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Il futuro delle Ferrovie deve necessariamente passare da un vero e proprio partenariato tra il pubblico e il privato
Ormai ogni tre anni si cambia il Consiglio di Amministrazione del Gruppo Ferrovie dello Stato e questo, a mio avviso, è una abitudine sbagliata perché non solo toglie la continuità strategica di una squadra di soggetti scelti proprio per dare continuità funzionale all’Azienda ma anche per portare a termine impianti programmatici di medio e lungo termine.
Cambiare il referente portante di un’Azienda come l’Amministratore Delegato delle Ferrovie dello Stato significa creare una soluzione di continuità su scelte e su impostazioni metodologiche che sicuramente il nuovo arrivato, anche se impegnato nel dare continuità ad azioni già impostate dal precedente management, cercherà o di modificare o di caratterizzare inserendo cambiamenti che, inizialmente, potranno sembrare non essenziali ma che poi si riveleranno sostanzialmente modificativi.
IL FUTURO DELLE FERROVIE, LA SPINTA VERSO LA PRIVATIZZAZIONE
In tutti i comunicati stampa in cui si riporta la notizia relativa al nuovo Consiglio di Amministrazione si dice “I nuovi vertici dovranno pilotare la privatizzazione, rispettando la previsioni degli ultimi giorni”. Cioè il mondo della stampa preannuncia un obiettivo che le Ferrovie dello Stato hanno tentato di inseguire sin dal 1990, cioè ormai da 34 anni, con Lorenzo Necci e che però è stato sempre contrastato dai vari Governi che si sono succeduti e dallo stesso Parlamento.
Pochi infatti ricordano che la Società Treno Alta Velocità venne istituita il 19 luglio 1991. Al capitale della Società parteciparono per il 55,5% alcuni Istituti di credito italiani ed esteri (tra cui IMI, Citibank, Banca Nazionale del Lavoro, Istituto Italiano di Credito Fondiario, Banco di Napoli, Cariplo, Sanpaolo, ISVEIMER, Crediop, Credito Italiano, Indosuez, Credit Lyonnaise), e per il restante 45,5% Ferrovie dello Stato. Tra l’agosto ed il settembre del 1991 la società ricevette dalla holding le attività relative alla progettazione, costruzione e sfruttamento economico del sistema Alta Velocità per i successivi 50 anni. L’obiettivo era realizzare l’opera in finanza di progetto.
LA LEZIONE DELL’ALTA VELOCITÀ
Nel 1994 venne approvato un aumento del capitale e si passò dai 100 milioni di lire iniziali a 1.500 milioni di lire.
L’atteggiamento critico del Governo nei confronti della TAV e le lungaggini nei processi autorizzativi (ricordo che la Conferenza dei servizi per l’approvazione dei progetti avveniva solo in presenza di voto unanime di tutti i partecipanti alla Conferenza) portò gli Istituti finanziari ad un abbandono della iniziativa.
Pertanto, nel 1998 Ferrovie dello Stato acquisì per 108,3 miliardi di lire il 100% della TAV detenuto dalle 42 istituzioni private; il costo dell’intera opera, ricadde così sullo Stato. L’assenza dei privati fu compensata ricorrendo ai prestiti erogati da Infrastrutture S.p.A nei primi anni 2000.
A seguito della delibera del 7 dicembre 2010 dell’Assemblea Straordinaria di RFI, il successivo 31 dicembre la società venne fusa per incorporazione in Rete Ferroviaria Italiana.
Non si trattò di “privatizzazione” perché è utile ricordare che la privatizzazione è un atto con cui si trasferisce la titolarità di una proprietà specifica o di operazioni aziendali da un’organizzazione governativa a un’entità privata, cioè è. il processo economico che sposta la proprietà di un ente o di un’azienda dal controllo statale a quello privato; in realtà l’esperienza legata alla Società Treno Alta Velocità si configurò come esempio più avanzato di un Partenariato Pubblico Privato, si trattò di un vero e misurabile PPP.
NEL FUTURO DELLE FERROVIE UN PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO
Ed allora: oggi che la Conferenza dei Servizi non si conclude più solo con il voto unanime dei partecipanti, oggi che finalmente si è in presenza di un diffuso consenso sulla rete ferroviaria ad alta velocità, oggi che si è deciso di intervenire con la offerta ferroviaria ad alta velocità anche nel Mezzogiorno del Paese, offrendo in tal modo una grande occasione per l’aumento consistente degli utenti, oggi che le Ferrovie dello Stato hanno deciso di ampliare la rete “ERTMS European Rail Traffic Management System” su una vasta rete, addirittura superiore ai 6.000 Km e quindi hanno deciso di ottimizzare al massimo la frequenza dei treni aumentando in tal modo gli introiti da domanda diventa davvero possibile il ricorso ad un Partenariato Pubblico Privato; un PPP questa volta vincente e garantista.
PER COMPLETARE LA RETE MANCANO 38 MILIARDI
So bene che il nuovo management delle Ferrovie dello Stato difficilmente tenterà di ripetere una esperienza vissuta praticamente trentatré anni fa, infatti copiare il passato non è mai accettato da chi intende gestire il presente.
Tuttavia questo itinerario penso sia l’unico possibile se si vuole davvero ridimensionare il ricorso integrale a risorse pubbliche nel processo di infrastrutturazione della rete ferroviaria ad alta velocità.
A tal proposito ricordo sempre che per completare l’intero impianto ferroviario ad alta velocità occorrono ancora 38 miliardi di euro e di tale importo le risorse realmente disponibili sono pari ad appena 7,5 miliardi di euro.
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