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LA FIDUCIA dei consumatori europei inizia a riprendere quota, ma resta ancora su livelli bassi, mentre l’Italia va comunque meglio, e non solamente per quanto riguarda le famiglie, ma anche per le imprese. La stima flash, secondo il sondaggio mensile della direzione generale degli Affari economici e finanziari dell’Unione europea, pubblicata ieri, ha evidenziato a febbraio un incremento dello 0,6% nell’Eurozona e dello 0,4% nell’area dell’Unione europea. Non va dimenticato, comunque, che il sentiment resta comunque negativo a quota -15,5% (da -16,1% del mese di gennaio).
CONSUMATORI IN ITALIA, RISULTATO OLTRE LE ATTESE
Il dato è migliore rispetto alle previsioni, anche se segnato da elementi di preoccupazione. Le due guerre in corso, in Ucraina e in Medio Oriente, incupiscono il clima europeo, con le previsioni della Commissione europea che parlano di una crescita economica inferiore allo scorso anno. Ma la tendenza ribassista dell’inflazione (3% nel 2024 e 2,5% nel 2025) dovrebbe sostenere i salari e dare sprint ai consumi. Un quadro sul quale pesano i conflitti, in particolare quello che si sta svolgendo attualmente in Medio Oriente, che potrebbe accentuare le tensioni commerciali. È di ieri la notizia di un attacco nel canale di Suez di una nave americana battente bandiera greca che trasportava 40mila tonnellate di grano.
Con questo clima sono da mettere in conto nuove fiammate dei listini per quanto riguarda le principali commodity. I prodotti alimentari, sia nell’Unione europea che in Italia, hanno spinto il rialzo dei prezzi e, anche se negli ultimi mesi l’inflazione si è fortemente ridimensionata, per la spesa alimentare i consumatori hanno mantenuto un passo decisamente più sostenuto rispetto agli altri beni. L’ultimo report di Confindustria ha comunque segnalato più luci che ombre. In Italia è particolarmente positivo l’andamento dell’occupazione, che resta in costante crescita. Anche secondo le valutazioni di Via dell’Astronomia l’incognita è però rappresentata dal freno dei flussi commerciali per il calo dei transiti nel Canale di Suez. Per ora, comunque, non si segnalano scossoni per i prodotti energetici.
L’INFLAZIONE E IL NODO AGRICOLTURA IN ITALIA
Anche sul piano dell’inflazione l’Italia mette a segno migliori performance rispetto ai partner Ue, con un lieve incremento a gennaio dello 0,8% a fronte di una crescita più sostenuta in Spagna (+3,5%), una diminuzione in Germania, comunque a +3,1%, e in Francia con +3,4%. Un quadro complessivamente rassicurante per il nostro Paese e che potrà fare un ulteriore balzo grazie alla messa a terra degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che marcia a pieno ritmo. Tutto questo spiega la riconquistata fiducia sia dei consumatori che delle imprese. Per queste ultime, il dato Istat relativo a gennaio (quello di febbraio sarà reso noto il 28) segnalava il valore più elevato da aprile del 2023, con un miglioramento in tutti i comparti economici.
In Italia per i consumatori, gennaio ha rappresentato la conferma di un andamento che prosegue dallo scorso novembre e che ha raggiunto il top da giugno del 2023. E il sentiment è positivo per tutte le variabili, con la sola eccezione che riguarda le possibilità di risparmio. Tradotto in numeri, l’indice di fiducia è cresciuto per i consumatori da 95,8 a 96,4 e per le imprese da 97,3 a 98,1. La prova del nove la darà l’aggiornamento di febbraio dell’indice di fiducia. Così come sarà importante verificare il consolidamento della flessione dell’inflazione con la pubblicazione, oggi, del report Istat sui prezzi al consumo di gennaio. A questo punto, dunque, a condizionare le valutazioni delle famiglie e del sistema produttivo sarà solamente il quadro geopolitico che, come dicevamo, è sempre più compromesso e potrebbe avere un impatto pesante sulle esportazioni, che sono state, in una fase di consumi calanti, il vero motore del nostro Paese. Confindustria ha stimato un miglioramento delle prospettive per quest’anno. Ma l’allungamento delle tratte per la tensione nel Mar Rosso e il conseguente balzo dei noli schizzati a +170% a metà febbraio, con un inevitabile impatto sui listini, potrebbe ribaltare la situazione.
Tutto, dunque, è affidato ai prezzi, che hanno condizionato i consumi erodendo i risparmi dei consumatori in Italia. E che sono al centro anche della pesante contestazione portata avanti dagli agricoltori di tutta Europa sempre più in affanno per i prezzi bassi incassati, mentre al consumo i prodotti alimentari registrano aumenti iperbolici. L’agricoltura è in fiamme non solo in Europa, ma anche in molti Paesi extra Ue. Si tratta, infatti, di uno dei settori, come ha denunciato da tempo la Coldiretti, che ha pagato il conto più salato all’inflazione con un aumento dei costi non recuperato da maggiori remunerazioni. La Commissione europea sta cercando soluzioni per garantire guadagni dignitosi ai produttori agricoli, e tra qualche giorno dovrebbero arrivare le prime risposte dal Consiglio dei ministri dell’Agricoltura Ue in programma il 26 febbraio. A sostenere le ragioni e le richieste dei produttori in piazza scenderà ancora una volta la Coldiretti.
LA MAZZATA DEL CARO-VITA SU CONSUMATORI E IMPRESE
Ed è stato proprio il caro-spesa a impoverire le famiglie e a mettere in crisi le imprese commerciali. Secondo un recente studio della Confcommercio, tra il 2012 e il 2023 in Italia sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio e 24mila attività di commercio ambulante, e nello stesso periodo nel settore alberghiero e dei pubblici esercizi si sono ridotte le realtà produttive italiane (-8,4%) e cresciute quelle straniere (+30.1%). Un allarme è stato lanciato proprio ieri da Fismo, l’associazione delle imprese del settore moda della Confesercenti, sulla progressiva chiusura dei negozi. Lo scorso anno, infatti, per ogni impresa nata, quattro hanno abbassato le saracinesche. E non è arrivata neppure la salutare boccata di ossigeno dai saldi, che quest’anno sono stati una vera e propria débâcle. La stagione climatica e le distorsioni commerciali sottraggono ogni anno alle imprese commerciali minori, secondo i calcoli elaborati da Fismo, 3 miliardi di vendite. Dall’indagine effettuata su un panel di esercizi è emerso che sette su dieci denunciano una flessione delle vendite, con una contrazione media che supera il 21 per cento.
La situazione italiana va dunque trattata con estrema cura, perché ai risultati positivi conseguiti e che hanno restituito un pizzico di sicurezza al nostro Paese si affiancano troppi elementi di incertezza, non solo sul fronte interno ma anche su quello estero. E sarebbe grave perdere quella fiche incassata con il Pnrr che ha già dato una spinta e che ora, con un ulteriore colpo di acceleratore, potrebbe aiutare a compiere il grande salto. Ma è soprattutto importante che i risultati che vengono conseguiti vengano compresi dai cittadini e da tutto il sistema produttivo nazionale. La ripresa dei consumi è certamente legata ai bilanci delle famiglie dei consumatori, ma anche al sentiment che si avverte sul futuro della propria situazione e di quella dell’Italia.
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