Giancarlo Giorgetti
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Un immediato futuro tutt’altro che roseo per il Sud, secondo l’analisi Svimez, infatti, nel triennio 2025-2027 la legge di bilancio taglia le risorse per investimenti nel Mezzogiorno di 5.3 miliardi di euro
“Complessivamente, nel triennio 2025-2027, le risorse destinate a misure specifiche per il Mezzogiorno dovrebbero ridursi di 5,3 miliardi di euro”. Così la Svimez in una memoria redatta nell’ambito dell’esame del disegno di legge di bilancio per l’anno 2025, presentata alla Commissione Bilancio Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati l’8 novembre.
L’esame che propone l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria del Mezzogiorno, fondata nel 1946 da Pasquale Saraceno, fa giustizia di tutte le diverse informazioni sulle risorse destinate al Mezzogiorno e chiarisce il motivo per il quale le grandi aziende multinazionali preferiscono localizzarsi al Nord ed avere un rapporto diretto con il Governo, che di volta in volta garantisce le condizioni migliori possibili ed anche di poter scegliere la localizzazione preferita.
INVESTIMENTI, LA LEGGE DI BILANCIO TAGLIA AL SUD
Due erano i provvedimenti chiave ai quali le risorse per il Mezzogiorno si destinavano. Il primo si preoccupa di rendere il costo del lavoro più contenuto, visto che bisogna competere con attrattori di investimento dall’esterno dell’area come la Polonia, che hanno un costo del lavoro più basso, per motivi attinenti a un costo della vita più basso che consente salari competitivi. In particolare, l’agevolazione consiste in un esonero parziale dei contributi sociali dovuti dai datori di lavoro, con riferimento ai rapporti di lavoro dipendente sia esistenti che di nuova attivazione, con l’esclusione delle imprese dei settori finanziario e agricolo e dei datori di lavoro domestico.
Per questo era prevista una misura di parziale decontribuzione a favore delle imprese private che operano nel Mezzogiorno (Decontribuzione Sud). Misura prevista dal secondo governo Conte, Ministro per il Mezzogiorno Peppe Provenzano, ed estesa a tutte le imprese private che operano nel Mezzogiorno, in particolare dall’articolo 1 (commi da 161 a 167) della Legge n. 178 del 2020.
IL PROBLEMA SULLA MISURA “DECONTRIBUZIONE SUD”
Avevo già detto allora che una tale misura era improponibile, al di là della probabile non ammissione per lungo periodo, (era prevista fino al 2029), da parte della Commissione Europea, per due motivi: il primo perché non era utile una misura diretta a tutte le imprese private perché consentiva anche a quelle che non reggevano il mercato di continuare ad esistere; il secondo perché da un punto di vista della sostenibilità per il bilancio nazionale sarebbe stato difficile continuare a finanziarla, come peraltro è stato detto in tanti miei articoli pubblicati dal nostro Quotidiano. E che invece la misura doveva essere riservata ad alcune zone particolari, le precedenti otto Zes esistenti, anche modificate per alcuni loro aspetti di fragilità, e all’interno di esse solo alle nuove aziende per un numero di anni già determinato e certo.
Si disse che invece era importante per tutto il Mezzogiorno prevedere una decontribuzione per ripagare le aziende esistenti delle inefficienze del sistema che gravavano su di loro. Affermazione che in linea di principio non può che essere corretta se fosse anche sostenibile. In ogni caso nel modo previsto diventava una misura estremamente populista che poteva portare consenso.
Com’era prevedibile adesso l’art. 72 (comma 1) del DdL di Bilancio 2025 prevede l’abrogazione della misura di parziale decontribuzione a favore delle imprese private che operano nel Mezzogiorno. Ovviamente il venir meno della misura rende meno conveniente la localizzazione delle imprese nel Mezzogiorno, perché a questo punto non si capisce perché non devono andare a localizzarsi nei paesi dell’Est europeo, dove trovano delle condizioni di costo del lavoro più favorevoli. L’agevolazione avrebbe comportato uno “sconto” pari al 30% fino al 31 dicembre 2025, che si sarebbe gradualmente ridotto negli anni successivi (20% per il biennio 2026-2027 e 10% per il 2028-2029).
IL PARERE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
Se la Legge 178/2020 estendeva la durata della Decontribuzione Sud fino al 2029, la sua effettiva applicazione era condizionata a un’apposita autorizzazione della Commissione europea, dal momento che la misura rientrava nell’ambito della disciplina degli Aiuti di Stato. Con la decisione del 25 giugno 2024, la Commissione ha stabilito che la misura può essere applicata fino al 31 dicembre 2024, con riferimento ai contratti di lavoro stipulati entro il 30 giugno 2024. Come era prevedibile.
Il secondo aspetto riguardava altre due misure specificatamente destinate al Mezzogiorno. La prima è la proroga al 2025 del Credito d’imposta nella ZES Unica con riferimento a investimenti realizzati dal 1° gennaio al 15 novembre 2025. Anche tale misura aveva il senso preciso di rendere conveniente la localizzazione di impianti provenienti dall’esterno dell’area nel Mezzogiorno, prevedendo una detassazione degli utili eventualmente prodotti. Anche qui l’estensione a tutto il Mezzogiorno ha fatto sì che l’impegno per il bilancio nazionale sia stato particolarmente rilevante. Per cui l’art. 77 fissa in particolare un limite di spesa pari a 1,6 miliardi per il 2025.
INVESTIMENTI E LEGGE DI BILANCIO CHE TAGLIA AL SUD, I LIMITI DEL RECUPERO TRAMITE LA ZES UNICA
La seconda misura destinata al Mezzogiorno si riferisce all’adeguamento delle risorse necessarie a consentire uno sgravio dei contributi a carico dei datori di lavoro privati operanti nella ZES Unica per le assunzioni effettuate tra settembre 2024 e dicembre 2025. E fa rientrare dalla finestra quello che è stato eliminato prima, ma sempre con risorse sempre più contenute e con una incertezza della proroga delle misure per cui diventano interessanti solo per chi è già localizzato.
Insomma una gran confusione che fa sì che chi deve investire non abbia alcuna certezza e scappi dalla realtà meridionale, mentre la successione di norme, per coloro che già sono localizzati al Sud, fa arricchire soltanto i consulenti che devono guidare le aziende, per cercare di conoscere ed utilizzare le norme, che di volta in volta vengono cambiate, per usufruire dei vantaggi esistenti.
Sembrano dilettanti allo sbaraglio i Governi che si succedono, non si capisce se per incapacità, cosa che non credo o per volontà specifica, per risolvere un problema talmente enorme da prevedere per la sua soluzione la creazione di un saldo occupazionale di 3 milioni di posti di lavoro.
Poi qualcuno ancora ingenuamente si chiede perché il Mezzogiorno rimane indietro e si inalbera magari se alcuni affermano che questa continua ad essere una colonie interna.
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