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Matteo Salvini nell'aula della Camera

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L’Europa avrebbe bisogno di un nuovo Delors o di una leadership politica con lo stesso carisma che Mario Draghi ha tra i signori del mondo delle monete. L’Italia avrebbe bisogno che Matteo Salvini capisse una volta per tutte che ha vinto la battaglia in casa, ma ha perso la guerra fuori e che, anche se hai ragione, non sei credibile quando chiedi di cambiare le regole del gioco un momento dopo che ti hanno fischiato un rigore per peccato (tuo) di vaniloquio. La realtà è che, in questa strana compagine gialloverde, dovrebbero smetterla di giocare con le parole, ma non ne sono capaci.

È vero, pure i mercati hanno capito che sono bulli fanfaroni e sanno che faranno tutti i compitini – lo spread cala per questa convinzione oltre che per San Mario e nuovo Quantitative Easing – ma il conto di queste loro balle resta comunque pesante. Siamo isolati e dovremo fare nuovi sacrifici. Ci ritroviamo sotto processo in Europa solo per eccesso di bullismo sovranista, fuochi di artificio da campagna elettorale e occultamento di notizie contabili a fini demagogici. Tanto è vero che andiamo a certificare oggi a Bruxelles quello che avremmo potuto certificare ieri: quota 100 e reddito di cittadinanza hanno fatto cilecca e hanno impiegato meno spesa pubblica; le entrate fiscali, con le fatturazioni elettroniche, vanno meglio del previsto, e regalano altre risorse. I dieci miliardi in due anni di taglio del deficit strutturale stavano lì, bastava esibirli per tempo e nei modi giusti.

Svelato il piano per scippare i fondi di coesione al Sud
Emendamento al dl Crescita che anticipa l’Autonomia differenziata

Piace farsi del male da soli per capitalizzare consenso nell’urna tanto, poi, il conto lo facciamo pagare a chi non può o non è capace di difendersi, il nostro Mezzogiorno, e dove addirittura facciamo il pieno di voti per tosarli meglio come un gregge di pecore. La bruttissima pagina parlamentare degli ultimi due giorni, con blitz notturno della Lega e complicità grilline da incompetenza acuta, supera per indecenza qualsiasi precedente. Si è provato a riproporre, addirittura con i fondi comunitari dovuti per legge all’80% al Sud e mai nemmeno lontanamente sostitutivi dei fondi ordinari sistematicamente sottratti, quello stesso (ignobile) gioco delle tre carte con cui attraverso la spesa storica da dieci anni in qua si prelevano decine di miliardi dovuti alle donne e agli uomini del Sud per fare regali assistenziali alle famiglie del Nord. Lo si è fatto di notte, nell’ombra, come fanno gli scassinatori professionali. Sono stati scoperti con la refurtiva in bocca e consegnati alle “forze dell’ordine della decenza politica” per rientrare nei ranghi e battere in ritirata.

Questi scassinatori professionali sono gli stessi che tagliano asili nido, treni, mense scolastiche nei piccoli e grandi Comuni del Mezzogiorno per finanziare il poltronifico lombardo-veneto dove si continuano a riempire di politici trombati e amici degli amici i consigli di amministrazione di micromunicipalizzate che esistono solo per elargire prebende come stanza di compensazione del peggiore assistenzialismo all’italiana.

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Per tacere di quelle commistioni politica-imprese che sono alimentate dagli stessi flussi di spesa pubblica indebitamente sottratti e, in alcuni casi, diventati addirittura la cassa della ’ndrangheta al Nord. Questo scippo, continuato e aggravato, è in atto dal 2009 nel silenzio complice di tutti.

Il Quotidiano del Sud lo ha documentato dal suo primo giorno di uscita, le principali istituzioni contabili e statistiche della Repubblica italiana lo hanno confermato nei dettagli e hanno messo in guardia sulla sistemica violazione dei principi costituzionali e, perfino, delle regole federali auspicate dalla legge dello scippo che è quella dell’ex ministro leghista Calderoli del 2009. Con essa ci si è impegnati a definire livelli essenziali di prestazione e fabbisogni standard perché tutti i cittadini italiani hanno uguali diritti in materia di scuola, sanità, trasporti, ma si è deciso che in attesa di definirli si utilizzasse il criterio della spesa storica.

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Morale: sono passati dieci anni, Lep e fabbisogni (carta perde) non sono mai stati definiti, la spesa storica (carta vince) regna incontrastata per cui il ricco con i soldi dei poveri diventa sempre più ricco e il povero sempre più povero, vittima di una politica dolosa che ha trasformato il bilancio pubblico della nazione italiana nel più truffaldino dei giochi delle tre carte. Una vergogna assoluta.

Non è finita, però, perché ora il Capitano ha dato l’ultimatum a tutti: entro nove giorni va approvata l’autonomia differenziata. Abbiamo sentito Di Maio balbettare che è nel programma, si può approvare, ma va accompagnata da un grande piano per il Sud. No, basta, è troppo! L’autonomia differenziata è la legittimazione costituzionale dello scippo continuato e aggravato, attuarla significa che l’Italia non esiste più, significa che le istituzioni economiche della Repubblica italiana non contano nulla. Significa che la “banda del buco” del Grande Partito del Nord ritiene di potere attuare con il granaio di voti depositato in Parlamento dai grillini un colpo di stato in piena regola, come ha scritto su questo giornale il presidente emerito della Corte costituzionale, Giuseppe Tesauro, una delle teste più lucide e libere di questo Paese.

No, il grande imbroglio, non può passare, chiunque ha sangue meridionale che scorre nelle vene, al governo o in Parlamento, non permetta a nessuno nemmeno di pronunciare il nome di autonomia differenziata se non viene prima in Parlamento e nelle sedi giudiziarie competenti a rendere conto dello scippo continuato e aggravato di questi anni. Altro che autonomia differenziata, lorsignori devono restituire il maltolto e sbaraccare le Regioni. Un po’ di dieta nell’abbuffata di fondi pubblici farà bene al Nord e all’Italia.

Smetterla di derubare il Mezzogiorno e tornare a fare qui investimenti e spesa sociale dovuta, sono la priorità economica assoluta se si vuole tornare a crescere e riguadagnare credibilità nel mondo. Le scorciatoie inseguite dalle terre venete e bergamasche regalano vantaggi effimeri nel breve termine e portano in dote un destino duraturo di colonizzazione franco-tedesca. Bel capolavoro davvero per un governo sovranista perdere la sovranità nazionale.


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