Nicola Zingaretti e Paolo Gentiloni
5 minuti per la letturaAvranno mai il mite Gentiloni e il pacioso Zingaretti il coraggio eretico di un Di Vittorio, bracciante figlio di bracciante, leader storico della Cgil, che disse sì alla Cassa per il Mezzogiorno e no all’invasione dell’Unione Sovietica in Ungheria polemizzando tutte e due le volte con il PCI di Togliatti?
Per capirci, quel coraggio eretico servì a porre le basi del miracolo economico italiano, fu decisivo per unire le due Italie, trasformare un Paese agricolo di secondo livello prima in un’economia industrializzata e, poi, in una potenza economica mondiale. All’uomo di Cerignola che “invece di dormire cominciava a studiare con il lumino” il suo “non si spara sui lavoratori”, mai ritirato e mai addomesticato, è valso un posto nella storia. Potremmo definirlo un sasso pesante lanciato dal capo del grande sindacato dei lavoratori italiani contro i carri armati ungheresi e contro il “cerchiobottismo” di Togliatti che critica duramente i dirigenti comunisti delle cosiddette democrazie popolari a partire da quella sovietica, ma si schiera con i carri armati mandati da quegli stessi dirigenti dell’Armata rossa a invadere l’Ungheria e a reprimere nel sangue la giusta rivolta di un popolo.
Cito solo un passaggio del testo del comunicato scritto di suo pugno da Di Vittorio: “La segreteria della Cgil di fronte alla tragica situazione determinatasi in Ungheria (…) ravvisa in questi luttuosi avvenimenti la condanna storica e definitiva di metodi antidemocratici di governo e di direzione politica che determinano il distacco fra dirigenti e masse popolari (…) fedele al principio di non intervento di uno Stato negli affari interni di un altro Stato deplora che sia stato richiesto e si sia verificato in Ungheria l’intervento di truppe straniere’’. Vogliamo ricordare qui le lacrime agli occhi con cui Di Vittorio usciva da colloqui con Amendola e Pajetta mandati da Togliatti a elemosinare una rettifica o una qualche forma di autocritica che non poterono mai avere.
Conoscendo i nostri polli, non li vogliamo spaventare, chiariamo subito a Gentiloni e Zingaretti che non serve quel coraggio lì. Diciamo che ne necessita una frazione in dodicesimo, basta avere il coraggio di leggere i numeri della operazione verità lanciata da questo giornale. Sono i numeri pubblicati in assoluta solitudine nel primo giorno di uscita (titolo a caratteri cubitali SCIPPO AL SUD e un documento choc: il Nord toglie al Mezzogiorno 61 miliardi l’anno di spesa pubblica) e sono stati avallati dalle principali istituzioni contabili e statistiche della Repubblica italiana. A una popolazione pari al 34,3% corrisponde una spesa del settore pubblico allargato pari al 28,3% del totale per il Mezzogiorno, viceversa al Centro-Nord succede l’esatto opposto e, cioè, che al 65,7% della popolazione viene indebitamente trasferito il 71,7%.
Balla un 6% che vale 61 miliardi, non proprio bruscolini, anzi uno dei più clamorosi furti di Stato della storia recente attuato con il marchingegno della spesa storica per cui il ricco diventa sempre più ricco e il povero sempre più povero. Questi numeri sono diventati la base della proposta di un’indagine conoscitiva della Presidente della Commissione Finanze della Camera, Carla Ruocco, e siamo certi che in Parlamento ne vedremo delle belle. Anche perché lo spettacolo di un ministro in carica, Erika Stefani, che si permette di dire il falso in un’aula parlamentare spacciando i dati della spesa regionalizzata delle amministrazioni centrali come quelli della spesa regionale del settore pubblico allargato (ingloba Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, Inps, Ferrovie, Anas e così via) non si può più ripetere. A nessuno può essere consentito di giocare con i diritti dell’infanzia tradita del Mezzogiorno e confondere il 5% della spesa pubblica nazionale per gli asili nido (questo compete alle Amministrazioni centrali) come il 100% nazionale, facendo capire che il Sud riceve più del Nord, significa giocare con i diritti di cittadinanza delle bambine e dei bambini del Sud. Se è vero, come è vero, che se nasci in Brianza avrai tremila euro pro capite di risorse pubbliche e se nasci a Altamura o a Casoria, popolosi Comuni di Puglia e Campania, hai diritto a una dote di zero euro sonanti. Non siamo fuori dalle regole della buona politica ma da quelle del vivere civile. Di queste nefandezze si è macchiata per sempre la ministra Stefani.
Abbiamo viceversa molto apprezzato le parole nette dell’ex presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, economista e parlamentare del Pd, che ha dichiarato testualmente al nostro giornale: “Zaia e Fontana non facciano i fenomeni, rispondano dei 61 miliardi raccontati da questo giornale, di questi numeri devono dare conto. I residui fiscali sono una grande menzogna, non esistono 61 miliardi di residui fiscali del Nord. Confrontiamoci in Parlamento. Si deve pretendere una perequazione rispetto al passato”. Oggi Nicola Oddati, salernitano, statistico, da pochi giorni responsabile Mezzogiorno del Pd, è lapidario: “Tutto il dibattito sull’autonomia è basato su dati che, si capisce ora, erano sbagliati. La spesa pubblica pro capite al Sud sarebbe più alta rispetto alla popolazione. E questo non è affatto vero, è più alta al Nord.”
Non siamo più soli, e questo ci riempie di soddisfazione. L’operazione verità è cominciata, la risposta ai problemi del Nord e del Sud del Paese non può essere un principio di egoismo sociale. Che il ricco abbia barato per anni e abbia rubato il magro portafoglio di chi è meno ricco e, addirittura, la “cassa” sociale di cui ha diritto il povero, per di più maltrattandolo come incapace, sprecone o peggio, è un dato di fatto. Il mite Gentiloni e il pacioso Zingaretti hanno qualcosa da dire? Hanno deciso da che parte stare? A noi la scelta sembra obbligata, ma forse siamo persone troppo semplici per capire che cosa passa nella loro mente. Restiamo in fiduciosa attesa.
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