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Oggi un imprenditore ha paura di investire nel Mezzogiorno non tanto per le risorse ma per l’aspetto burocratico
Gentile Direttore, leggo sempre con molta attenzione il suo Quotidiano e i suoi scritti e sempre più spesso, riguardo il nostro caro Mezzogiorno, è la sola voce fuori dal coro! È l’unico che sottolinea quotidianamente e con enfasi che c’è anche un Sud vincente, vedi l’ultima rilevazione Istat per l’export nel mondo dove il Sud ha superato abbondantemente il Nord trainando l’intero Paese, oppure la notizia che ha dato qualche giorno fa della stazione di Napoli migliore d’Italia e settima in Europa, con sommo stupore di quanti continuano a considerare il Mezzogiorno un problema.
Il Sud è una risorsa, è una ricchezza per un’Italia che senza la spinta del Mezzogiorno non potrà mai adeguatamente competere in Europa e nel mondo. Un Mezzogiorno che ha il sole e il mare, le bellezze, la cultura, la storia e le tradizioni, il vento per produrre energia, i terreni per l’agricoltura, in un territorio vastissimo di quasi 75mila chilometri quadrati con oltre 13 milioni di abitanti, è un qualcosa di straordinariamente appetibile. Detto questo, però, ci sono tante problematiche, davvero tante, ancora da risolvere. Partiamo dal gap infrastrutturale rispetto al Nord. Tanto si è fatto e si sta facendo ma tanto c’è ancora da fare. L’alta capacità Napoli-Bari in fase di realizzazione è un’opera strategica che unirà in tempi veloci, per merci e passeggeri, Tirreno-Adriatico e toglierà dall’isolamento le aree interne della Campania; la costruenda alta velocità Salerno-Reggio Calabria rappresenta un itinerario altrettanto strategico per la connessione tra il Sud e il Nord dell’Italia; tante altre opere ferroviarie e stradali in corso di realizzazione o programmate sono sicuramente importanti ma è necessario connettere le grandi aree metropolitane anche con i comuni più piccoli e distanti, diversamente il rischio è quello di rendere sempre più densamente abitate le grandi città con la conseguente desertificazione (che sta già avvenendo) delle aree interne per la mancanza di servizi. Ferrovie regionali, adeguate strade provinciali e comunali, il trasporto pubblico locale, gli asili, una sanità adeguata: sono servizi che non possono essere erogati soltanto sulla base di freddi calcoli legati agli abitanti ma debbono essere garantiti a tutti, anche al cittadino italiano residente in un piccolissimo comune distante 500 chilometri da Napoli, diversamente saremmo al cospetto di una ingiustificata e ingiustificabile differenziazione tra cittadini che pagano comunque le tasse.
Questo non ce lo possiamo permettere! Anche perché un rafforzamento dei servizi in alcune aree del Mezzogiorno attualmente meno abitate porterebbe a decongestionare le aree con un’alta densità abitativa, migliorando ovunque la vivibilità.
Torniamo alle infrastrutture. Negli ultimi tempi comunque si sono fatti davvero tanti passi avanti e anche la decisione del ministro Salvini di puntare con forza sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto va nella direzione auspicata. Poi c’è la questione del lavoro e dei giovani che vanno via dal Sud. L’ultimo rapporto Svimez ha evidenziato un dato: il lavoro è aumentato ma con esso anche la povertà. Uno strano dato sicuramente riconducibile a una questione di paga e costo della vita. Il lavoro comunque c’è, probabilmente non per tutti ma c’è. Quello che manca o che sta scomparendo dai radar è l’operaio generico, ora le aziende chiedono soprattutto risorse umane specializzate. Ed è questo il vero problema. Ci sono sempre meno giovani adeguatamente formati per quelle che sono le necessità delle aziende. Bisognerebbe puntare di più su una adeguata formazione e sugli Its, istituti tecnici superiori, che rappresentano il percorso post-diploma di secondo grado. Basti pensare che la stragrande maggioranza degli Its hanno il 95% di studenti immediatamente impiegati alla fine dei due anni di formazione.
Ci sarebbe anche da discutere poi sul sistema formativo degli istituti scolastici di secondo grado e delle università del Mezzogiorno. Sarebbe indispensabile connettersi maggiormente con le esigenze e le peculiarità del territorio, evitando inutili percorsi scolastici che spesso poi portano i giovani a dover emigrare perché per gli studi fatti non c’è spazio lavorativo. Se una provincia ha una vocazione agricola è corretto spingere la formazione sull’agroalimentare, se un altro territorio ha un importante polo aerospaziale è giusto che la formazione sia legata a questo, è fuori luogo, come purtroppo spesso accade, immaginare la formazione slegata dalle esigenze territoriali. Ultimo ma non ultimo il tema della burocrazia: la madre di tutte le battaglie! Alcuni passi avanti sono stati fatti, il ministro Salvini con il nuovo codice degli appalti ha dato un bel colpo al sistema che frenava piccole e grandi opere, ma molto c’è ancora da fare. Oggi un imprenditore ha paura di investire non tanto per le risorse, che ci sono e in quantità, ma per l’aspetto burocratico, per le tante autorizzazioni che servono per realizzare un’opera, per un opificio industriale.
Gli italiani sono scoraggiati, gli investitori esteri quando arrivano e chiedono i tempi per ottenere l’autorizzazione scappano via quasi subito. E nemmeno la Zes unica risolve questo problema, anzi senza un’adeguata struttura tecnico-amministrativa alla Coesione Territoriale il rischio vero è che i tempi per le autorizzazioni si allunghino ulteriormente. È necessario arrivare ad ottenere le autorizzazioni, o il diniego, in tempi certi senza i soliti dubbi italiani e del Sud in particolare, un imprenditore deve avere risposta in trenta giorni alla sua richiesta di aprire un’attività commerciale e/o industriale, non si possono attendere mesi perché mancano i pareri della Soprintendenza, dell’Autorità di Bacino, dell’ufficio urbanistica del Comune o di altri enti preposti. Questo non è ammissibile, servirebbe il silenzio-assenso senza pareri vincolanti e obbligatori. Se si riuscisse in questa impresa titanica il Sud svolterebbe perché di imprenditori seri, italiani ed esteri, che vogliono investire nel Mezzogiorno ce ne sono davvero tanti ma la paura e il timore dello scontro con la burocrazia è superiore alla voglia di aprire una fabbrica dove c’è il sole, il mare e si mangia davvero molto bene!
*Portavoce Nazionale Ficei
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