L'interno di una Chery
3 minuti per la letturaIL GOVERNO italiano sta trattando con la cinese Chery Auto per valutare possibili opportunità di investimento nel nostro Paese. Lo riferisce Reuters, aggiungendo che i negoziati si inseriscono nel progetto cui sta lavorando il ministro Urso per aumentare la produzione nazionale. Verrebbe così riequilibrato il processo produttivo nazionale. A metterlo in crisi è stato il passo indietro di Stellantis che mette a rischio la sopravvivenza di Mirafiori e di qualcuno degli stabilimenti meridionali del gruppo. Se i colloqui andranno come spera il govrerno, Chery sarà la prima casa automobilistica cinese a produrre in Europa.
“Stiamo esplorando diverse possibilità per cercare una potenziale configurazione della produzione locale per il futuro”, ha detto Jochen Tueting, Managing Director di Chery Europe, a Reuters aggiungendo tuttavia il programma è ancora tutto da definire. Solo un aumento significativo delle vendite, infatti, potrebbe giustificare la realizzazione di un impianto in Europa.
Le opzioni sono due: ristrutturare un impianto esistente oppure la costruirne uno nuovo. Nel primo caso la scelta potrebbe cadere su uno stabilimento dismesso dalla Nissan a Barcellona. Nel caso di una nuova attività l’Italia potrebbe essere in pole position. Escluso il riutilizzo dell’ex Fiat di Termini Imerese. Lo stabilimento è chiuso da oltre vent’anni e quindi in condizione di obsolescenza avanzata da imporre l’abbattimento e la ricostruzione. Inoltre si tratta di un’attività che non si è mai sviluppata obbligando la Fiat a portare in Sicilia tutta la componentistica. “Stiamo avendo discussioni in diverse località in tutta Europa in questo momento”, ha aggiunto Tueting. Il governo vuole aumentare la produzione nazionale a 1,3 milioni di veicoli all’anno da meno di 800.000 nel 2023. E’ già in trattative con Stellantis per spingerla a portare la produzione a un milione di auto l’anno entro il decennio. Un livello così alto è stato raggiunto l’ultima volta nel 2017. Adolfo Urso punta ad un secondo produttore per aggiungere circa 300.000 veicoli alla produzione nazionale.
Se i colloqui dovessero avere successo, Chery sarebbe la prima azienda d’auto cinese con una presenza produttiva europea, intensificando la concorrenza con i produttori locali, soprattutto sui veicoli elettrici. Urso ha detto che il mese scorso l’Italia ha avuto colloqui con Tesla senza successo. Finora sono state tre case automobilistiche cinesi a visitare l’Italia. I nomi non sono stati divulgati. Tuttavia una potrebbe essere stata la Byd che tuttavia si è ritirata. Una delle fonti ha detto a Reuters che Chery è per ora l’opzione su cui la Roma “scommette di più”. Il portavoce del ministero dell’Industria ha rifiutato di commentare.
L’amministratore delegato di Chery Europe, Jochen Tueting, ha detto a Reuters che la casa d’auto cinese si aspetta che le vendite in Europa siano sufficientemente elevate da supportare uno stabilimento di assemblaggio locale. “Stiamo esplorando diverse possibilità in tutta Europa per cercare un potenziale assetto della produzione locale per il futuro”, ha affermato Tueting. C’è anche da dire che sull’operazione pesano altre due incognite. La prima è di tipo politico e l’altra è industriale. Dal punto di vista politico non bisogna dimenticare che l’attuale governo ha disdetto il trattato sulla Via della Seta stipulato dal governo Conte. Difficile pensare che i cinesi l’abbiano presa bene e quindi si può immaginare che prima di riprendere un negoziato con l’Italia vorranno forti garanzie.
L’altra incognita è di tipo industriale. L’auto elettrica fatica a sfondare sul mercato visto il prezzo elevato. Senza sostegni pubblici è difficile pensare ad un successo di vendite. L’Italia, però, sotto questo punto di vista è molto avara come ha rudemente fatto notare Carlos Tavares gran capo di Stellantis. Non si capisce perché il governo dovrebbe dare ai cinesi le opportunità che ha negato al gruppo italo-francese.
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