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Dopo aver incassato la quarta rata del Pnrr il governo italiano ha presentato la richiesta per la quinta per 10,6 miliardi che si aggiungono ai 101,9 già incassati. Via a 52 nuovi obiettivi, dall’agricoltura all’Alta velocità nel Mezzogiorno
L’Italia corre con il Pnrr e stacca i partner dell’Unione europea. A stretto giro, dopo aver incassato la quarta rata, inviata ieri alla Commissione Ue la richiesta della quinta rata del Piano. Dopo l’iter di valutazione nei prossimi mesi, dunque, nelle casse italiane arriveranno nuove risorse per 10,6 miliardi che si aggiungeranno ai 101,9 miliardi degli “assegni” già staccati. L’Italia – sottolinea una nota di Palazzo Chigi – come è accaduto per la quarta rata è il primo Stato membro Ue a chiedere formalmente il pagamento della quinta rata. Per il governo è il terzo obiettivo centrato: rimodulazione del Pnrr, quarta rata incassata e quinta domanda.
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che la richiesta presentata “chiude un anno di grande impegno e di risultati straordinari del Governo nell’attuazione del Pnrr. Siamo molto soddisfatti e determinati – ha detto – a proseguire il lavoro anche nei prossimi mesi”.
Soddisfazione è stata espressa anche dal ministro per gli Affari europei, il Sud, Politiche di coesione e Pnrr, Raffaele Fitto: “Come già per la quarta, anche per la richiesta della quinta rata l’Italia si conferma in anticipo sui tempi rispetto agli altri Stati membri. Un risultato straordinario frutto di un grande lavoro di squadra e di un dialogo costante e positivo con la Commissione. La fase di assessment sarà molto rigorosa ma siamo fiduciosi”.
Il 2024 si aprirà sotto la buona stella del Pnrr che dovrebbe dare la svolta decisiva all’opera di ammodernamento del Paese. Tra i 52 obiettivi della nuova rata ci sono infatti importanti investimenti per il settore dell’agricoltura, per aumentare l’efficienza dei sistemi di irrigazione e per implementare la produzione di energia verde, per il settore idrico, con nuove opere per il potenziamento delle condotte, dei sistemi di depurazione e per la riduzione delle perdite di rete, per l’ambiente, con la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento di quelli esistenti per la valorizzazione dei rifiuti.
Ma spiccano anche interventi per il trasporto pubblico locale, con un parco autobus a emissioni zero e metropolitane, tram e bus rapid transit. Spazio poi alle infrastrutture, con l’elettrificazione della linea ferroviaria del Mezzogiorno e con l’alta velocità lungo la tratta Salerno-Reggio Calabria. Faro sulla cultura, con l’efficientamento energetico di cinema, teatri e musei; sulla scuola, con la realizzazione di nuovi plessi ad alta efficienza energetica; sul patrimonio immobiliare pubblico, con la costruzione di nuovi edifici dell’amministrazione della giustizia e l’ammodernamento di quelli esistenti; sulla sanità, con l’implementazione di moderni sistemi di cura legati alla telemedicina; sulla Pubblica amministrazione, con interventi per la transizione al digitale, e sull’università, con l’assegnazione di borse di studio e il finanziamento di progetti di ricerca.
Il documento sottolinea anche i risultati conseguiti sul fronte delle riforme, dalla piena operatività del sistema nazionale di e-procurement per l’acquisizione di beni, servizi e informazioni in via telematica alla riorganizzazione del sistema scolastico fino alle misure legate alla concorrenza e al quadro legislativo degli appalti pubblici. Infatti per il versamento della quarta rata sono stati determinanti i traguardi raggiunti e che dovranno essere implementati sul terreno delle riforme della giustizia, della pubblica amministrazione, dell’inclusione sociale e degli appalti pubblici.
Tra i settori su cui il governo Meloni sta puntando molto c’è l’agricoltura, che rientra nella quinta rata. Contratti di filiera, agroenergie e infrastrutture sono infatti le leve su cui dovrà poggiare il moderno sistema agroalimentare nazionale. Per l’Italia green il Pnrr rappresenta una manna. Dopo la rimodulazione, infatti, complessivamente le risorse attivate per il settore ammontano a circa 8 miliardi, il valore di un anno dei contributi diretti e indiretti della Politica agricola comune.
Il “tesoretto” ottenuto dal ministro Fitto per il settore è passato da 3,68 a 6,53 miliardi e con l’aggiunta del Piano nazionale complementare si arriva a quota 8 miliardi. Due miliardi in più sono stati stanziati per le filiere e con il nuovo budget si potranno scorrere le graduatorie del quinto bando dei contratti di filiera. Una misura su cui ha scommesso Coldiretti che con Filiera Italia ha presentato progetti per tutti i prodotti dal grano alla frutta, dalla zootecnia all’olio con una ricaduta significativa per l’economia agroalimentare del Mezzogiorno.
Si tratta infatti di più di 300 domande che hanno coinvolto circa 6.500 imprese per un ammontare di investimenti che arrivano a 11 miliardi. Una vera svolta in termini di innovazione, ma anche di superamento di quelle criticità che hanno pesato sulle aziende chiamate ad affrontare la nuova sfida del cambiamento climatico che quest’anno ha già comportato danni per oltre 6 miliardi. Ma con i contratti di filiera, che legano la produzione alla trasformazione e commercializzazione fino alla ristorazione, l’obiettivo è anche di vincere il fenomeno delle pratiche commerciali sleali.
Di particolare rilievo anche il rafforzamento del budget per il fotovoltaico (da 850 milioni a 2,35 miliardi) che da un lato va nella direzione di produrre energia pulita, in linea con gli obiettivi fissati dal Green Deal europeo, e dall’altro offre un contributo ai redditi degli agricoltori, perché con la modifica ottenuta a Bruxelles è caduto il vincolo dell’autoconsumo. Le aziende agricole e zootecniche infatti potranno utilizzare l’energia prodotta per le proprie esigenze, ma sono autorizzate anche a commercializzarla.
Un’altra clausola chiesta dalla Coldiretti è quella di vietare l’installazione di impianti sui terreni per evitare ulteriori scempi di ettari fertili. I pannelli possono essere collocati solo sui tetti degli edifici rurali. Il Pnrr dovrebbe imprimere la svolta anche a infrastrutture e logistica per aiutare la competitività del Made in Italy. L’export si conferma il motore dell’economia agricola, ma l’Italia rischia di perdere posizioni per l’arretramento delle infrastrutture che all’agroalimentare è costato in questi anni più di 9 miliardi. L’export ha superato i 60 miliardi, ma l’obiettivo raggiungibile in tempi brevi, secondo Coldiretti, è di 100 miliardi. A frenare la produzione in questi ultimi due anni sono stati, oltre ai fenomeni meteo avversi, anche i costi stellari dei fattori della produzione che gli agricoltori spesso non sono riusciti a coprire con i prezzi incassati dalla cessione dei prodotti.
E dunque la partita delle energie rinnovabili è centrale come quella dell’innovazione a cui peraltro si salda. Poter contare su energia a basso costo è determinante per raggiungere quell’autosufficienza alimentare che è diventata una priorità dell’Unione europea. L’obiettivo della sicurezza alimentare, messa in discussione dalla guerra in corso in Ucraina e dalle incertezze create dall’altro fronte aperto nel Medio Oriente, ha imposto un riposizionamento delle scelte produttive. L’agroalimentare, che aveva già fatto i conti con la pandemia, è diventato sempre più centrale nelle politiche degli Stati. Una conferma del ruolo che hanno le materie prime agricole si è avuto anche dalla strategia della Russia che ha trasformato grano (e cereali in genere) in una letale arma da guerra.
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