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Risorse idriche, sanità, edilizia scolastica, trasporti pubblici: ecco il lungo elenco di ciò che non funziona; i ritardi delle pubbliche amministrazioni


Siamo diventati il “Paese delle emergenze; emergenza nell’assenza di risorse idriche, emergenza nel comparto della sanità, emergenza nel comparto dell’edilizia scolastica, emergenza nel comparto del trasporto pubblico locale, ecc. Di queste emergenze poi esiste anche una specie di ritmo delle priorità; in questo momento, ad esempio, riveste un posto dominante la emergenza idrica.

Ad esempio la siccità in Sicilia approda addirittura sul New York Times: “Dopo aver perso i raccolti a causa della mancanza d’acqua, l’isola teme ora di perdere anche i turisti”, titola il quotidiano americano notando che parte dell’Italia meridionale è messa alla prova da una delle peggiori siccità degli ultimi decenni. Un articolo che non è passato inosservato, anche tra alcuni esponenti della politica italiana. “Siamo costretti a sacrificare i danni all’agricoltura, ma dobbiamo cercare di non far danni al turismo perché si peggiorerebbero ulteriormente le cose”, ha detto Salvatore Cocina, capo della protezione civile dell’isola, osservando che la stragrande maggioranza dell’acqua disponibile in Sicilia finisce ad uso agricolo. “Le prenotazioni sono calate significativamente dopo la pubblicazione di queste notizie, provocando un intervento della Regione per salvare la stagione turistica”.

A questo risponde invece il capogruppo di Azione Matteo Richetti che in una nota ribadisce: “Dovevamo fare un PNRR pieno di investimenti in questo senso. Abbiamo fatto un po’ di inutile spesa corrente zeppa di consulenze e interventi immateriali. Si continua a scherzare con un fenomeno che produce una vera e propria catastrofe”.
Poi c’è la emergenza nel trasporto pubblico locale; in questo caso, a differenza della crisi legata all’assenza di risorse idriche, la emergenza possiamo ritenerla costante e sono sufficienti pochi dati per misurarne la gravità: il costo da congestionamento nelle grandi aree metropolitane ha superato soglie inimmaginabili: nel 2023 a Roma secondo stime varie il valore ha superato circa 1.600 milioni di euro.

Ma questa emergenza dura da diversi anni ed ha raggiunto soglie davvero gravi proprio negli ultimi dieci anni; ricordo infatti che con la Legge Obiettivo dal 2001 al 2014 si era riusciti a realizzare oltre 220 chilometri di reti metropolitane passando così da una soglia di 57 chilometri del 1999 a circa 270 chilometri alla fine del 2015. Non affrontiamo poi lo stato del nostro parco autobus (il dato medio della loro anzianità è di 12 anni mentre quello comunitario ci impone una soglia di 7 anni). Potrei continuare ad elencare i livelli di emergenza in cui vivono le varie imprese che assicurano la mobilità nelle nostre realtà urbane e nei servizi pendolari, ma mi convinco sempre più che non sia solo la limitatezza delle risorse del Fondo;

a detta di tutte le varie Aziende occorrerebbe una immediata erogazione di circa 1,6 miliardi di euro e, per assurdo, anche se si trovassero tali risorse già nell’assestamento di bilancio, a mio avviso, non cambierebbe nulla nell’assurdo sistema che da tanti anni cerchiamo di affrontare, cerchiamo di risolvere ma che rimane, purtroppo, sempre tutto nell’ambito delle buone intenzioni o in quello degli ordini del giorno del Parlamento. Aggiungo che a questa emergenza se ne aggiunge un’altra: qualora nel rispetto della ultima Legge sull’autonomia differenziata si dovesse attuare una omogeneità dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) tra Sud e Centro Nord scopriremmo che la quota annuale dello Stato per il ripiano del disavanzo delle aziende di traporto pari a circa 5 miliardi di euro l’anno, passerebbe per almeno un decennio, ad una soglia superiore a 10 miliardi di euro l’anno.

Poi c’è l’emergenza nel comparto dell’edilizia scolastica in cui annualmente registriamo la impossibilità di utilizzo di stabili ormai non più adatti per motivi strutturali o per motivi igienico – ambientali a garantire attività didattiche. Altra emergenza è quella del settore sanitario in cui scopriamo, in modo sistematico, impianti ospedalieri caratterizzati da livelli di eccellenza ed impianti obsoleti privi di manutenzione e ormai non adatti a fornire servizi accettabili.

Mi fermo qui ma penso emerga, in modo incontestabile, una peculiare caratteristica del nostro Paese quella di essere: il Paese dell’emergenze. Il Presidente del Consiglio di Stato Giuseppe Potenza (tra l’altro il suo libro “Manuale di Diritto Amministrativo scritto insieme a Guido Landi è a tutti gli effetti una pietra miliare nel non facile comparto del diritto amministrativo) molti anni fa diceva: “quando un Paese è carico di emergenze la responsabilità non è del Governo, non è del Parlamento, non è mai della classe politica, ma solo della Pubblica Amministrazione”.

E, a mio avviso, le varie riforme della Pubblica Amministrazione, senza dubbio utili e necessarie, non sono sufficienti per modificare o, addirittura, per garantire un adeguato livello di efficienza di ciò che chiamiamo “apparato della Pubblica Amministrazione”. Occorre, quindi, educare coloro che consentono la funzionalità della macchina dello Stato e, soprattutto, è necessario dare concreta attuazione a due distinti riferimenti chiave: 1- la coscienza dello Stato; 2- la capacità e la convinta attitudine a “fare”.
Sulla coscienza dello Stato conta molto il lievito presente nella stessa Pubblica Amministrazione, lievito fornito da coloro che sono da molti anni all’interno della stessa Pubblica Amministrazione, mentre sulla capacità e sulla volontà del “fare” siamo molto lontani da un codice comportamentale difendibile.

Produciamo, infatti, Leggi, produciamo Programmi e poi ci blocchiamo al primo atto concreto di attuazione dei provvedimenti, cioè spesso un “Decreto attuativo” di una precisa volontà parlamentare rimane fermo per mesi o per anni. Una volta disponibile il Decreto attuativo ci fermiamo nella fase legata al varo della gara di appalto e della successiva aggiudicazione. Una volta aggiudicata l’opera e aperti i cantieri quasi sistematicamente assistiamo a contenzioni prodotti da imprese concorrenti o a richieste di variante da parte del soggetto vincente.
Queste assurde e spesso indifendibili motivazioni ci portano alla triste stasi della macchina dello Stato, ci portano alla esplosione delle emergenze che tutte, dico tutte, trovano come conclusione finale: “la incapacità della spesa”.
Forse il prossimo triennio, quello che porterà alla fine dell’attuale Legislatura, dovrebbe essere utilizzato dall’attuale Governo per il superamento delle “emergenze” e sarebbe opportuno che si aprisse subito un confronto tra Amministrazioni centrali e Amministrazioni locali per costruire insieme possibili itinerari capaci di ridare concreta efficienza alla macchina dello Stato. Un confronto addirittura sistematico attraverso il quale scoprire non solo le cause di queste anomale emergenze ma anche costruire nuovi modelli procedurali per rendere possibile la attivazione della spesa.


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