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Giorgia Meloni

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Giorgia Meloni presenta la Manovra 2025 e la giudica “seria, di buon senso” e che punta alle priorità, “mai così tante risorse nel fondo per la sanità”, ma i sindacati dei medici sono sul piede di guerra


“La manovra è seria, di buon senso e concentra le non molte risorse a disposizione in quelle che consideriamo le priorità di questa nazione. Ci concentriamo sui redditi, sui salari, sul sostegno a cittadini e imprese, sulla salute. E lo facciamo senza aumentare le tasse pur in una situazione complessa, lo facciamo mantenendo i conti in ordine”.

Da Bruxelles, a margine del vertice Ue-Consiglio di cooperazione del Golfo a Bruxelles, la premier Giorgia Meloni, ha declinato la strategia affidata alla legge di Bilancio per il 2025. Un pacchetto di interventi che vale 30 miliardi, più del previsto, e che peseranno 35 e 40 miliardi, rispettivamente, nel 2026 e nel 2027. Lunedì approderà in Parlamento. Il via libera del Cdm è arrivato martedì sera, insieme all’ok al Documento programmatico di Bilancio atteso entro la mezzanotte dalla Commissione europea con cui il governo ha raggiunto l’accordo sul Piano strutturale di bilancio per l’estensione dell’operazione conti in ordine su sette anni.

Assente giustificata per via dell’impegno europeo all’incontro con i giornalisti durante la quale ieri mattina il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il suo vice, Maurizio Leo, hanno illustrato impianto e misure – incontrerà la stampa per al termine del prossimo Cdm, “ci tiene”, ha detto il titolare del Mef –. Ha usato i microfoni dei cronisti per raccontare la sua terza legge di Bilancio, evidenziando i “provvedimenti salienti” e gli impegni che mantenuti. Come la conferma degli sgravi sul lavoro, con il cuneo contributivo che diviene fiscale – “passa da una decontribuzione a una defiscalizzazione” – per superare i rischi per l’equilibrio del sistema pensionistico evidenziati anche da Bankitalia. Diventa strutturale, “che era la prima richiesta che c’era stata fatta soprattutto dalle forze sindacali. Come diventa strutturale la superdeduzione sul costo del lavoro al 120%, come l’accorpamento delle prime due aliquote dell’Irpef”, ha sottolineato la premier.

Del “nuovo” cuneo beneficeranno anche i redditi tra i 35 e i 40mila euro anche per superare le criticità del “vecchio”. Il viceministro Leo ha spiegato il meccanismo. “Fino a 20mila si mantiene sostanzialmente l’impostazione del vecchio cuneo, ovviamente rimodulando l’aliquota sino a un certo ammontare. Poi da un certo ammontare in su abbassando l’aliquota e poi, per evitare quell’effetto perverso, che al superamento di 35.000 euro si perdeva tutto il beneficio, abbiamo introdotto un meccanismo di detrazione per lavoro dipendente con decalage fino ai 40mila euro in modo tale da non penalizzare i contribuenti che hanno un reddito tra i 35 e 40mila euro”.

Confermata anche l’Irpef a tre aliquote. Anch’essa strutturale per i prossimi cinque anni, con la promessa di un ritocco sul secondo scaglione, 35%. In modo da andare incontro anche ai ceti medi, se il concordato fiscale avrà dato i frutti sperati. Da questo dipende anche la possibilità di portare la flat tax del 15% per gli autonomi oltre l’attuale soglia degli 80mila euro. Un quadro si avrà dopo il 31 ottobre quando scadranno i termini per l’adesione. Tra le novità l’estensione della no tax area – 8.500 euro – per i dipendenti, come avviene per i pensionati.

Si interviene poi sul meccanismo delle detrazioni, con l’introduzione del cosiddetto “quoziente familiare”. Più numerosi i componenti della famiglia e più basso il reddito, maggiori saranno gli spazi per le detrazioni fiscali. E’ prevista la proroga del bonus ristrutturazioni al 50% che dal prossimo anno sarebbe sceso al 36%, ma solo per la prima casa. Resta il bonus mobili e grandi elettrodomestici, sempre al 50%. Confermato infine anche il taglio da 90 a 70 euro del canone Rai. Nulla di nuovo arriva invece sulle rendite catastali, se non l’applicazione delle norme vigenti. “Se i Comuni riescono a trovare le case fantasma ne beneficeranno in termini di Imu, lo Stato di imposta di bollo”, ha sottolineato Giorgetti.

La premier ha posto l’accento sulla sanità. “Non ci sono mai state così tante risorse”, ha sottolineato, spiegando che il fondo sanitario arriverà a 136,5 miliardi nel 2025 e a 140 miliardi nel 2026. Il Mef dà le cifre del prossimo anno: nel 2025, rispetto all’anno precedente, ci saranno 2.366 milioni di euro in più. Numeri che rassicurano il ministro Orazio Schillaci ma non i sindacati dei medici, pronti allo scontro.

Nel capitolo famiglia – che vale complessivamente oltre 1,5 miliardi – tra le novità ci sono il recupero del bonus bebè, la “Carta per i nuovi nati”, che riconosce un contributo di 1000 per le famiglie che hanno un reddito fino a 40mila euro. Vengono poi potenziati i congedi parentali all’80%, che passano da due a tre mesi e incrementate le risorse a favore del bonus asilo nido. Accanto, il rifinanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa e del Fondo per le non autosufficienze. Confermata anche il prossimo anno la card spesa ‘Dedicata a te’, con 500 milioni di stanziamento.

Sul fronte delle pensioni vengono prorogati per il 2025 tutti gli interventi di flessibilità esistenti, ovvero Ape sociale, Opzione donna e Quota 103. Confermato il livello delle pensioni minime. La rivalutazione sarà piena e si dirà addio alla sterilizzazione degli assegni più alti. Sono previste inoltre misure per favorire la permanenza al lavoro al raggiungimento dei requisiti di età per la pensione, con il potenziamento del bonus Maroni.
Capitolo imprese: viene rifinanziata la Nuova Sabatini e viene prorogato al 2025 il credito d’imposta per investimenti nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno. Si confermano gli sgravi contributivi già in vigore per incentivare l’occupazione di giovani, donne e lavoratori svantaggiati. Sono inoltre prorogati per tre anni la detassazione dei premi di produttività (dal 10% al 5%) e per il welfare aziendale, con il tetto dei fringe benefit che sale a 1.000 per tutti e a 2.000 per chi ha figli.

Come si finanzia questa manovra? La domanda l’ha posta lo stesso Giorgetti durante la conferenza stampa, rivendicando i risultati di una “gestione prudente della finanza pubblica” che, ha sottolineato, ha “creato spazi finanziari di bilancio per rendere strutturali delle misure come il taglio del cuneo che tanti ritenevano una tantum e invece diventano realtà. Circa 18 miliardi, ben oltre l’ammontare delle risorse per il cuneo contributivo, derivano da questo tipo di atteggiamento. Rispetto alle critiche che non combattiamo l’evasione fiscale, non la combattiamo con proclami ma con i fatti”.

Un contributo di oltre 3,5 miliardi arriva dai “sacrifici” chiesti alle banche e alle assicurazioni. La manovra farà contenti “pescatori e operai. Un po’ meno le banche” che, assieme alle assicurazioni, dovranno fare quei “sacrifici” che qualche settimana fa avevano spaventato la Borsa di Milano e che adesso invece i mercati hanno “interiorizzato”, ha osservato Giorgetti. Sugli extraprofitti delle banche “il lavoro che abbiamo fatto lo abbiamo fatto ascoltando e collaborando con le associazioni che rappresentano questi mondi, che anzi voglio ringraziare, perché c’è stato un dialogo costruttivo – ha affermato la premier -. Abbiamo scelto di rivedere alcuni meccanismi contabili particolarmente favorevoli, in modo da allargare la base imponibile e avere delle risorse. Da una parte volevamo reperire risorse da redistribuire su famiglie e redditi bassi, ma non vogliamo neanche dare il segnale che le banche sono degli avversari”.

Nello specifico si tratta di 2,5 miliardi che entreranno nelle casse dello Stato grazie allo slittamento delle deduzioni fiscali su Dta e stock option per due anni per le banche e di un miliardo che arriverà dalle assicurazioni tramite l’imposta di bollo su alcune polizze che, di solito pagata a scadenza, sarà invece modulata anno per anno. Dal taglio del 5% sulle spese dei ministeri sono infine attesi circa 3,5 miliardi. A cui si sommeranno i risparmi derivanti dai nuovi tetti ai compensi dei manager. “Chi governa, chi è ai vertici di enti privati che prendono contributi pubblici non possa avere uno stipendio superiore a quello del Presidente del Consiglio dei Ministri”, ha sottolineato la presidente del Consiglio. Dalla revisione delle detrazioni è atteso un miliardo.


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