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Le forze politiche che si sono mosse per la attuazione dell’autonomia differenziata cominciano a riorganizzarsi e torna il partito unico del nord
Dopo la sentenza della Corte, che ha dichiarato parzialmente incostituzionale la legge Calderoli, e dopo la pronunzia della Cassazione, che ha ammesso il referendum di abrogazione totale della legge, le forze che si sono mosse per la attuazione del regionalismo differenziato cominciano a riorganizzarsi.
Questi due atti sono stati certamente un duro colpo per lo schieramento a favore della autonomia differenziata, ma, dopo il barcollamento iniziale, le contromosse cominciano a delinearsi, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale che – entro il 20 gennaio prossimo – dovrà pronunciarsi in via definitiva sulla ammissibilità del referendum popolare.
AUTONOMIA DIFFERENZIATA: FRONTE LEGHISTA COMPATTO, NASCE IL PARTITO DEL NORD
In prima approssimazione, ha prevalso l’approccio distopico e lunare. In questa specialità non poteva non eccellere Roberto Calderoli: “La sentenza della Corte Costituzionale sulla Legge 86/2024 conferma che la strada intrapresa dal Governo e dal Parlamento per l’attuazione dell’autonomia differenziata è giusta”. Incredibile. Equivale al commento di un allenatore di una squadra di calcio che ha perso sul campo in modo netto, e si lascia andare a commenti entusiasti sul risultato e sulla prestazione durante la conferenza stampa.
ROBERTO CALDEROLI
Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli ha poi aggiunto: “La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di specifiche disposizioni della legge con una sentenza additiva, che integra direttamente il contenuto della legge e non richiede ulteriori interventi se non per la parte relativa ai Lep. Per quanto riguarda i Lep e relativi costi e fabbisogni standard, infatti, siamo al lavoro per una soluzione da condividere in Parlamento. … Sono grato alla Corte di avere sottolineato ancora che l’autonomia differenziata costituisce uno strumento che premia l’efficienza delle amministrazioni, non produce divari territoriali e penalizza l’inefficienza” ha concluso Calderoli.
Sui LEP, con il decreto mille proroghe di qualche giorno fa, il Governo ha immediatamente provveduto ad incamminarsi su una strada estranea al dettato della sentenza della Corte Costituzionale, intendendo incamerare il lavoro della Commissione Cassese anche successivamente alla approvazione della legge 86/2024, in pinea violazione con le indicazioni della Corte, al punto che il costituzionalista Francesco Pallante ha dichiarato a questo giornale che una regione potrebbe impugnare questa norma con la certezza di immediata dichiarazione di incostituzionalità.
LUCA ZAIA
Non appena la Cassazione ha dichiarato ammissibile per sua parte il referendum abrogativo, in campo è sceso Luca Zaia. Il presidente della Regione Veneto ha affermato che “il referendum è un istituto di democrazia, ma adesso vedremo cosa dirà la Corte Costituzionale, a cui spetta l’ultima espressione, perché il percorso non è finito, quindi cercheremo di capire alla fine se sarà referendum oppure no: al momento non lo è. Staremo a vedere, poi se sarà autorizzato sarà problema di chi presenta il referendum trovare chi andrà a votare. Ad ora la legge è in vigore, il tavolo di trattative va avanti così come il lavoro di back office”.
Le indicazioni di Zaia sono chiare; si prosegue ad oltranza, e se si andasse al referendum, sarà la sinistra a dover trovare i voti. I leghisti andranno al mare o in montagna, come fece a suo tempo, con risultati catastrofici, Bettino Craxi col referendum sulla preferenza unica.
Prosegue Luca Zaia: “Porteremo avanti comunque le istanze dell’Autonomia, perché è l’unico modo per dare un futuro autentico al Veneto e all’intero paese. Le notizie che ci sono giunte questa mattina dalla Cassazione non bloccheranno il nostro cammino: dai giovani alle categorie economiche, tutti credono che un Paese federalista e basato sulla responsabilità dei singoli territori sia l’unico in cui vivere, lavorare e poter incidere nella società”.
SONIA BRESCIAN
Così invece si è espressa Sonia Brescacin, esponente della Lega – Liga Veneta, presidente della V Commissione regionale: “E’ forse un caso che i nostri giovani scelgano Paesi caratterizzati da un assetto istituzionale autonomista, quando decidono di andare a vivere all’estero? Le mete da loro più desiderate sono infatti la Germania, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti: in questi Stati, guidati da un governo nazionale forte ma con una forte attenzione alle particolarità locali, trovano i presupposti per realizzare le proprie aspirazioni.
E che dire del nostro mondo produttivo, a partire dai piccoli e medi imprenditori? Da sempre sono convinti, come la Lega, che Autonomia significhi responsabilità e gestione diretta di molti àmbiti; che responsabilità si traduca quindi in efficienza e meno sprechi; meno sprechi, a sua volta, in più competitività. Mentre attendiamo il verdetto definitivo della Consulta, e sulla scia di quanto ribadito ancora una volta dal nostro presidente Luca Zaia, diciamo: avanti tutta con l’Autonomia differenziata. Anche perché non esistono alternative, piaccia o meno” ha concluso Brescacin.
AUTONOMIA DIFFERENZIATA, MICHELE DE PASCALE ALLEATO DEL PARTITO DEL NORD?
Insomma, il fronte leghista si sta compattando nonostante le batoste provenienti dagli organi di garanzia costituzionale, per procedere comunque sul sentiero da loro tracciato almeno quattro decenni fa, senza esitazioni o compromessi. Non sono però soli. Trovano nuovamente, come era accaduto nel passato, compagni di strada, che, pur non pienamente allineati con l’estremismo differenziato della Lega, si stanno riposizionando per salvaguardare l’orizzonte dell’autonomismo.
Il neo presidente della Regione Emilia Romagna, Michele De Pascale, ospite qualche giorno fa della festa di Atreju, ha sostenuto che “l’autonomia differenziata è un tema che hanno trattato tutti i governi che si sono succeduti. Siamo al punto dove questa riforma al Sud viene vista come qualcosa che non funziona, e questo è un tema di cui ci dobbiamo occupare tutti. Questa riforma si sta scontrando con una serie di problemi: ma su un tema come questo dobbiamo andare a un referendum lancinante? Non possiamo fermarci un secondo e dire che quello che bisogna fare è un tagliando al Titolo quinto?”.
Cosa avrà voluto dire il neo Presidente della Regione, con l’espressione lancinante riferita al referendum sarebbe utile comprendere meglio. Lancinante per l’unità nazionale è stata giudicata piuttosto la legge sulla autonomia differenziata, e questo giudizio è stato espresso non da pericolosi sovversivi ma dalla Corte costituzionale.
Il giorno dopo lo stesso De Pascale ha sostenuto che l’Autonomia leghista è un piano B alla secessione “La Lega ha una posizione storica, che secondo me è sbagliata. Il modello autonomistico della Lega, lo dico da un’altra cultura dell’autonomia che è quella della sinistra dell’Emilia-Romagna, è un modello sbagliato, perché è un modello egoista: è una sorta di piano B alla secessione. La nostra è un’altra autonomia, quella della cultura del Risorgimento: noi l’abbiamo fatta l’Italia e la difendiamo”.
NEL PD
Ma cosa si nasconde dietro il pendolo delle dichiarazioni apparentemente incomprensibili del nuovo Presidente della Regione Emilia Romagna ? All’interno del Partito Democratico non si è per niente sopita la posizione capeggiata storicamente da Stefano Bonaccini, ora europarlamentare ed ancora Presidente del PD, che, riunendo la corrente riformista del PD, Energia Popolare, ha dichiarato che è necessario rilanciare una via dem alla autonomia.
Questo autonomismo “dolce” aveva comunque condotto alla stipula della pre-intesa tra Emilia Romagna e Governo nazionale, in coincidenza con atti sostanzialmente analoghi, ma più pervasivi, stipulati da Lombardia e Veneto. La via dolce alla autonomia differenziata resta dunque ancora salda dentro una parte del Partito Democratico, e non è stata evidentemente superata dalle posizioni di Elly Schlein, schierata rigorosamente sinora contro un disegno considerato destabilizzante per l’architettura costituzionale del Paese, come peraltro ribadito dalla Corte nella sua recente sentenza 192/2024, nella quale resta cardine l’unità nazionale definita con rigore dall’articolo 5 della nostra Costituzione.
Insomma, torna a delinearsi un articolato partito del Nord, non casualmente federale e molto composito negli obiettivi, ma sostanzialmente unito nell’affermare un maggiore potere gestionale alle Regioni forti sui territori, contro lo spirito della Costituzione che affidava a questa istituzione essenzialmente compiti di programmazione. Forse è proprio da questo punto di vista che ha ragione il Presidente Michele De Pascale: c’è davvero necessità di fare un tagliando alla riforma del Titolo V, sicuramente sbilenca rispetto agli assetti istituzionali definiti nella nostra Carta fondamentale. Altro che autonomia, differenziata o meno.
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