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L'Unical di Rende

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Un leone da tastiera rifugiatosi nell’anonimato con la velocità di una lepre ha vergato di suo pugno un editto pieno di intelligenza: “Le aziende serie si guardano bene dall’assumere i 110 e lode del Sud”.

L’autore è un manager di Fincantieri – è il job title che su Linkedin compare sempre accanto al nome – e non è evidentemente a conoscenza che proprio la sua azienda ha firmato, ai massimi livelli, un accordo strategico con l’Università della Calabria come altri big dell’industria globale. 

Il nostro cuor di leone da tastiera ignora che i laureati in informatica e in ingegneria informatica dell’Università della Calabria hanno un tasso di occupazione a un anno del 100% che è il primo in Italia come si può facilmente verificare consultando il rapporto di Almalaurea. Il nostro cuor di leone da tastiera ignora che Domenico Saccà prima e Nicola Leone dopo hanno rispettivamente fondato e sviluppato su scala globale la scuola informatica calabrese arrivando a scalare le vette mondiali dell’intelligenza artificiale basata sulla logica. 

Il nostro cuor di leone da tastiera ignora che scolaresche di Oxford e di Vienna e di alcuni dei più rinomati college americani vanno a lezione di algoritmi del futuro nelle aule dell’Università della Calabria. 

Così come di certo è all’oscuro che un numero sempre crescente di aziende sono interessate a investire in quel territorio per la disponibilità di risorsa umana di qualità offerta dall’ateneo calabrese e le evidenti sinergie determinate dalla nascita e dal consolidamento di un polo informatico di qualità dove università, ricerca e impresa camminano insieme. Ovviamente ignora che a Salerno, a Napoli, a Bari, solo per fare qualche esempio, le eccellenze si sprecano e, per la prima volta, cominciano anche a fare sistema.

Il vero problema italiano è che il pregiudizio del cuor di leone da tastiera della Fincantieri è più radicato e diffuso di quel che si pensi. Grazie al mondo globalizzato i cervelli calabresi hanno investito sul lavoro a distanza e hanno ridotto l’impatto della pesantezza del ritardo strutturale ferroviario e di viabilità. Hanno creato dal nulla un primato mondiale. 
 
La prima domanda da porsi è la seguente: che Italia è quella che moltiplica le metropolitane a Milano, città ben amministrata e di qualità nei servizi, oltre che grande capitale culturale, dove però non si fabbricano più primati globali industriali perché la gran parte della nostra manifattura è contoterzista o subfornitrice ancorché di qualità?

Come può accadere che il nuovo Giulio Natta, premio Nobel e genio gentiluomo milanese che ha regalato al mondo la plastica, si chiama Nicola Leone e opera a Cosenza non a Milano?

 Come è possibile che, nel silenzio complice di tutti, dal 2002 al 2017, sono emigrati dal Sud verso il Nord e verso l’Europa oltre due milioni di meridionali e, molti di loro, sono di talento assoluto come dimostrano le loro performance lavorative in Italia e nel mondo? Che cosa si deve attendere e che cosa deve ancora accadere per togliere un po’ di quel “lardo assistenziale” che è stato indirizzato indebitamente al Nord, sottraendolo al Sud, per decine e decine di miliardi l’anno e destinarlo come investimento infrastrutturale, peraltro dovuto, in quei territori meridionali dove, nonostante tutto, si continuano a fabbricare cervelli e eccellenze? 

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