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Il ministro Giancarlo Giorgetti durante l'intervento in Aula

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Il ministro Giorgetti in Aula chiude sul Superbonus e definisce il Patto di Stabilità «un compromesso, se buono o cattivo lo sapremo alla fine»

IL PATTO di Stabilità è «un compromesso», se «verso il basso o verso l’alto», lo si potrà dire con il tempo. Non sottoscriverlo, aprendo la strada al ritorno delle vecchie regole, sarebbe stato peggio: da questo punto di vista, quindi, un passo avanti c’è stato. Non c’è da fare «festa», ma comunque l’Italia rivendica come un successo «la possibilità dell’allungamento» fino a «7 anni per coloro che rispettano il Pnrr». Nessun effetto collaterale sulla legge di Bilancio che si avvia al rush finale – domani la Camera dovrebbe dare l’ok definitivo – le previsioni messe nero su bianco nella Nadef «sono coerenti con il nuovo Patto di Stabilità, non sono previste manovre diverse o aggiuntive». Quanto al Mes, sarebbe stato «uno strumento in più rispetto a situazioni di potenziale pericolo, sarebbe stato più comodo», ma «non è né la causa né la soluzione del nostro problema, che si chiama debito».

Spiazzando un po’ le opposizioni, quasi rassegnate a una relazione circoscritta alla sola manovra, intervenendo Commissione Bilancio della Camera il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si dice subito disponibile a rispondere su ogni fronte, dal Mes al Patto di Stabilità fino al Superbonus – mentre la recrudescenza di uno stato influenzale tiene ancora lontana la premier Giorgia Meloni dalle domande dei giornalisti, molte sicuramente su questi stessi temi: la conferenza stampa di fine anno è nuovamente slittata a data da destinarsi – e c’è un filo rosso che lega tutti i dossier affrontati dal titolare del Mef, è il debito italiano che è arrivato «al 140% del Pil», che ha imposto prudenza nella costruzione di una manovra da 28 miliardi che è comunque finanziata per tre quarti in deficit, e che pone l’Italia in una condizione di «svantaggio in sede negoziale».

«In questo Paese si devono prendere delle responsabilità e io mi sono preso tutta la responsabilità di accettare un accordo invece di mettere un veto a caso per tornare a delle regole molto peggiori rispetto a quelle che il nostro Paese affronterà nei prossimi mesi», rivendica il ministro che considera la discussione sulla riforma delle regole fiscali «viziata dalla allucinazione psichedelica che abbiamo vissuto in questi 4 anni in cui abbiamo pensato che gli scostamenti si potessero fare, che il debito e il deficit si potessero fare, che si potesse andare avanti tranquillamente così senza tornare a un sistema di regole». Il problema, aggiunge, «non è l’austerità ma la disciplina, cioè la capacità per chi fa politica di prendere decisioni anche se impopolari».

Intanto la stessa allucinazione, evidenzia Giorgetti, “avvolge” il Superbonus 110% con cui si è dato «a ricchi e poveri, ma soprattutto ai ricchi, di rifarsi la casa al mare facendo ancora debito pubblico». Ora, rimarca, ci si lamenta perché si scende al 70% che «sembra pochissimo, ma visto da fuori è tantissimo. Dobbiamo uscire da questa allucinazione per cui è tutto dovuto» ha detto Giorgetti sul Superbonus anche perché «quando fai debito lo paghi» e sono «miliardi sottratti agli italiani alle famiglie italiane, di spesa per la previdenza e la sanità». I dati sono allarmanti, peggiori di quelli previsti nella Nadef. «Questa – dice – è la realtà dei numeri di una norma fatta in un momento eccezionale che purtroppo ha degli effetti radioattivi, è come una centrale nucleare che fa effetti che non riusciamo a gestire». Pd e M5s chiedono la conferma della misura. Forza Italia resta in pressing per spuntare almeno una proroga per i condomini con uno stato di avanzamento al 70%. Oggi in Consiglio dei ministri che ha tra gli argomenti all’ordine del giorno il Milleproroghe il titolare del Mef porrà un’asticella «oltre al quale non si potrà andare», poi «deciderà il Parlamento».

C’è poi la partita sul Mes di cui le opposizioni gli chiedono conto, anche alla luce della sua dichiarata “delusione” per la bocciatura del disegno di legge di ratifica. E lui è determinato a fare chiarezza. «Prima di tutto io non ho mai detto né in Parlamento, né in Europa, né in nessuna altra sede che l’Italia avrebbe ratificato il Mes. Ho letto cose assurde, assolutamente false e vi prego di prenderne atto. Quello che ho fatto in sede Ue è semplicemente ricordare che il Parlamento italiano, che ha la competenza sovrana sulla materia, aveva di volta in volta rinviato la votazione rispetto a una richiesta arrivata dall’opposizione». Giorgetti rileva che «dopo il quarto rinvio», «una decisione il Parlamento italiano, anche per serietà, avrebbe dovuto prenderla. Il Parlamento sovrano ha votato e ha votato come avevo anticipato esattamente in sede europea». Il ministro rigetta la tesi secondo cui la bocciatura del fondo Salva Stati – ad opera dell’asse Lega-Fdi (Forza Italia si è astenuta), e con la collaborazione del Movimento 5 Stelle – è stato un «fallo di reazione per il Patto di stabilità», deriva, spiega, dalla «presa d’atto che per quanto riguarda Unione bancaria, mercato dei capitali, assicurazione sui depositi purtroppo di progressi a livello europeo non se ne fanno, dico purtroppo – perché tutto si tiene», sottolinea, escludendo ripercussioni sull’Italia: «Abbiamo uno dei sistemi bancari più solidi in Europa», afferma.

Il Mes, sostiene poi, «non è né la causa né la soluzione del nostro problema che si chiama debito. Dobbiamo concentrarci sul fatto che il debito in particolare quando costa ed è oneroso deve essere tenuto sotto controllo altrimenti il Paese non ce la fa. O ce la fa mantenendo la rendita, come direbbe qualche vecchio marxista, e non premiando chi fa produzione, chi lavora e chi intraprende, che è la missione del governo». Intanto sembra che la “missione” di scongiurare l’esercizio provvisorio sembra possa andare a buon fine.

La manovra approda oggi nell’Aula di Montecitorio per la discussione generale. Il voto finale è atteso per domani pomeriggio entro le 19. In Commissione il ministro Giorgetti rivendica tutte le scelte compiute, a partire da quelle degli unici emendamenti passati in Senato in prima lettura, a firma dell’esecutivo: «Hanno portato un miglioramento di tutti i saldi di finanza pubblica», sostiene. Incalzato dalle opposizioni sulla decisione di spostare sul Ponte sullo Stretto una parte delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione destinate a Calabria e Sicilia, la risposta di Giorgetti è netta: «Non trovo per nulla scandaloso che alcune Regioni, soprattutto quelle interessate, contribuiscano alla realizzazione dell’opera».


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