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DAL 2019, in epoca pre Covid e prima che scoppiasse la guerra in Ucraina con la conseguente crisi energetica, sono a disposizione delle Regioni circa 310 milioni stanziati per i progetti di efficientamento energetico o di riduzione dei consumi di energia. Bene, di questa somma, tutto sommato ingente, sono stati spesi soltanto 2,8 milioni di euro. E’ quanto evidenzia la Corte dei conti nell’analisi, approvata con la delibera numero 26/2023/CCC, che i magistrati del Collegio del controllo concomitante hanno condotto sulla gestione delle risorse destinate al “Fondo Nazionale per l’efficienza energetica”, istituito dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, con la gestione di Invitalia. Il bilancio dopo 4 anni “A quattro anni dall’istituzione del Fondo nazionale per l’efficienza energetica – si legge nella delibera – solo 2,8 milioni di euro, sui 310 stanziati, sono stati erogati per il finanziamento di progetti di efficientamento o di riduzione dei consumi di energia, con un risparmio energetico conseguito di 11.000 tonnellate equivalenti di petrolio (Tep), a fronte dei 15,5 milioni indicati al 2020 come uno degli obiettivi nazionali raggiungibili con il concorso di tutte le misure adottate nel settore”.

Ma quale funzione ha il fondo? Innanzitutto dovrebbe favorire gli interventi necessari per il raggiungimento degli obiettivi nazionali per l’efficientamento energetico, promuovendo il coinvolgimento di istituti finanziari, nazionali e comunitari, e investitori privati sulla base di un’adeguata condivisione dei rischi. Il fondo è disciplinato dal decreto interministeriale del 22 dicembre 2017 e sostiene gli interventi di efficienza energetica realizzati dalle imprese e dalla Pubblica amministrazione su immobili, impianti e processi produttivi. Nello specifico gli interventi sostenuti devono riguardare: la riduzione dei consumi di energia nei processi industriali; la realizzazione e l’ampliamento di reti per il teleriscaldamento; l’efficientamento energetico di servizi ed infrastrutture pubbliche, inclusa l’illuminazione pubblica; la riqualificazione energetica degli edifici. Insomma già prima che scoppiasse la crisi, c’erano le condizioni per almeno iniziare ad avviare degli interventi ma quasi nulla è stato fatto, considerando che è stato speso meno dell’1% della somma a disposizione. Il fondo ha una natura rotativa e si articola in due sezioni che operano per la concessione di garanzie su singole operazioni di finanziamento e per l’erogazione di finanziamenti a tasso agevolato.

Il riparto delle risorse Le risorse finanziarie stanziate per l’incentivo ammontano a 310 milioni di euro, così suddivise: 30% garanzie; 70% finanziamenti agevolati. La sezione garanzie prevede, inoltre, una riserva del 30% per gli interventi riguardanti reti o impianti di teleriscaldamento, mentre il 20% delle risorse stanziate per la concessione di finanziamenti è riservata alla Pubblica amministrazione. È previsto che le agevolazioni concesse alle imprese siano cumulabili con agevolazioni contributive o finanziarie previste da altre normative comunitarie, nazionali e regionali nel limite del Regolamento de minimis laddove applicabile, o entro le intensità di aiuto massime consentite dalla vigente normativa dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato. Per quanto riguarda le agevolazioni concesse alla Pubblica amministrazione, sono cumulabili con altri incentivi, nei limiti di un finanziamento complessivo massimo pari al 100 per cento dei costi ammissibili.

La gestione del fondo, come detto, è affidata ad Invitalia sulla base di apposita convenzione con il ministero dello Sviluppo economico e il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. “La bassa performance registrata dal Fondo – scrivono i magistrati contabili – è strettamente legata alla sua scarsa attrattività. Molte aree geografiche, infatti (quasi tutto il Centro Italia), dimostrano poco interesse per la misura e, nei casi di Veneto, Puglia e Sardegna, l’interesse si mostra del tutto assente, vista l’assoluta mancanza di richieste avanzate da imprese e pubbliche amministrazioni per la concessione di garanzie”.

Le raccomandazioni indirizzate al Mase dalla Corte si sono incentrate su un adeguato programma di interventi che assicuri pubblicità al Fondo e sull’eventuale spostamento di tutte le risorse destinate alla concessione di garanzie verso i soli finanziamenti a tasso agevolato. I giudici contabili, inoltre “raccomandano al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ove ritenuto coinvolgendo Invitalia, di elaborare una specifica e sinergica programmazione dell’insieme delle misure correttive, già discrezionalmente identificate nel riscontro fornito al Collegio in data 19.10.2023 come atte a migliorare l’efficacia della misura, definendone tempi e risultati attesi. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è invitato, ove ritenuto sentita Invitalia, a riferire con allegata documentazione, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della presente deliberazione, sulle eventuali iniziative intraprese”.

Al 30 giugno 2023, la Cabina di regia a cui competente di deliberare sui progetti anche in considerazione della valutazione già compiuta da Invitalia, ha esaminato un totale di 64 progetti, questo l’esito finale: 26 proposte sono state deliberate positivamente; 22 proposte hanno ricevuto esito negativo; 16 proposte sono risultate rinunciatarie alle agevolazioni. I 26 progetti ammessi attivano 37 milioni di euro di investimenti, a fronte dei quali vengono riconosciute agevolazioni per 21,3 milioni di euro. La somma, invece, già spesa è pari a 2,8 milioni. Misura da modificare Per Francesco Luongo, portavoce nazionale del Movimento Difesa del Cittadino si tratta di “un fallimento che deve indurre il Mase a modificare integralmente la misura estendendola anche alle famiglie o almeno ai condomini. Particolarmente la quasi inesistente richiesta di fondi da parte delle Pubbliche amministrazioni a cui, insieme alle imprese Esco (Energy Service Companies), era destinata la misura”.


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