Comunità cinese distribuisce gratuitamente un pacco da 10 mascherine ai milanesi
3 minuti per la letturaLa maschera e il volto. Sembra di essere al Carnevale di Venezia, se non fosse per l’atmosfera plumbea del Coronavirus nelle giornate che cominciano ad essere illuminate dalla primavera.
Ci sono, in questi giorni, facce coperte da strascichi di flanella, ammantate nel cotone sterilizzato, carezzate da mille tessuti: sono le facce dei lumbard che sbattono ogni giorno contro la loro clausura e i numeri funebri del Covid19.
In Lombardia, fino al 13 aprile, è diventato d’obbligo uscire da casa coprendosi il naso e la bocca, con mascherine di varia foggia.
A Milano, col tipico rigore autoctono, hanno digerito l’ordinanza quasi ancora prima che entrasse in vigore; e nel centro semideserto, quei passanti che non indossano la mascherina si proteggono con foulard, sciarpette e pashmine elaborate, «Piuttosto che niente, meglio piuttosto», afferma in un intervento a Radio Padania il governatore Attilio Fontana .
L’ordinanza di Fontana in Regione – spiegano da Palazzo Lombardia – introduce l’obbligo per chi esce dalla propria abitazione «di proteggere sé stessi e gli altri coprendosi naso e bocca con mascherine o anche attraverso semplici foulard e sciarpe. Gli esercizi commerciali al dettaglio già autorizzati (di alimentari e di prima necessità) hanno l’obbligo di fornire i propri clienti di guanti monouso e soluzioni idroalcoliche per l’igiene delle mani».
E fin qui recita il crudo linguaggio burocratico. Ma la vera novità è la mascherina per legge. Viene stravolto, dunque, quel principio giuridico recitato dall’art.85 dal Testo Unico sulle leggi di Pubblica Sicurezza, che obbliga ogni cittadino a mostrare sempre il volto in pubblico. Ora il volto, invece, lo si copre.
Certo, il sindaco di Milano Beppe Sala fa notare quanto – curiosa mente, ancora una volta, tutte le volte- emerga lo stridente contrasto tra l’ordinanza regionale e il sentiment delle Protezione Civile nazionale che nella figura del Capo, Angelo Borrelli, afferma: «io non la metterò e terrò le distanze». I due – Fontana e Borrelli- ormai non vanno d’accordo su nulla. E i cittadini vengono assaltati da nuovi dubbi etici.
E, non se ne sentiva onestamente il bisogno. Epperò, ora noi lombardi tignosi nella voglia d’informarci sulla nostra salute, nel penetrare puntigliosamente lo scibile sanitario, sulle mascherine sappiamo oramai già tutto. Per esempio, che ne esistono di tipi infiniti. In queste ore è virale sui social il video di chirurgo, Alessandro Gasbarrini che aumenta la nostra cultura.
Ci sono, in sostanza, tre tipi di mascherine: quelle “altruiste”, ovvero le classiche chirurgiche usa e getta (per intendersi quelle più facili da trovare anche in farmacia), che proteggono gli altri dalle nostre goccioline di saliva eventualmente infette, ma che non bloccano quelle infette di qualcun altro. Ci sono poi le mascherine “egoiste”, ovvero le filtranti facciali Ffp2 e Ffp3 con valvola (quelle che vediamo indossate dai medici e dagli operatori sanitari), che proteggono chi le indossa da chi è contagiato e invece non indossa la mascherina. Infine, le mascherine “intelligenti”, ovvero quelle fra le Ffp che non hanno la valvola e che sono in grado di bloccare il virus sia in entrata che in uscita. Dalla Regione ci dicono che ne verranno distribuite, molte a gratis, nel numero – record di 3,3 milioni, tra farmacie, alimentari, tabaccai, supermercati, uffici postali e perfino banche. Sarà. Io intanto, per trovare una decina di mascherine quasi di contrabbando in una farmacia sperduta a Corbetta, ameno paesino del sud-Hinterland, ho attraversato ben 4 Comuni, valli, ponti e fiumi come in un romanzo di Mario Soldati.
L’ho fatto violando altrettante ordinanze. Non ero tra quelle 12.513 persone fermate e controllate dalla polizia né tra le 339 sanzionate; ma il fatto che, in concomitanza, all’annuncio dell’apertura del mercato delle Ffp, Ffp2 e Ffp3 con valvola, la gente stia spingendo per uscire di casa, be’, è un inquietante coincidenza…
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