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Giorgetti aveva annunciato un Canone Rai “ridotto” come nel 2024, ma non c’è una conferma nella Legge di Bilancio


Dopo il vertice senza presidente, il canone senza riduzione. I pasticciacci brutti di Viale Mazzini si susseguono in tempi ravvicinati. Il nuovo vertice fresco di nomina,  nel quale il governo ha un peso preponderante, nominando l’amministratore delegato e il presidente, si trova, nei fatti, commissariato dal governo.
Nel disegno di legge sulla manovra di bilancio 2025, infatti, da una parte non si trova traccia della conferma del canone ridotto a 70 euro annui, come nel 2024, pure annunciata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti solo una settimana fa.

VINCOLI STRINGENTI PER VIALE MAZZINI


Dall’altra si trova invece una serie di “pali” più che “paletti” che circondano Viale Mazzini, dando vincoli stringenti ai bilanci Rai dal 2025 al 2027 e imponendo rigide coordinate a un eventuale Piano industriale e alla fin troppo evocata futura Digital Media Company (pubblica?).  
Le spese per il personale e per le consulenze esterne (che andranno meglio definite, non dovrebbero riguardare i contratti artistici) nel 2025 non dovranno superare quelle del 2023 e dovranno scendere del 2% rispetto alla media 2021-2023 nel 2026 e del 4% nel 2027.
 In più, bisognerà capire se alla Rai si applicherà anche il taglio da 240mila a 160mila euro per gli stipendi nella pubblica amministrazione.

Il tetto dei 240mila euro, finora, si è applicato in Rai e questo non lascia ben sperare i manager e i dirigenti della tv pubblica.
Il consiglio di amministrazione della tv pubblica, con la dovuta prudenza, ha espresso “apprensione”  per il futuro, a causa dei provvedimenti contenuti nel disegno di legge di bilancio che «rischierebbero di limitare l’autonomia del nostro servizio pubblico e di condizionarne le scelte e le attività con possibili impatto sull’occupazione, nonché sull’indotto».  
Più diretti ed espliciti i dirigenti Rai con la loro associazione, l’Adrai: «Attacco alla Rai». Il consigliere Rai Roberto Natale parla di «governo che entra a gamba tesa nelle scelte gestionali della Rai». Un vertice appena nominato viene di fatto commissariato da chi lo ha appena nominato.


 IL NODO DEL CANONE RIDOTTO

Mentre gli abbonati alla stessa Rai si trovano davanti a una sorpresa: senza la conferma della riduzione del canone, tutti dovranno pagare sulla bolletta elettrica 90 euro rateizzati in dieci mesi, e non più 70 come nell’anno in corso. Non è da escludere, in sede di approvazione parlamentare della legge di bilancio, che un emendamento del governo reintroduca il canone ridotto a 70 euro. Un aumento del canone “non fa consenso”. Curiosità: fu proprio Mediaset una tra le voci più critiche sulla riduzione del canone Rai a 70 euro.
Attenzione: se, però, il canone tornasse davvero a 90 euro, la fiscalità generale non dovrebbe caricarsi del contributo straordinario di 430 milioni dato alla Rai nel 2024 per compensare gli introiti ridotti del canone pagato dagli utenti.

E questo sanerebbe un evidente vulnus costituito da un contributo discrezionale che modifica la natura del canone, in contrasto con la riforma costituzionale sulla parità di bilancio. Un altro pasticciaccio brutto. E, oltretutto, pagato in quota anche da chi ha diritto all’esenzione, premiando al contrario gli evasori fiscali.

A 90 EURO SAEBBE COMUNQUE IL PIÙ BASSO D’EUROPA


In ogni caso, il canone a 90 euro è il più basso in Europa: vale lo 0,27% del Pil pro capite contro lo 0,43% del Regno Unito e lo 0,48% della Germania, mentre la Francia lo ha abolito. In più, la Rai incassa solo 77,8 euro su 90 pagati da ciascun cittadino abbonato, l’86% del canone pagato dai cittadini, perché lo Stato trattiene un importo di circa 270 milioni di euro rispetto al 98% incassato dal servizio pubblico tedesco e al 97% da quello britannico.
La Rai è senza presidente per il pasticcio di un vertice nominato nonostante la mancanza di un’intesa su di un nome che riscuota il consenso dei due terzi dei membri della commissione di Vigilanza e senza tener conto che dall’agosto 2025 bisognerebbe modificare la legge Renzi del 2015 sulla governance del servizio pubblico. Del presidente se ne riparlerà dopo le prossime elezioni regionali.

IL RICORSO DEI CANDIDATI CORAGGIOSI

Il Tar Lazio, intanto, rinvia la decisione di merito sul ricorso di alcuni “candidati coraggiosi” che stanno cercando di bloccare le ruote della spartizione tra partiti del servizio pubblico pagato dai cittadini. Una spartizione che avviene, come in passato, fuori dal Parlamento, bloccando la commissione di Vigilanza. Ma che c’entrano le elezioni amministrative con la Rai e la nomina del presidente?
La Rai è senza alcuna certezza sul canone, in attesa del passaggio in Parlamento della legge di bilancio approvata dal governo: 90 o 70, e, soprattutto, solo per il 2025 o anche per gli anni successivi? La Rai si trova di fronte a un altro pasticciaccio contenuto nella legge di Bilancio che ne limita drasticamente le possibilità di sviluppo su un mercato in rapida e profonda trasformazione, nei fatti sfiduciando un vertice appena nominato, ma già “in apprensione”
 La Radio televisione italiana deve affrontare, nonostante tutto questo, i cambiamenti del sistema della comunicazione, a partire dal nuovo standard televisivo che doveva partire dal 28 agosto, ma è limitato a tre canali digitali, importanti quanto purtroppo marginali, da RaiStoria a RaiScuola, fino alla possibile fusione RaiWay-EI Towers  per dar vita al polo nazionale delle torri e degli impianti di trasmissione.


CROLLO DI ASCOLTI E CANONE RAI, RIDOTTO O MENO

La Rai deve far fronte ad ascolti sempre più preoccupanti, a partire da quelli di Rai2 e del Tg2, ma anche di RaiNews e dei canali nati per il digitale, mentre crescono le offerte “non riconosciute” dagli ascolti di Auditel, da Netflix ad Amazon. E deve trovare talenti creativi, a partire del Sud Italia, si pensi solo alle Università, a partire da quelle napoletane, rinnovando la sua missione e il suo ruolo nel Paese, a partire dal rinnovo della concessione decennale nell’agosto 2027. Quando si metterà in discussione la natura e il ruolo del servizio pubblico multimediale.
La Rai riuscirà ad aprire, adesso, un dibattito nel Paese, a partire dal convegno di Eurovisioni fino all’incontro in Senato del 6 e 7 novembre?  In fondo, tra un pasticciaccio e l’altro, la sede della concessionaria non è in via Merulana.


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