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IN UNO scenario economico già messo alla prova dai conflitti in Ucraina e a Gaza, e in cui le tensioni sul Mar Rosso fanno nuovamente temere una ripresa della corsa dei prezzi, con la crescita mondiale in frenata rispetto allo scorso anno, l’Ocse conferma le stime sul Pil dell’Italia per il 2024 e il 2025, indicate nell’Economic Outlook di novembre, che indica rispettivamente un aumento dello 0,7% e dell’1,2%. Mentre rivede sensibilmente in ribasso quelle sulla crescita dell’inflazione che, dopo il 5,9% del 2023, quest’anno dovrebbe attestarsi all’1,8% nel 2024, contro il 2,6% atteso in precedenza, per poi risalire al 2,2% nel 2025, rivista dal 2,3%. E corregge al ribasso sono anche le previsioni per l’inflazione core che dopo il +4,5% del 2023 dovrebbe attestarsi al 2,4% quest’anno (-0,7% rispetto alla previsione precedente) e al 2,2% il prossimo (-0,3%).
Un dato estremamente positivo è poi l’indice Pmi per la manifattura e i servizi che segnala la prima espansione dell’attività economica da maggio 2023, e si colloca sopra la soglia di guardia dei 50 punti, segnando, insieme alla Spagna, un primato in Europa, ancora sotto la quota spartiacque tra crescita e contrazione. Un dato che allontana per l’Italia lo spettro di una recessione. Tornando alle previsioni Ocse, e allargando lo sguardo all’Eurozona, il dato atteso per l’Italia si colloca, seppur leggermente, al di sopra della media della Ue a 20, pari a 0,6% – con la crescita del Pil sforbiciata dagli economisti nell’aggiornamento dell’Economic Outlook di 0,3 punti rispetto al dato di novembre. Fermo restando che rispetto agli altri partner l’Italia è il Paese in cui il Pil nel post Covid è cresciuto a un ritmo nettamente superiore. Per la Germania, dopo la recessione del 2023 (- 0,1%) l’Ocse stima una crescita modesta, allo 0,3% nel 2024, rispetto allo 0,6% precedentemente previsto, e dell’1,1% nel 2025 (-0,1%). La Francia dovrebbe crescere dello 0,6% quest’anno (-0,2%) e dell’1,2% nel 2025 (invariata rispetto a novembre). Meglio fa la Spagna per cui l’organizzazione ritocca il dato atteso per il 2024 dello 0,1%, portandolo all’1,5%, mentre nel 2025 è confermata una crescita del 2%.
Con l’Italia, come già scritto, per l’Ocse la Spagna condivide un “primato” in Europa sul fronte dell’indice Pmi, l’indicatore macroeconomico basato sulle interviste ai responsabili degli acquisti di molte aziende, barometro dello stato di salute dell’economia di un Paese. Sul suolo tricolore, in particolare, dopo otto mesi di contrazione – tra inflazione, tassi d’interesse in costante salita prima delle recenti tregue “dichiarate” dalla Bce, le tensioni geopolitiche – i servizi – soprattutto – e la manifattura sembra aver ritrovato il sentiero della ripresa. L’indice Pmi servizi, messo a punto da Hcob, è rientrato a gennaio in territorio di espansione, segnando 51,2 da 49,8 di dicembre. E’ il primo incremento in sei mesi dovuto al maggiore interesse dei consumatori e al recente flusso di nuovi clienti. Un dato oltre le attese degli analisti che scommettevano su 50,7.
“Finalmente qualche buona notizia per le aziende dei servizi italiane”, ha dichiarato Tariq Kamal Chaudhry, Economist presso Hamburg Commercial Bank. “Nonostante la debolezza della domanda globale e gli alti prezzi, il settore sta tenendo testa, e le nostre previsioni HCOB a brevissimo termine, che considerano gli indicatori Pmi, stanno anticipando per il settore terziario una crescita del primo trimestre di 0.2%. L’occupazione del settore dei servizi in Italia è aumentata per il terzo mese consecutivo. Prevediamo dunque che la disoccupazione, che a novembre 2023 era al 7.5%, nei prossimi mesi resterà storicamente bassa. Il pronostico è supportato dal ritorno alla crescita dei nuovi ordini che hanno contribuito ad ammortizzare il calo degli ordini inevasi”. Resta la questione dei costi, in aumento rispetto allo scorso mese, aumentati per il carburante, utenze e lavoro, che le imprese, si rileva, non sono riusciti a trasferire sulle tariffe ai clienti, erodendo margini di profitto.
Le tensioni geopolitiche e l’incertezza economica ipotecano il futuro, soprattutto sul fronte della domanda estera che è già diminuita, “eppure – ha sostenuto Tariq Kamal Chaudhry il livello di ottimismo è stato il più alto in quasi un anno”. Anche l’indice composito – che combina manifattura e servizi – è migliorato, raggiungendo quota 50,7 dai 48,6 di dicembre. In entrambi i casi l’Italia fa meglio dell’Eurozona, dove il Pmi del settore servizi si è attestato a 48.4, valore minimo in tre mesi (a dicembre era 48,8). Registra timidi segnali di ripresa il Pmi composito che segna 47,9 – dai 47,6 – il valore più alto in sei mesi indicando ancora una contrazione dell’attività dell’Eurozona. In particolare sul fronte dei servizi la Germania, la principale economia europea, ha segnato un valore pari a 47,7 (la lettura preliminare era 47,6) e il Pmi composito 47 (da 47,1). Sotto quota anche la Francia, dove l’indice Hcob servizi in Francia a gennaio è sceso a 45,4, rispetto al 45,7 di dicembre, a 44,6 dai 44,8 di dicembre. Sul futuro incombono incertezza economica e tensioni geopolitiche. Non solo Italia, però: l’Ocse ha leggermente ritoccato al rialzo la previsione del Pil mondiale nel 2024 portandola al 2,9%, lo 0,2% in più rispetto a quanto stimato nell’Economic Outlook di novembre, ma si tratta in ogni caso di un rallentamento rispetto al 3,1%, cui dovrebbe avvicinarsi nel 2005, quando dovrebbe attestarsi al 3% grazie all’allentamento delle condizioni finanziarie. L’economia mondiale ha retto, nonostante l’inflazione stellare degli ultimi due anni e la necessaria stretta monetaria. L’inflazione dovrebbe tornare a centrare gli obiettivi delle banche centrali “entro la fine del 2025 nella maggior parte delle economie del G20”, ha affermato il segretario generale dell’Ocse Mathias Cormann. La politica monetaria deve rimanere prudente, è il monito, anche se le banche centrali potrebbero iniziare ad abbassare i tassi di interesse quest’anno, a condizione che l’inflazione continui a diminuire, e la politica fiscale dovrebbe ricostruire lo spazio fiscale, attraverso maggiori sforzi per contenere la crescita della spesa.
Le tensioni geopolitiche rimangono una delle principali fonti di incertezza che è ulteriormente aumentate a causa dell’evoluzione del conflitto in Medio Oriente. Le minacce alle spedizioni nel Mar Rosso, si sottolinea nel report, hanno aumentato i costi di spedizione e allungato i tempi di consegna dei fornitori. In caso di escalation, questi fattori potrebbero comportare una rinnovata pressione sui prezzi nei settori dei beni e mettere a rischio la prevista ripresa ciclica. Le stime dell’Ocse suggeriscono che un raddoppio dei costi di spedizione, se persistente, aggiungerebbe 0,4 punti percentuali all’inflazione dei prezzi al consumo nell’Ocse dopo circa un anno.
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