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QUANDO riflettete sul caro benzina, sapete che non c’è differenza, è tutto unito, appartengono alla stessa struttura geologica del Nord Africa, del canale di Sicilia, della Basilicata, del Mar Ionio. Tremila metri sotto terra, non c’è mare che separi, Africa e Europa sono contigue ed è sopra, in superficie, caso mai, che l’acqua, il mare, separa.

PREZZI DELLA BENZINA IN ALTALENA

Il prezzo del petrolio in agosto è risalito a 85 dollari per barile, dopo essere stato a maggio a 72, un rimbalzo che ha causato anche la ripresa delle quotazioni della benzina sul mercato internazionale, che si è scaricata interamente sul prezzo alla pompa pagato dai milioni di automobilisti che in viaggio si sono un po’ sorpresi sulle strade delle vacanze. Si è tornati così a 1,966 euro per litro sulla benzina, dopo un minimo sotto 1,8 a maggio, ma valore ancora di molto inferiore a 2,2 euro del marzo 2022, pochi giorni dopo l’inizio della guerra della Russia in Ucraina.

Se la prendono, i consumatori, per lamentarsi del caro benzina, con una non meglio identificata speculazione, puntando il dito contro le compagnie, i raffinatori e, soprattutto, contro i benzinai, tecnicamente, i gestori. Dovrebbero approfittare dell’occasione per capire bene che l’abbandono del petrolio non è una cosa immediata e facile e che l’Italia è ancora un grande consumatore di derivati del petrolio. Consumiamo ogni anno circa 50 milioni di tonnellate di prodotti, di cui la gran parte riguarda 30 milioni di tonnellate di carburanti, soprattutto gasolio, poi benzina, cherosene e gas di petrolio liquefatto, il Gpl. La gran parte di questi prodotti proviene da raffinerie italiane, le poche rimaste, che importato il greggio dall’estero, da Paesi come Azerbaijan, Arabia Saudita, Libia, una volta la Russia

CARO BENZINA E IL MADE IN ITALY

Un po’ di questo petrolio viene dalla produzione italiana, in particolare dal grande giacimento della Basilicata, il più grande su terra in Europa, che permette una produzione prossima a cinque milioni di tonnellate, il 10% dei nostri. Ottanta dollari per barile equivalgono a 650 euro per tonnellata, perché per fare una tonnellata di greggio servono circa 7,3 barili , ognuno dei quali contiene 159 litri. La produzione italiana di petrolio, pertanto, con i prezzi attuali, vale 3,25 miliardi di euro, di cui la gran parte è andata a beneficio delle compagnie petrolifere che l’hanno prodotto, mentre un 10 per cento, la royalty, una tassa, viene pagata alla regione Basilicata per gran parte e allo Stato per una parte minimale.

Peccato che la produzione nazionale potrebbe essere superiore almeno del doppio, se non del triplo, viste le grandi disponibilità nel sottosuolo della Basilicata, ma anche del mare di fronte a Taranto a sotto a Gela, in Sicilia. Calcolando che la produzione potrebbe essere superiore di 10 milioni di tonnellate all’anno, quello che lasciamo sotto terra ha un valore di 6,5 miliardi, che farebbero molto comodo all’Italia e al suo basso livello di crescita del Pil, il suo male più profondo.

Sembra in effetti fantasia poter triplicare la nostra produzione, vista l’ostilità degli ambientalisti e degli amministratori locali alla crescita delle attività mineraria in Italia. Nel frattempo continuiamo a mandare i nostri soldi pagati alla pompa prima all’erario, poi ai Paesi produttori che, con i soldi, comprano soprattutto armi e, a volte, cose superflue, come i migliori giocatori del mondo e i migliori allenatori.


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