Fabio Panetta
6 minuti per la letturaPer Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, serve un’unione economica e monetaria. «La riconfigurazione delle filiere produttive globali è un’occasione per rilanciare l’economia del Mezzogiorno»
C’è la sfida italiana sul Pnrr che guarda al Mezzogiorno calandolo in un contesto più ampio, che è quello europeo e mediterraneo. Ci sono le sfide che un mondo scosso dai conflitti in corso pone all’Europa, in uno scenario segnato dal rischio di una riconfigurazione del mondo in blocchi contrapposti e di una frammentazione commerciale e finanziaria: “La portata degli impegni che comportano è enorme, e i paesi europei possono avere successo soltanto unendo le forze e progredendo verso un’Unione economica e monetaria vera e propria, con un’integrazione più stretta in termini sia finanziari sia fiscali”.
Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, delinea la strategia che potrebbe consentire all’Europa di affrontare le sfide in campo – dalla difesa alla sicurezza energetica, dalla competitività allo sviluppo tecnologico, dalla doppia transizione, green e digitale, alle migrazioni – nella lectio magistralis che tiene all’università Roma Tre in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Scienze giuridiche, banca e finanza. A ascoltarlo ci sono, tra gli altri, i suoi predecessori alla guida di Palazzo Kock, Mario Draghi e Ignazio Visco.
Per l’Italia parte della sfida si gioca sul Pnrr, sull’enorme mole di risorse che l’Europa le ha assegnato per spingerne il rilancio post pandemico, la quota maggiore tra i Ventisette, anche con l’obiettivo di ricucire i suoi storici divari, quello tra il Nord e il Sud in primis.
La sfida in questo caso ha un doppio obiettivo: si tratta di attrezzare il Mezzogiorno per metterlo nelle condizioni di poter sfruttare l’occasione di una ripartenza che arriva dalla dalla ‘rivoluzione’ scatenata dalla guerra russo-ucraina. “La riconfigurazione delle filiere produttive globali offre un’occasione per rilanciare l’economia del Mezzogiorno d’Italia», afferma Panetta, sollecitando politiche “di attrazione dei capitali e il rafforzamento di fattori di contesto produttivo quali la dotazione di infrastrutture, la disponibilità di risorse di lavoro qualificate, l’efficienza delle Amministrazioni pubbliche”. “È essenziale – sottolinea quindi – perseguire con decisione gli obiettivi stabiliti in questi ambiti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Allo stesso tempo il Sud, con le altre regioni meno sviluppate dell’Europa, rappresenta un’opportunità per l’intero Vecchio Continente ai fini del sostegno della domanda interna, uno degli obiettivi prioritari indicati dal governatore, insieme alla valorizzazione del mercato unico: “Sono caratterizzate da ampie risorse di lavoro inutilizzate: un innalzamento dei loro livelli di reddito e consumo le renderebbe mercato di sblocco per molti beni e servizi”. Il Mezzogiorno, poi, insieme alle altre regioni affacciate sul Mediterraneo, gioca un ruolo strategico nella partita delle energie rinnovabili ai fini di una sempre maggiore indipendenza energetica europea. “Un rafforzamento dei programmi europei dei fondi strutturali e di coesione e delle capacità di esecuzione dei progetti finanziati può rendere queste aree attrattive come destinazioni di investimenti rispetto ai siti offshore. Oltre a valorizzare le catene di approvvigionamento europee, ciò promuoverebbe la convergenza economica e sosterrebbe la domanda interna in Europa”.
Ci sono poi le sfide che le tensioni geopolitiche e l’incertezza che ne deriva pongono all’Europa: “Ciascuno dei tre pilastri dell’ordine multilaterale del dopoguerra – apertura commerciale, crescita economica e stabilità geopolitica – è oggi messo a dura prova”.
Tra le priorità c’è il rafforzamento della resilienza e della competitività dell’area euro che passa, sostiene il governatore, attraverso il riequilibrio del suo modello di sviluppo, la garanzia della autonomia strategica, l’adeguamento della sua capacità di provvedere alla propria sicurezza esterna potenziando il suo ruolo nel dibattito internazionale. “L’obiettivo afferma – non è contrapporsi ad altri o chiudersi all’interno dei confini domestici, ma acquisire forza per contribuire alla concorrenza, all’integrazione e al dialogo tra paesi. Per conseguire questi obiettivi sono necessari interventi strutturali”.
Ai fini di una maggiore sicurezza energetica, occorre “incrementare la produzione di energia pulita senza escludere alcuna tecnologia”. E allo stesso tempo “stabilire legami economici e diplomatici con le nazioni più ricche di risorse critiche per la transizione energetica, costruendo con esse relazioni reciprocamente vantaggiose, facendo leva sulla possibilità di fornire loro
le tecnologie necessarie a integrarsi nelle filiere produttive globali”. Bisogna poi spingere sulla produzione di tecnologia e adottare una politica migratoria comune, tenendo presente, sottolinea Panetta, che nei prossimi 15 anni la popolazione lavorativa nell’Unione si ridurrà del 7%, del 13% senza l’afflusso dei cittadini extracomunitari oggi previsti. “Per evitare un forte calo dell’offerta di lavoro e quindi della crescita potenziale dell’economia europea occorre uno sforzo significativo per consentire un ingresso regolare e controllato di immigrati e la loro integrazione nel mercato del lavoro”.
I conflitti in atto hanno rimesso al centro l’esigenza di una difesa comune: “Investimenti comuni a livello europeo, volti a salvaguardare la nostra sicurezza esterna, consentirebbero di evitare duplicazioni di spesa, ottenere sinergie e conseguire economie di scala, liberando risorse da destinare alla realizzazione di infrastrutture e alle attività di ricerca e sviluppo. Ciò contribuirebbe a innalzare la produttività delle imprese anche in ambito civile”.
Tutti questi interventi richiedono “un forte incremento degli investimenti pubblici e privati” rispetto al periodo pre pandemico, ha sottolineato il governatore di Bankitalia. In particolare, evidenzia, per finanziare le transizioni climatica e digitale e per innalzare la spesa militare al 2%, secondo le stime aggiornate delle Commissione europea, servono 800 miliardi di euro annui fino al 2030. E sono anche aumentati gli interventi necessari per garantire la competitività e l’autonomia strategica dell’economia europea. “È evidente che un programma di tale portata richiede di impegnare il bilancio della Ue”, che andrebbe anche a beneficio della governance europea, rimarca Panetta.
“Investimenti finanziati con emissioni obbligazionarie comuni permetterebbero di creare un titolo europeo privo di rischio (safe asset). Ciò – spiega – rimuoverebbe il principale ostacolo alla formazione di un’autentica Unione dei mercati dei capitali e rappresenterebbe un passo fondamentale per dotare l’Unione economica e monetaria di uno strumento indispensabile per finanziare il vasto programma di investimenti che ho descritto in
precedenza”. Inoltre, “con programmi di spesa su scala comunitaria, la politica di bilancio europea non sarebbe più la semplice somma delle politiche nazionali, ma potrebbe essere definita in funzione delle esigenze dell’economia dell’area. Ciò garantirebbe coerenza tra l’orientamento della politica fiscale e quello della politica monetaria e consentirebbe di compiere un passo decisivo verso il completamento dell’Unione economica e monetaria, superando l’illusione superando l’illusione che essa possa funzionare bene senza una capacità fiscale centrale permanente”.
Il governatore sottolinea, infine, la necessita di dare piena attuazione al Next Generation: “I governi europei devono impiegare 500 miliardi di euro concessi nell’ambito dei programmi Ngeu e RepowerEu, di cui l’80% da destinare a investimenti. Ciò aggiungerebbe 2,5 punti percentuali agli investimenti pubblici dell’area dell’euro entro il 2026, portandoli sui livelli massimi dalla crisi finanziaria”.
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