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Questa nota in puro burocratese dell’ufficio stampa del ministero del Lavoro ci costringe a un esercizio informativo essenziale ancorché noioso, almeno nella parte iniziale, per capire come stanno realmente le cose.
Prima di tutto sorprende molto che il ministero del Lavoro affermi che non sono previsti decreti attuativi per il coinvolgimento del sistema privato nel meccanismo del reddito di cittadinanza. Secondo l’articolo 1, comma 82, della legge di bilancio per il 2022, infatti, è il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali necessario per l’attivazione e la gestione dei Patti per il lavoro e dei Patti per l’inclusione sociale. Sentiti l’ANPAL e il Garante per la protezione dei dati personali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, già previsto dall’articolo 6, comma 1, del Dl 4/2019, questo decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali avrebbe dovuto essere integrato entro il 30 marzo 2022, sentiti il Ministro per la Pubblica amministrazione e l’INPS.
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Integrato, mi scusi ministro Orlando, come, con quali finalità, al fine di conseguire quali risultati? Per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, la Piattaforma digitale del Reddito di cittadinanza per il Patto per il lavoro – implementata attraverso il sistema di cooperazione applicativa, prevista dal comma 2 dell’articolo 6 del già citato Dl 4/2019, con i sistemi informativi regionali del lavoro, integrata anche con i dati dei beneficiari di prestazioni di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria messi a disposizione dall’INPS – avrebbe dovuto prevedere parità di accesso ai centri per l’impiego e ai soggetti accreditati di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 150/2015 (ossia le agenzie private del lavoro), e operare in cooperazione con il portale inPA del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Si tratta, come è evidente, e ci scusiamo con i lettori per la quantità di commi e articoli che siamo stati costretti a citare, di un procedimento diverso e ulteriore rispetto a quello del programma GOL citato dal ministero, procedimento che non risulta attuato e che di fatto rende inattuata – per questa parte molto significativa – la riforma del reddito di cittadinanza.
Al posto di fare finta che va tutto bene sarebbe più onesto che il ministro, Andrea Orlando, prendesse in mano la situazione perché è assolutamente necessario. Nella sostanza la chiave di tutto è l’inserimento a pieno titolo con pari funzione e pari dignità delle agenzie private nel circuito del sistema del reddito di cittadinanza. È questo il principio informatore base della riforma Draghi del reddito di cittadinanza e, come anche un bambino capirebbe, è anche lo strumento più efficace perché ci sia finalmente questo incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Punto primo. Perché le agenzie private se non fanno matching chiudono e quindi sono interessate a ottenere il risultato.
Punto secondo. Emergerebbero presumibilmente dei benchmark imparagonabili che dimostrerebbero l’inefficienza di quelle pubbliche e farebbero scattare un meccanismo di sana concorrenza.
Punto terzo. I colloqui mensili per tutti gli occupabili, espressamente previsti dalla legge, e voluti politicamente dal governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi si ispirano al sistema americano dove i colloqui sono addirittura settimanali e hanno l’obiettivo ineludibile di dare un volto a un numero elettronico perché invece in Italia ancora oggi non si sa chi c’è dietro quel numero, che caratteristiche ha la persona, dove e come è collocabile. Il colloquio in presenza taglia la testa al toro perché se rifiuti il posto che ti viene offerto il dato è finalmente acquisito mentre i centri di impiego pubblico in quasi tutti Italia oggi non sono in grado di fare i colloqui in presenza. Per cui sono tutti presenti per riscuotere il reddito di cittadinanza anche se hanno un altro lavoro in nero. Sono presenti anche quelli che non esistono. Sono presenti anche quelli che fanno sistematicamente ritornare al mittente le raccomandate perché non inizi neppure il percorso che può portare all’impiego vero, quello di cui oggi il Mezzogiorno produttivo ha vitale bisogno, o alla decadenza. Su più di un milione di nuclei fruitori del reddito di cittadinanza dai colloqui personali, come scrive senza rossore l’anonimo estensore della nota dell’ufficio stampa del ministero del lavoro, sono emersi 521 casi di assenza ingiustificata. Capite quanto è importante “attuare” il monitoraggio? Capite quanta strada si deve ancora percorrere per conoscere davvero la platea che abbiamo davanti a partire dalle frangi più difficili? Per cominciare almeno a sporcarsi le mani con problemi di ogni tipo. Che possono essere di qualificazione come psichici, meramente opportunistici o di sostanza. Questo lavoro nei tempi giusti lo si può fare solo con le agenzie private perché bisogna entrare dentro le singole situazioni e si deve essere mossi dalla volontà di fare risultato.
Punto quarto. Diciamocela tutta. Dobbiamo avere contezza di chi è realmente occupabile, come e dove, oggi questa contezza non esiste, si tratta di introdurre un filtro efficace per l’avvio al lavoro e per un’azione necessaria di moralizzazione visto che si tratta di ingenti risorse pubbliche. Non c’entra niente Gol, la realtà dei fatti è che i centri pubblici si sono dichiarati incapaci allo stato attuale e non si provvede a metterli nelle condizioni di esserlo rinunciando di fatto a priori alla chance delle agenzie private trincerandosi dietro quelle pubbliche.
Questi sono i fatti, il resto sono chiacchiere di dubbio gusto. Sosteniamo costi pubblici enormi per qualcosa che non funziona e priviamo un popolo che aspira a trovare un impiego di usufruire del lavoro di chi sarebbe in grado almeno di provarci a trovare quell’impiego. Se questo sistema virtuoso voluto dalla riforma Draghi partisse si restituirebbe la dignità del lavoro a una parte rilevante di chi è costretto a vivere di elemosina e si potrebbero risparmiare senza esagerare 4 o 5 miliardi che potrebbero essere destinati a finanziare parte di un nuovo taglio di cuneo fiscale in grado di aumentare le opportunità di lavoro produttivo al Sud come al Nord. Spiace molto che su un tema così delicato il ministro del lavoro non risponde in prima persona e si celi dietro le dichiarazioni omissive di un anonimo ufficio stampa del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Nemmeno lì si è trovato uno capace di mettere una firma con nome e cognome.
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