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Luca Zaia e Attilio Fontana

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Ci permettiamo di dare un suggerimento non richiesto al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dopo avere letto le bozze (complessivamente circa 200 pagine) di autonomia differenziata di Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna. Prenda almeno le prime due e le restituisca intonse ai Governatori, Luca Zaia e Attilio Fontana, con un bigliettino scritto a mano di suo pugno: ho letto con la dovuta attenzione le proposte di intesa e mi sono chiesto se non ritenete più corretto restituire preliminarmente il passaporto italiano.

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DELLE PROPOSTE AUTONOMISTE DEL VENETO

Ci permettiamo, Presidente Conte, di darLe questo consiglio per la stima che nutriamo nei suoi confronti, anche come giurista, e non si tratta di un consiglio scherzoso ma di un invito solenne a fare rispettare le regole elementari di uno Stato unitario con un’articolazione regionale quale oggi è l’Italia. Nulla impedisce di pensare a uno Stato Confederale, ancorché assurdo per un popolo di 55 milioni di persone che fa sempre meno figli, ma si eviti di perdere tempo nelle segrete stanze della politica e si inviti l’intera comunità nazionale a scegliere nell’urna tra Stato unitario e Stato Confederale.

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Quello che è assolutamente inammissibile è una “secessione” di tre Regioni, le più ricche d’Italia, che vogliono trattenersi parte di una cassa che non è loro (compartecipazione al gettito Irpef e/o accise), vogliono potere spendere e spandere come meglio credono, e ottenere una garanzia scritta che la spesa pubblica centrale coprirà i loro nuovi costi mettendoli sul conto del bilancio pubblico nazionale e, cioè, degli altri cittadini meno ricchi. 

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DELLE PROPOSTE AUTONOMISTE DELLA LOMBARDIA

Insomma: la secessione a spese nostre. Non solo non vogliono restituire le decine di miliardi di risorse pubbliche che ogni anno indebitamente sottraggono alle popolazioni delle regioni meridionali con il trucco della spesa storica, ma intendono attingere anche alla cassa delle amministrazioni centrali per avere un casellario giudiziario tutto proprio, cassa integrazione regionale, aprire e chiudere a loro comodo le sedi distaccate dell’amministrazione centrale, fare un ruolo regionale per gli insegnanti, avere il controllo di aeroporti e strade, gestire in proprio ricerca aerospaziale e relativi fondi. 

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Potremmo dire che la bozza dell’Emilia-Romagna molto più attenta a snellire le procedure normative e meno a raschiare il fondo del barile degli altri è il modello da cui ripartire. No, sinceramente no, più approfondiamo su questa vicenda e più ci rendiamo conto che siamo davanti al rischio capitale di disintegrazione del Paese e siamo sempre più soddisfatti di avere lanciato l’operazione verità sui trasferimenti pubblici.

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DELLE PROPOSTE AUTONOMISTE DELL’EMILIA ROMAGNA

L’indagine conoscitiva della Camera può essere preziosa. Nulla può essere deciso prima che sia eliminato dal tavolo il gioco delle tre carte con cui da dieci anni in qua non si ha mai un solo euro pubblico per fare un asilo nido a Casoria o a Altamura, due popolosi Comuni della Campania e della Puglia, e chi nasce in Brianza riceve 3 mila euro l’anno pro capite. 

Con la legge Calderoli del 2009 si è deciso che vanno fissati i livelli essenziali di prestazione (Lep) e i fabbisogni standard perché in materia di sanità, trasporti e scuola tutti i cittadini devono essere uguali, ma nel frattempo si userà il criterio della spesa storica. 

Questo frattempo doveva durare qualche mese o, al massimo un anno, ne sono passati dieci, e le due carte Lep e fabbisogni che aiutano a distribuire in modo equilibrato sono sparite dal tavolo, quella della spesa storica per cui il ricco è sempre più ricco e il povero sempre più povero invece stravince. 

Anche nelle nuove bozze di intesa si riparla di fabbisogni standard e di livelli essenziali e, soprattutto, di frattempo. Hanno preso in giro l’Italia una volta, due no. Stracciamo tutto. Si è davvero superata la soglia della decenza.

 


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