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Dispersione, variabilità, impossibilità di accumulo: i limiti delle rinnovabili ci impongono di realizzare velocemente nuovi rigassificatori sfruttando le enormi potenzialità del Sud come a Porto Empedocle e Gioia Tauro

È un’inflazione da offerta la nostra, si va ripetendo da mesi negli ambienti degli economisti, differente da quella da domanda degli Usa, su cui ha ragione la Fed a intervenire tenendo tassi alti per raffreddare i consumi. Ma in Europa? Cosa si fa per aumentare l’offerta? Magari si fa finta che sia un’inflazione da domanda e si aumentano i tassi, ma non è proprio la cosa migliore.

In Europa parliamo sempre di transizione energetica, di occasione per abbandonare i fossili, fra cui anche il gas, di opportunità per favorire l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili. Tre giorni fa, il 1° ottobre, in silenzio, l’Olanda ha ufficialmente chiuso, per ragioni ambientali, il più grande giacimento di gas d’Europa, quello di Groninga, un polmone che ha fatto nascere negli anni ’50 l’industria del gas dell’Europa, un cuscino che d’inverno poteva produrre di più per coprire le improvvise impennate di domanda causa freddo.

LA PRODUZIONE DI GAS IN ITALIA È AI LIVELLI DEL 1953

In Italia, il secondo Paese storicamente più importante in Europa per produzione di gas, quest’anno raggiungeremo un nuovo minimo a 2,5 miliardi metri cubi, valore del 1953, nonostante una domanda sempre intorno ai 65 miliardi metri cubi e volumi dalla Russia che l’anno scorso, l’anno della guerra, sono stati 14 miliardi metri cubi. Abbiamo aumentato l’offerta di energia in Europa per contrastare l’inflazione? Poco. In Italia, un po’ per miracolo, abbiamo realizzato un rigassificatore, ma ha problemi sempre di carattere legale e non si riesce a ipotizzarne una nuova destinazione. Più rigassificatori ne ha fatti la Germania, ma anche questi non sono sufficienti e poi di gas liquido nel mondo non ce n’è all’infinito.

C’è andata bene lo scorso anno che la Cina non è riuscita a pagare i nostri prezzi e che ha tanto carbone ancora da consumare, ma dovesse riprendersi la sua economia allora la questione sarebbe ben peggiore. Ma le rinnovabili che dovrebbero salvarci? Fanno il possibile, qualcosa, quello che a loro consente la fisica. L’anno scorso da noi l’eolico non è cresciuto, mentre il fotovoltaico è salito di 3 miliardi di chilowattora, pari a un risparmio di 0,3 miliardi di metri cubi di gas; noi importavamo dalla Russia nel 2021 39 miliardi di metri cubi. Peraltro l’anno scorso è crollato di 13 miliardi kilowattora l’idroelettrico, pari a 2,3 miliardi di metri cubi.

SERVONO NUOVI RIGASSIFICATORI E TERMINALI IN AREE COME GIOIA TAURO E PORTO EMPEDOCLE

Quest’anno le cose stanno andando un po’ meglio, ma a fine anno avremo, se va bene, l’equivalente aggiuntivo di 1 miliardo di metri cubi di gas. Questi sono i limiti delle rinnovabili: dispersione, variabilità, impossibilità di accumulo. È meglio rendersene conto subito e capire bene che di gas non solo ne avremo ancora bisogno, ma che sarà centrale nel sistema elettrico a lungo e determinerà i prezzi delle bollette elettriche di imprese e famiglie. Per questo serve fare più capacità di produzione nel mondo e, se non riusciamo a produrlo da noi, più capacità di importazione. La crisi ci ha insegnato che la regola dell’N-1 non ha funzionato.

Occorre fare capacità in eccesso per compensare i potenziali ammanchi, che siano da Nord o da Sud. Si facciano velocemente altri rigassificatori a nord o terminali a Sud, come Gioia Tauro e Porto Empedocle e si riapra il dossier Galsi, Gasdotto Algeria, Sardegna, Italia, progetto che a qualcuno sembrerà oggi ridicolo, ma che non lo è affatto, se guardiamo al futuro dell’energia in Italia, in Europa e in Africa.


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