’impero romano che appartiene alla storia è stato dissolto con le guerre, quello moderno della ex Stet – diventata a sua volta Telecom-Tim – è stato dissolto con i debiti dei privati. Una delle “migliori performance” della razza padana italiana che compra un gioiello dello Stato imprenditore senza un becco di quattrino e lo paga con la cassa del gioiello che compra. Insomma: lo indebita per fini predatori suoi al punto di farlo uscire dalla vetrina. Chapeau.
La vecchia Italstat dell’Iri regala all’Italia un player globale delle costruzioni e delle grandi opere. Apre e chiude i cantieri, si percepisce il progetto Paese dello Stato imprenditore, le due Italie sono riunificate con la Autostrada del Sole costruita e inaugurata prima della scadenza prevista. Oggi rifare l’Italstat significherebbe guardare al futuro, invece mettiamo insieme due aziende che navigano in acque procellose e le diamo in mano a uno degli scampati dal pericolo massimo. Aggiungiamo un po’ di soldi delle banche e di Cdp. Diciamo che è nato il nuovo campione nazionale, lo chiamiamo Progetto Italia, e con i soldi delle banche italiane
e di Cdp girovaghiamo per il mondo. Speriamo con profitto.
Potremmo continuare, ma questi tre esempi bastano. Quando la grande impresa italiana era pubblica l’Italia era una e gli investimenti si facevano al Nord e al Sud. Eravamo i migliori. Poi, abbiamo regalato le aziende ex Iri (non tutte) e le casse statali a scippatori privati e politici di patrimoni imprenditoriali e di spesa pubblica. Abbiamo abolito la politica industriale e gli investimenti nel Mezzogiorno. Risultato: siamo l’unico Paese che non ha più grandi imprese manifatturiere tra i Paesi industriali. La Francia ha un valore aggiunto inferiore ma ha le grandi imprese e fa politica industriale secondo la consueta grandeur. Al governo italiano, per fare qualcosa ci è rimasto come ultimo strumento la Cassa Depositi e Prestiti. Ovviamente secondo le regole europee. Servono visione della politica e competenza degli uomini del fare. Scarseggiano entrambe, purtroppo.
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