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Maurizio Landini

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ROMA – “Parliamo di un settore strategico per il nostro Paese, quello delle telecomunicazioni. Da tempo chiediamo che l’Italia si doti di una rete unica di nuova generazione che sia in grado di connettere il territorio, ma tutto è in grave ritardo. Si pone, davvero, un problema di strategia industriale; si tratta di capire quale ruolo vuole giocare il governo, compreso il ricorso alle prerogative che la legge prevede in caso di acquisizioni da parte di soggetti stranieri di aziende strategiche”.

Così Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, esprime le sue preoccupazioni sull’offerta del fondo di investimento americano Kkr.

“Non conosco qual è il piano del fondo americano. Sono certo, tuttavia, che il governo non può semplicemente subire la logica del mercato ma deve esercitare un’azione di indirizzo funzionale agli interessi industriali ed occupazionali nazionali. E’ da tempo che le organizzazioni sindacali chiedono la costituzione di una rete unica e di un campione nazionale unico e competitivo capace di difendere e qualificare l’occupazione” aggiunge Landini che vuole evitare il rischio di uno spezzatino, con da una parte la rete, dall’altra i servizi, con inevitabili tagli al personale.

“E’ esattamente quello che va scongiurato. Serve una visione d’insieme. La rete è oggi l’infrastruttura tecnologica più importante per il Paese ed è la base sulla quale poggiare la trasformazione del nostro sistema manifatturiero nazionale. Riguarda tutti i settori, ad esempio: automotive, cemento, acciaio, chimica, vetro, carta”.

“Questo è un tema strategico decisivo. La costruzione di una rete nazionale di nuova generazione rappresenta il volano per lo sviluppo industriale digitale. Per questo proponiamo la costituzione di un’Agenzia nazionale per lo sviluppo industriale e di convogliare tutti i fondi per gli investimenti nei vari settori, compresi quelli previsti nella legge di Bilancio, in un unico grande Fondo speciale per la transizione industriale. Due operazioni propedeutiche ad eventuali alleanze e investimenti internazionali. Non possiamo continuare a dire che siamo il secondo Paese manifatturiero europeo e poi non abbiamo una strategia all’altezza, cioè in grado di gestire la transizione digitale ed ambientale”.

“Serve una strategia. Insisto: lo Stato non può essere passivo. E credo che per far ripartire gli investimenti non ci sia solo il Pnrr. Il risparmio italiano vale oltre 1.850 miliardi; altri 2.300 sono rappresentati dal patrimonio finanziario degli italiani. Bene, penso che andrebbe favorito, con tutte le cautele del caso, l’investimento nell’economia reale, nella sanità, nella scuola, nei servizi sociali, attraverso strumenti finanziari garantiti dallo Stato”.

In collaborazione con Italpress


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