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Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti

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La narrazione del governo descrive l’Italia come una “azienda” in buona salute. Ma produzione industriale e la produttività sono in forte calo


C’è una narrazione, quella del governo, che descrive l’Italia come una “azienda” in buona salute, e la crisi della Germania, storica locomotiva del Vecchio Continente, che ha due anni di recessione sulle spalle, e della Francia che ha già esaurito la spinta delle Olimpiadi, avvalorano il racconto di un primato del Paese anche se viaggia a ritmo lento, tanto che non arriverà a centrare gli obiettivi di crescita stimati nel Piano strutturale di bilancio, l’1% nel 2024 e l’1,2% nel 2025. Una realtà con cui anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sembra aver fatto pace pur continuando a confidare in un recupero nell’ultimo trimestre dell’anno appena archiviato.

AZIENDA ITALIA, I DATI IN CHIAROSCURO DELL’ECONOMIA

L’Istat ha certificato una crescita zero nel terzo, con quella acquisita inchiodata a +0,4%. La Bce considera possibile una crescita dello 0,7%, altri previsori arrivano allo 0,9%. La stima più recente, diffusa ieri, è quella degli analisti di S&P, che vedono il 2024 fermo allo 0,5%, un rafforzamento della crescita quest’anno allo 0,9%, un’ulteriore accelerazione nel 2026 all’1,1%, e un assestamento all’1% nel 2027. Il Pil sta già beneficiando degli investimenti del Pnrr anche se, secondo S&P, gli effetti maggiori si avranno da qui ai prossimi anni. Finora, stimano, l’impatto positivo del programma è stato di circa il 2%, inferiore alle attese, ma anche perché, si spiega, molti degli investimenti sono stati destinati alle riforme che impiegano più tempo per generare benefici.

AZIENDA ITALIA, I RITARDI NEL PNRR


Con l’invio della richiesta del pagamento della settima rata del Pnrr, la premier Giorgia Meloni ha celebrato ancora un primato. Con l’incasso dei 18,3 miliardi della settima rata l’Italia supererà quota 140 miliardi di euro, oltre il 72% della dotazione complessiva del Piano. Eppure finora sono stati spesi appena 60 miliardi, entro la fine del 2026 bisogna metterne a terra circa 130. Un obiettivo sfidante. Il ministro Tommaso Foti, che ha raccolto il testimone di Raffaele Fitto, passato dalla regia del Pnrr alla vicepresidenza esecutiva della Commissione Ue, ha già messo le mani avanti. “Non dobbiamo avere l’incubo di spendere a tutti i costi perché vorrebbe dire spendere male”. E intanto lavora a un nuovo restiling del Piano che verrà svelato a febbraio. Sotto la lente ci sono gli interventi che rischiano di sforare i tempi, che verrebbero sostituiti con altri considerati realizzabili entro la scadenza prevista. Sul tavolo ci sono soprattutto progetti infrastrutturali – per un valore di circa 10-12 miliardi – tra cui il Terzo Valico di Giovi, un lotto della Tav Salerno-Reggio Calabria, alcuni interventi sulla diga di Campolattaro e la banda larga.

CRISI DELL’INDUSTRIA LEGGERA


Di fronte alla crisi dell’industria una legge di Bilancio a corto di ossigeno e con spazi di manovra definiti dai paletti del nuovo Patto di Stabilità ha potuto fare ben poco. L’Ires premiale concessa alle imprese, anch’essa sottoposta a condizionalità stringenti, è un pannicello caldo. La produzione è in calo da 22 mesi consecutivi: a novembre ha registrato un piccolo “guizzo”, segnando +0,3% su ottobre, ma in termini tendenziali l’indice è diminuito dell’1,5%.
C’è poi il drammatico crollo delle produttività, già tallone d’Achille dell’economia italiana: nel 2023, certifica l’Istat, tutti gli indicatori sono risultati in calo. In particolare, la produttività del lavoro ha segnato una flessione del 2,5%. La discesa della produttività riguarda tutti i macrosettori, inclusa l’industria. In caduta pure la produttività del capitale (- 0,9%), dopo un decennio di incremento medio dell’1,6%.

NUMERI RECORD DEL MERCATO DEL LAVORO


Di fronte a questo scenario spiccano i numeri record del mercato del lavoro. 24,1 milioni di occupati che portano il tasso di occupazione al 62,5%, che resta tuttavia inferiore alla media europea, pari al 70,3%. Segna un record anche la disoccupazione che a novembre si è attestata al 5,3% contro il 6,3% (dato di ottobre) della media dell’Eurozona. Un risultato rimarcato dalla Bce nell’ultimo Bollettino. Guasta la festa il balzo al 19,2% della disoccupazione giovanile.


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