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LA GUERRA sul web è in corso, parallela a quella combattuta sui campi di battaglia ucraini, senza alcuno spargimento di sangue ma con la diretta conseguenza di completare il processo di isolamento della Russia dal resto del mondo. A portarla avanti non c’è solo Anonymous ma anche i colossi tecnologici occidentali, decisi a tagliare fuori i media più vicini a Mosca, accusati di sostenere la propaganda putiniana.
L’ultimo ad agire in ordine di tempo è stato Google europe che ieri ha annunciato il blocco dei canali Youtube di Sputnik e Rt. «A causa della guerra in corso in Ucraina – si legge in una nota della costola europea del gigante di Mountain View – stiamo bloccando i canali Youtube collegati a Rt e Sputnik in tutta Europa, con effetto immediato. Ci vorrà del tempo prima che i nostri sistemi si attivino completamente. I nostri team continuano a monitorare la situazione 24 ore su 24 per agire rapidamente».
La mossa segue una simile messa in campo da Meta, la società madre di Facebook, che ha bloccato l’accesso ai due media in tutta l’Unione europea, ciò significa che le pagine non sono visibili in Ue su Facebook e Instagram.
Ne ha parlato, negli scorsi giorni, il vicepresidente degli affari globali di Meta, Nick Clegg, in un post su Twitter nel quale ha riferito delle numerose richieste giunte da diversi governi europei e dalla stessa Ue che sollevavano la necessità di un intervento per limitare l’attività dei media statali russi sulle diverse piattaforme controllate dalla multinazionale.
La stessa Bruxelles, domenica scorsa, ha vietato tanto a Sputnik quanto a Rt di trasmettere all’interno del network europeo. Un vero e proprio redde rationem dopo anni i polemiche e sospetti sulla presunta regia di Mosca dietro la veicolazione di fake news capaci di influire sui processi democratici occidentali, favorendo l’ascesa dei movimenti populisti, euroscettici e nazionalisti con l’obiettivo di destabilizzare il quadro politico europeo. Accuse che la Federazione ha sempre rispedito al mittente, bollandole come parte della propaganda anti-russa. Mosca, in ogni caso, non è stata da meno, annunciando la sospensione di alcune funzioni di Facebook sul proprio territorio, accusando la compagnia di Mark Zuckerberg di censurare proprio i media statali. Il Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa (Roskomnadzor) ha quindi chiesto a Meta di rimuovere ogni restrizione, compreso il controllo sulla veridicità dei contenuti, sugli organi statali di informazione russi.
La società americana, secondo lo stesso organismo, non avrebbe fornito alcuna risposta. Non solo: Meta – secondo Mosca – avrebbe censurato i media russi ben ventitré volte dall’ottobre. Da lì la decisione di rallentare il traffico di Facebook all’interno della federazione.
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