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La notizia data dal ministro Fioramonti della reinserzione fra le tracce per i temi della maturità di una dedicata alla storia ha trovato consenso. La decisione di eliminarla del ministro Bussetti aveva suscitato opposizioni molto forti ed ora il suo successore fa una opportuna marcia indietro. Tutto risolto? Non proprio.
Sebbene il ministro Fioramonti abbia dichiarato che ha presente la necessità di un rafforzamento dell’insegnamento della disciplina, la sua presenza nell’istruzione scolastica è più che modesta, soprattutto nelle secondarie superiori, cioè quando i ragazzi hanno un’età sufficiente per iniziare a ragionare sui temi della storiografia. Del resto sulla scarsissima conoscenza dei fatti storici ci sono ampie prove: anche senza andare a domande poste un po’ a tradimento a qualche parlamentare, basta guardare qualche quiz televisivo per constatare come le domande in quella materia siano tra quelle che inducono al maggior numero di risposte sbagliate (peggio c’è solo la geografia).
È da chiedersi allora se abbia molto senso battersi per riavere la traccia di storia (che peraltro è scelta da un numero basso di maturandi: meno del 5%) se poi i ragazzi non sono in grado di svolgerla. Ci permettiamo di dire che in questo campo varrebbe la pena di ripetere la classica citazione che è attribuita a Gramsci: dire la verità è rivoluzionario.
E la verità è la seguente: il tema di storia è troppo spesso una traccia dove presentando sommariamente (e in taluni casi anche con errori come fu il caso dell’ultima traccia di questo genere) un qualche evento storico si chiede ai ragazzi di “filosofeggiarci” sopra più o meno a vanvera: per la semplice ragione che non hanno gli strumenti analitici per esaminare un caso storico.
Il ministro ha ripetuto la banalità che la storia non deve essere un elenco di date e di fatti. Lo storico francese Braudel diceva: di re e di battaglie, prendendosela con uno storico a cavallo fra Otto e Novecento, Charles Seignobos.
Con buona pace del maestro francese il suo bersaglio era sbagliato, perché il povero Seignobos era stato uno dei primi studiosi dei sistemi politici europei dell’Ottocento. Comunque oggi anche il più banale dei manuali per le scuole secondarie pretende di fare storia presentando problematiche, economiche, sociali, culturali, e non semplicemente un elenco dei fatti notevoli (fino al punto di snobbare spesso una decente storia politica).
Ora il problema vero è che se si vuole ridare allo studio della storia il suo valore di apprendimento di un sistema di analisi scientifica del mondo che ci circonda, tenendo conto del suo passato e delle sue dinamiche di formazione e mutamento non occorre tanto aumentare le ore di insegnamento, quanto diminuire la quantità di nozioni da apprendere.
La tendenza attuale, che segue una banalizzazione del concetto di globalizzazione, è quella di sommergere il ragazzo in una storia che abbracci tutto l’universo mondo. Il risultato è seppellire il poveretto in un mare di informazioni sganciate le une dalle altre, la cui rilevanza è quasi impossibile da comprendere.
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