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Il mese di luglio fa segnare una frenata nella corsa dell’inflazione ma i prezzi dei generi alimentari crescono ancora a due cifre

Luglio ha infiammato l’Italia, ma ha raffreddato l’inflazione. Rispetto a giugno i prezzi non hanno segnato alcun aumento e su base annua il rialzo si è fermato al 5,9% rispetto a +6,4% del mese precedente, inferiore anche alla stima preliminare del +6%.

L’andamento dei prezzi dunque sta andando meglio del previsto e apre uno scenario più tranquillo per l’economia del Paese. L’inflazione è infatti uno degli elementi che frenano il pieno recupero dell’Azienda Italia con un impatto pesante sui redditi delle famiglie e sui consumi. Anche se la riduzione continua a essere ancora insufficiente per i beni alimentari che mantengono un ritmo di crescita a due cifre.

FRENATA A LUGLIO PER L’INFLAZIONE MA I PREZZI DEGLI ALIMENTARI CONTINUANO A CRESCERE

A raffreddare l’indice di luglio, secondo quanto emerge dall’analisi dell’Istat, sono stati i prezzi dei servizi dei trasporti che da +4,7% sono calati a +2,4%, dei beni energetici non regolamentati (da +8,4% a +7%), ma anche degli alimentari lavorati (da +11,5% a +10,5%) e degli altri beni (da +4,8% a +4,5%). Ancora più rilevante poi la flessione degli energetici regolamentati che hanno segnato -30,3% dal -29% del mese scorso. Non si allenta però la tensione degli alimentari non lavorati passati da +9,4% a +10,4%. L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi è calata ancora a +5,2%. In ulteriore rallentamento per il quinto mese consecutivo il cosiddetto “carrello della spesa”, a +10,2% da +10,5% e i prodotti ad alta frequenza di acquisto (+5,5% da +5,7%). L’inflazione acquisita per il 2023 – ha spiegato l’Istat – rimane stabile a +5,6%.

A trascinare verso il basso i prezzi sono dunque soprattutto i prodotti energetici, mentre sono in rialzo i servizi ricettivi e di ristorazione (+8% da +7,6%). Tra gli Energetici non regolamentati, a incidere sulla flessione sono stati soprattutto energia elettrica mercato libero, altri carburanti, gas di città e naturale mercato libero e gasolio per mezzi di trasporto. In risalita invece la benzina anche se resta negativa la dinamica tendenziale.

INFLAZIONE, ANCHE A LUGLIO SI CONFERMA IL TREND IN SALITA DEI PREZZI DEI BENI ALIMENTARI

Non si riesce invece a domare il trend degli alimentari, perché a fronte di un ridimensionamento dei lavorati (da +10,7% a +10,5%, +0,1% su giugno) si continua a rilevare un incremento dei non lavorati saliti da +9,4% a +10,4% soprattutto per la frutta fresca che è calata del 2,9% su base mensile, ma rispetto allo scorso anno è cresciuta da +8,3% a +13,8% e dei vegetali freschi anche questi in flessione sul mese (-1,2%), ma in consistente rialzo su base annua, da +17,8% a+19,8%. A far schizzare i listini della frutta e in particolar modo delle verdure, secondo la Coldiretti, sono stati i pesanti fenomeni meteo che tra alluvioni, grandinate e nubifragi intervallati da pesanti ondate di calore hanno provocato ingenti danni alle coltivazioni, inoltre sui costi pesano le tensioni legate alla guerra in Ucraina.

Il deficit logistico incide in modo rilevante sull’ortofrutta con i prezzi che triplicano dal campo agli scaffali. Una situazione che costringe le famiglie a tagliare gli acquisti per compensare così il caro spesa alimentare. Per questo Coldiretti ha lanciato un nuovo appello a mettere subito a terra i 2,5 miliardi previsti dal Pnrr per il rafforzamento degli accordi di filiera e la logistica che incide per circa un terzo sui costi della produzione di ortofrutta.

SERVE AMMODERNARE IL SISTEMA AGROALIMENTARE ITALIANO

Un intervento strategico per l’ammodernamento del sistema agroalimentare italiano (il gap infrastrutturale con un costo di circa 13 miliardi rende meno competitivo il Made in Italy rispetto ai partner Ue), ma anche per salvare la spesa degli italiani. Con i nuovi accordi di filiera si punta infatti da un lato a garantire equi compensi a tutti gli operatori coinvolti, ma dall’altro a contenere i costi e dunque anche i prezzi. se si riuscirà a superare lo scoglio dei listini d’oro del cibo si potrà mettere davvero un punto fermo nella lotta al carovita che ha impoverito le famiglie italiane.

L’ANALISI DELL’ISTAT SULL’ANDAMENTO DELL’INFLAZIONE

L’analisi dell’Istat sull’andamento dell’inflazione su base territoriale ha evidenziato un livello più alto nelle Isole (+6,4%),nel Centro e nel Nord-Ovest (+6,1%,), più virtuosi il Mezzogiorno (+5,8%) e il Nord-Est (+5,6%). Tra le città la più cara è Genova (+8,2%), seguita da Perugia (+6,9%) e Messina (+6,8%), le più economiche Potenza (+3,5%) e Catanzaro (+4,3%).

Complessivamente il quadro è positivo anche se a gelare un po’ gli entusiasmi ci ha pensato il bollettino economico Bce pubblicato ieri. La nota ha confermato la progressiva discesa dell’inflazione anche se ci si attende che resti ancora per lungo tempo elevata soprattutto per quanto riguarda la componente di fondo. Per questo al fine di assicurare il ritorno all’obiettivo del 2% è stato deciso un ulteriore innalzamento dei tassi.

Secondo quanto si legge nel bollettino economico “Le prospettive per la crescita economica e l’inflazione restano estremamente incerte. Fra i rischi al ribasso per la crescita vi sono la guerra ingiustificata della Russia contro l’Ucraina e l’incremento delle tensioni geopolitiche su più ampia scala, rischi che potrebbero frammentare il commercio internazionale e quindi gravare sull’economia dell’area dell’euro”. E non basta, per la Bce infatti “l’espansione economica potrebbe risultare più lenta se gli effetti della politica monetaria fossero più forti delle attese o se l’economia mondiale si indebolisse, deprimendo la domanda di esportazioni dell’area dell’euro”. Inoltre resta alto l’allarme per i possibili aumenti dei beni energetici ed alimentari legati alla cancellazione dell’accordo tra Russia e Ucraina sul trasporto dei cereali dal Mar Nero.

Grazie al patto siglato l’estate scorsa infatti le quotazioni delle principali commodity avevano registrato sensibili ridimensionamenti. A peggiorare le prospettive per i beni alimentari anche le condizioni metereologiche avverse. La Bce ha confermato infine la politica restrittiva sui tassi.

LE CRITICHE DELLA CONFESERCENTI

Ma sull’aumento dei tassi ha espresso dure critiche la Confesercenti che ha affermato come si rischi un “vero e proprio shock per i bilanci di imprese e famiglie” che, secondo i conti tracciati dall’associazione, potrebbero trovarsi a pagare maggiori interessi per 5,4 miliardi nel 2023 e per 9 miliardi nel 2024, per un dato cumulato di quasi 14,4 miliardi in 2 anni, che potrebbe superare quota 20 miliardi se si considerano anche i maggiori oneri sui mutui per abitazione a tasso variabile. L’aggravio generato dagli aumenti – ha denunciato Confesercenti – ha un impatto rilevante sui finanziamenti delle imprese.

Entro il 2024 andranno a scadenza 185 miliardi di prestiti, che potranno essere rinnovati solo a tassi superiori a quelli dell’originaria sottoscrizione. Ne deriverà un maggiore onere di 4,2 miliardi nel 2023 e di 7 miliardi nel 2024. Ma non andrà meglio per i consumatori: entro il 2024 andranno a scadenza circa 60 miliardi di crediti delle famiglie, il cui rinnovo comporterà un maggiore esborso complessivo per interessi pari a 3,2 miliardi in due anni, circa 300 euro per nucleo familiare coinvolto. A questa stangata – ha concluso Confesercenti – si aggiunge quella generata dall’aumento dei tassi di interesse sui mutui.


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