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Romano Prodi e Roberto Napoletano al Feuromed

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La Cina sta sostituendo l’Europa, reagire e creare una strategia comune è vitale; Prodi al Feuromed lancia l’idea: l’università del Mediterraneo


«Qui c’è il leggio ma non c’è dove appoggiare i fogli» scherza Romano Prodi, quando esordisce a Napoli come ospite di lusso della seconda giornata di Feuromed 2024. È stato presidente del Consiglio, a capo della commissione Ue, fondatore dell’Ulivo. Insomma, un protagonista degli ultimi 30 anni della storia del Paese e dell’Europa.
Sollecitato dal direttore del Quotidiano del Sud/L’Altra voce dell’Italia, Roberto Napoletano, Romano Prodi interviene sul ruolo del Mediterraneo e del Mezzogiorno in una fase di radicale cambiamento dello scacchiere internazionale.

Prima di tutto, però, il Professore vuole dire la sua sulla difesa comune europea, visto che se ne è parlato nello stesso consesso assieme a Roberto Cingolani. L’appello di Prodi suona più o meno in questi termini: la Francia deve decidere cosa fare.
«Com’è possibile la difesa europea adesso che il bilancio di gran lunga più grande per la difesa europea viene dalla Germania, mentre l’arma nucleare e il diritto di veto sono della Francia? Perché non dobbiamo usare il buonsenso? O la Francia si decide a mettere questo al servizio dell’Europa, che è anche la salvezza della Francia, dati i problemi che ha in Africa, oppure si dica su cosa sono i finanziamenti e per fare cosa. Ma come si fa a coordinare in una situazione di questo tipo? Il problema è semplicemente politico. Scusate se ho messo i piedi nel dibattito precedente».

Fatta questa premessa, l’ex premier entra nel vivo del dibattito, iniziando a parlare del Mediterraneo che è cambiato ed è finalmente al centro dell’attenzione europea, ma sottolinea che la presenza italiana è scarsa e carente e deve essere recuperata.
«Il Mediterraneo ha quasi 800 milioni di persone e ha una importanza economica colossale. Un mare attraversato da 150mila navi all’anno con 87 importantissimi porti. Eppure, il commercio intra-mediterraneo è molto scarso, così come le esportazioni europee nel sud del Mediterraneo. Oltretutto i rapporti diretti, personali, umani, sono diminuiti. C’era più convivenza sotto l’impero ottomano che oggi».

Prodi ricorda che «nell’ultimo ventennio i passi indietro sono stati impressionanti». È come se ci fosse stata un’involuzione figlia dei nuovi equilibri geopolitici mondiali.
«Partecipando ai funerali di Assad padre si percepiva un legame tra la Siria e la Francia impressionante, quasi sacro. La stessa cosa era in Libano. Oggi comandano la Russia e la Turchia noi ci siamo suicidati. Non parliamo della Libia, dove abbiamo avuto questa incredibile guerra, con Francia e Gran Bretagna che hanno attaccato e l’Italia che si è aggregata, facendo una guerra contro se stessa, unico caso mondiale di un Paese che fa la guerra a se stesso. In questa confusione comandano la Russia e la Turchia. La Russia che ha l’80% del Pil italiano e la Turchia, che ha l’80% del Pil spagnolo, e non c’entrano niente con quest’area del Mediterraneo».

Tutto questo è il risultato di «una incapacità politica di affrontare i problemi, chiaro che poi arriva il castigo di Dio. Perché se non si affrontano i problemi non si può avere alcun progresso».
Si arriva all’oggi, dunque. «Noi ci troviamo in una situazione – dice il professore – in cui cerchiamo in qualche modo di nuotare contro corrente con i pattugliamenti, con i contratti siglati con i vari Paesi perché con qualche soldo limitino le migrazioni, senza alcuna visione di lungo periodo».
Ecco, secondo l’ex premier l’incapacità di visione politica nell’affrontare i problemi ha concesso ad altre potenze lo spazio per inserirsi nell’area, vedi la Cina.

«La politica cinese ha stabilito tutte le premesse per sostituire l’Europa in questi rapporti. Rimaniamo i maggior donatori, ma dal punto di vista degli investimenti siamo passo passo sostituiti dalla strategia mediterranea della Cina che conquista pezzi di porti in Grecia ed Egitto».
In sintesi, «la Cina ha una strategia sul Mediterraneo» che parte da investimenti importanti come i porti in Egitto: «I cinesi si sono presi un pezzo del Pireo, un pezzo del porto egiziano».

Ed è anche per tutte queste ragioni che in tempi non sospetti – correva l’anno 2002 – Prodi propose l’Università del Mediterraneo. Un progetto che non venne accolto da un’esultanza trasversale in sede europea: «Svedesi, inglesi e altri dissero che i soldi messi nel Mediterraneo erano soldi buttati via». Oggi Prodi rilancia questo progetto che è di «una semplicità estrema», composto da 30 università con doppia sede. «Per dire: una dovrà essere a Napoli e l’altra a Tripoli, una a Barcellona e l’altra ad Arabat». Costo dell’operazione: per due terzi della Commissione europea, la restante distribuita così: «Due terzi a un Paese del Nord – come l’Italia – e un terzo a un Paese del Sud».

L’idea prodiana prevede due campus, uno al Nord e l’altro al sud, un ugual numero di docenti distribuito tra le varie sedi e, ovviamente, tutte le principali facoltà: da chimica a fisica, da matematica a medicina, da agraria a economia.
Prodi dice che l’obiettivo non è certo quello di far nascere un polo universitario sul modello di Oxford o di Cambridge. Piuttosto l’obiettivo è di «formare ragazzi che siano capaci». In questo modo «il Mediterraneo cambierà sicuro» perché si avranno centinaia di migliaia di ragazzi che frequenteranno queste scuole. Tutto questo «aiuterebbe molto l’economia perché, diciamola tutta, oggi il problema del Mezzogiorno è che è fuori da ogni giro».

A questo si dovrebbero aggiungere «due grandi centri di ricerca di livello mondiale» perché «bisogna primeggiare per essere attrattivi nel mondo».
La ricetta prodiana viene accolta positivamente dalla platea di Feuromed: tutti annuiscono perché l’intervento del professore ed ex presidente della Commissione europea appare visionario, visto che era stata proposto 22 anni fa, quando ancora il fenomeno della migrazione non aveva la portata odierna e, soprattutto, non erano in corso due guerre ai piedi dell’Europa.
Prodi conclude poi con una battuta: «Ecco, così i ragazzi ritornano ma bisognerebbe anche aumentargli gli stipendi…».


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