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ROMA – Nel 2020 il numero dei contratti di lavoro cessati nel settore privato non agricolo ha di poco superato quello dei contratti attivati (42.000 unità); il saldo era stato di segno opposto nel 2019, quando erano stati creati quasi 300.000 posti di lavoro.

Tale andamento è il risultato di un calo delle assunzioni e delle cessazioni (le prime, pari a 4,78 milioni, sono diminuite di circa 1,9 milioni, le seconde di oltre 1,5). È quanto emerge da un’analisi congiunta del Ministero del Lavoro e Banca d’Italia, sull’instaurazione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro.

L’evoluzione dei flussi è stata fortemente condizionata dalla pandemia: nei mesi di gennaio e febbraio del 2020 la creazione di posti di lavoro era sugli stessi livelli del 2019.

Con l’emergere dei primi contagi da Covid-19 alla fine di febbraio, il mercato del lavoro ha subito invece un rapido deterioramento e il saldo tra attivazioni e cessazioni è diventato negativo: a metà giugno era di 595.000 unità inferiore a quello registrato nello stesso periodo dell’anno precedente.

Tra la fine di giugno e ottobre tale divario si è ridotto sensibilmente, con la creazione di circa 285.000 posti di lavoro in più rispetto al 2019. Il recupero, si legge ancora nell’analisi, si è però interrotto in novembre, in concomitanza con il nuovo aumento dei contagi e con l’adozione delle necessarie misure restrittive.

L’effetto di questa seconda ondata sul mercato del lavoro è stato comunque molto più contenuto di quello della prima, con un saldo tra attivazioni e cessazioni più basso di circa 25.000 unità nel bimestre novembre-dicembre rispetto allo stesso periodo del 2019.

Nel 2020 la perdita occupazionale si è concentrata nelle regioni del Nord: in particolare Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e le province autonome di Trento e Bolzano hanno registrato circa 200.000 attivazioni nette in meno rispetto all’anno precedente, contribuendo per quasi due terzi ai minori flussi rilevati a livello nazionale.

In collaborazione con Italpress


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