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I costruttori dell’Ance sulla Manovra: «Nel triennio 1,9 miliardi di tasse in più» sulla casa, Fdi: «È una fake news», Confedilizia: no alla super-cedolare
L’Ance, l’associazione dei costruttori, non ha dubbi: nella manovra del governo si nasconde una vera e propria stangata sulla casa. E, per far capire che non si tratta di un’opinione ma di fatti concreti, la presidente dell’Associazione del comparto edili, Federica Brancaccio, punta l’indice sulla tabella della legge di bilancio che prevede un incremento dell’imposizione sugli immobili di 1,9 miliardi nel prossimo triennio.
L’allarme viene lanciato nel corso della prima giornata della audizioni sulla legge di Bilancio, al Senato. E la replica di fratelli d’Italia non si fa attendere: «È una fake news», sentenzia il capogruppo Tommaso Foti. Ma l’Ance controreplica con una nota ufficiale. «La quantificazione delle maggiori tasse sul settore casa evidenziate nel corso dell’audizione emergono dalla lettura della relazione tecnica della manovra depositata dal governo in Parlamento».
«Tra le misure che producono maggiore gettito figura principalmente l’innalzamento dall’8% all’11% delle ritenute sui bonifici che i cittadini fanno alle imprese per i lavori sulle proprie abitazioni. Oltre l’aumento della cedolare sugli affitti brevi e l’aumento del prelievo sugli immobili esteri. A queste poi si aggiunge la tassazione sulle plusvalenze connesse alla vendita di immobili oggetto di interventi agevolati con il Superbonus. Come indicato in audizione, l’Ance auspica che le maggiori entrate che deriveranno dall’attuazione di dette misure siano destinate alla riduzione della pressione fiscale sulla casa e servano a finanziare incentivi utili alla rigenerazione urbana delle nostre città».
Sul piede di guerra anche Confedilizia. Il sodalizio si dichiara contraria all’aumento dal 21 al 26% della cedolare secca per affitti brevi a partire dalla seconda abitazione. Il presidente Giorgio Spaziani Testa, spiega: «Se l’intento del Governo è quello di favorire le locazioni di lunga durata, la strada da seguire non è quella delle norme fiscali punitive bensì quella degli incentivi e delle tutele».
Ma non ci sono solo i costruttori e i proprietari di case a non aver digerito la seconda manovra dell’era Meloni. Fra le categorie più critiche ci sono i medici ospedalieri che, per il 5 dicembre prossimo, hanno già proclamato uno sciopero della categoria contro il nuovo sistema di rivalutazione delle pensioni che di fatto comporta un taglio agli assegni dell’Inps. Una norma che, per la verità, il governo sta già pensando di modificare, uniformando le regole a tutti i dipendenti pubblici ma anche spalmando, in questa maniera, i sacrifici richiesti. Un modo, insomma, per addolcire il taglio e venire incontro alle richieste dei camici bianchi.
I sindacati confederali, invece, chiedono al governo di rivedere le norme per l’accesso anticipato al pensionamento, giudicate troppo stringenti. Ma le sfumature fra le tre organizzazioni sono diverse. «Apprezziamo la riduzione della soglia per la pensione di vecchiaia dall’1,5 volte l’assegno sociale. Invece, non sono assolutamente condivisibili i numerosi vincoli introdotti sulla pensione anticipata contributiva. Vincoli che restringono in modo ancora più marcato il numero di coloro che possono accedere a questa prestazione riservandola a situazioni dove le retribuzioni sono molto elevate», argomenta il segretario confederale Cisl Ignazio Ganga. Mentre il leader dell’organizzazione, Luigi Sbarra, continua a ritenere un errore l’ipotesi di uno sciopero generale.
La Uil con la segretaria confederale, Vera Buonomo, parla di «un inasprimento delle condizioni di accesso alla pensione rispetto alla riforme Fornero. Quota 103, opzione donna, ape sociale vengono riproposte con requisiti e penalizzazioni ancora più stringenti». Per la Cgil, «questa manovra, all’insegna del ritorno all’austerità, non dà risposta all’emergenza salariale in atto», incalza il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari.
L’Abi invece, nel corso dell’audizione al Senato, ha richiamato l’attenzione sulla sostenibilità dei conti. Per il entità del debito pubblico. La manovra è finanziata in deficit per 15,7 miliardi. Il direttore generale Giovanni Sabatini, sottolinea: «Occorre porre un tetto al debito pubblico italiano. Non può crescere in cifra assoluta all’infinito e che sottrae risorse alle iniziative sociali pubbliche e penalizza la competitività internazionale delle imprese».
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