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Dal sistema parafeudale di Varese agli accordi carbonari di Legnano. Baricentro di tutto il milanese. Gratta gratta, siamo sempre lì: poltronificio lombardo.
L’INCHIESTA SUL POLTRINIFICIO LOMBARDO CON PIÚ CONSIGLIERI CHE DIPENDENTI
Un sistema di carrozzoni dove politica, affari e, a volte, addirittura la criminalità organizzata fanno rivivere i fasti dello Stato assistenziale. Maneggiano tutti insieme il denaro sottratto alle donne e agli uomini del Sud, con il marchingegno della spesa storica, e usano la cassa delle municipalizzate foraggiate dalla spesa pubblica indebitamente accaparrata per sistemare amici degli amici, politici trombati, taroccare gare, finanziare direttamente o indirettamente business legati al mondo degli appalti. La vergogna delle vergogne.
ECCO LA MAPPA DEL POLTRONIFICIO
Questo giornale ha documentato che i trasferimenti pubblici in proporzione alla popolazione sono, al di là di ogni ragionevolezza e in barba a qualsivoglia spirito di coesione più o meno dichiarato, da troppi anni squilibrati a favore del Nord rispetto al Sud contravvenendo alle regole fondanti della Costituzione e perfino a quelle federali della legge 42 del 2009 dell’ex ministro leghista Calderoli.
Le bambine e i bambini che nascono nelle regioni meridionali, salvo poche lodevoli eccezioni, non hanno diritto neppure a un asilo nido pubblico o a una mensa scolastica mentre chi nasce in Brianza con quegli stessi soldi pubblici negati al Sud e regalati al cubo al Nord si ritrova a avere solo l’imbarazzo della scelta.
LEGGI L’INCHIESTA DEL 3 MAGGIO SUL RICORSO AL TAR DEI COMUNI
Ancora più delicato il capitolo degli investimenti pubblici finalizzati allo sviluppo dove il Sud è stato per anni condannato al binario unico, di fatto abolito, con un progetto di alta velocità mai sceso sotto Salerno e una Napoli-Bari che appartiene ancora al mondo dei sogni.
Sulla base delle denunce documentali di questo giornale, ballano ingiustificatamente ogni anno decine di miliardi dal Sud verso il nord, 65 Comuni di quattro regioni meridionali (Molise, Campania, Puglia, Calabria) si sono rivolti al TAR del Lazio e al Quirinale per impugnare l’attribuzione delle risorse pubbliche per il 2018 e il 2019.
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È solo l’inizio di un’operazione verità messa in moto involontariamente proprio dalle Regioni forti del Nord quando hanno deciso di istituzionalizzare lo scippo operato in silenzio da anni e hanno chiesto a gran voce il sigillo di costituzionalità sul furto di Stato. Non mancando mai di accompagnare queste pretese, che assomigliano a diktat, con la consueta dose di insulti al Sud incapace, lottizzato, clientelare, criminale, e così via. La realtà è l’esatto opposto. Queste tossine assistenziali dirottate al Nord hanno fatto molto male anche al capitalismo privato lombardo, che esibisce oggi uno stato di famiglia popolato perlopiù da contoterzisti e subfornitori.
La vergogna delle vergogne fino a ora ben occultata è, però, oggi sotto gli occhi di tutti: quei flussi di spesa produttiva a cui il Sud ha diritto nell’interesse dell’Italia tutta non solo sono stati scippati e trasferiti al Nord ma, in molti casi, il Nord stesso li ha usati a fini clientelari. Ha nominato nelle municipalizzate più consiglieri di amministrazione che dipendenti. Ha assunto ovunque con gare su misura giovani e meno giovani al punto da fare in modo che il Nord Est si ritrovi con più dipendenti pubblici ogni 100 abitanti di quanti ne abbia il Sud isole comprese. Ha addirittura, spesso, ingrassato gli affari della ’ndrangheta che ha in Lombardia il suo “motore produttivo” e realizza oggi al Nord l’80% del fatturato. Basta.
OGNI ANNO BEN 61 MILIARDI DI SPESA PUBBLICA
VENGONO “SCIPPATI” AL MEZZOGIORNO E SPESI AL NORD
Altro che autonomia differenziata! Ce ne è abbastanza viceversa per sbaraccare di gran fretta le Regioni e recuperare a livello centrale un’interlocuzione finalmente operativa con quell’Europa che scommette ancora sulla coesione e sugli aiuti alle aree deboli contro la miopia egoista del neo-assistenzialismo Nordista. Valerio Panettieri, da par suo, ci racconta le storie ignorate da tutti del nuovo Giulio Natta che si chiama Nicola Leone e guida a Cosenza l’università che è la capitale mondiale dell’intelligenza artificiale e di una squadra Mezzogiorno 4.0 che ha le sue capitali a Salerno, Napoli, Bari e dove meno te lo aspetti.
Questo giacimento di innovazione attende solo il moltiplicatore di risorse finanziarie e umane dovute (non assistenziali) di cui il Paese intero si avvantaggerebbe. Occorre redistribuire più correttamente le poche risorse pubbliche disponibili e rendersi conto che solo con il secondo motore la macchina dell’Italia comincerà davvero a correre. Se ciò non avverrà, a quel punto il ricco non diventerà automaticamente sempre più ricco e il povero sempre più povero. Perché, alla fine, sarà il ricco stesso a pagare il conto più salato e a incamminarsi verso il “beato mondo” della povertà.
r.napoletano@quotidianodelsud.it
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