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MACERATA – Omicidio volontario e rapina. Sono queste le accuse per Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo trentaduenne di origini campane che venerdì pomeriggio, ha aggredito e ucciso il nigeriano Alika Ogorchukwu, trentanove anni, in corso Umberto I, nel centro di Civitanova Marche.
L’uomo è stato arrestato in flagranza di reato. Lo ha riferito la polizia nella conferenza stampa, svoltasi ieri mattina, nel commissariato della cittadina marchigiana. «Ciò che è emerso dagli approfondimenti – ha dichiarato il dirigente della Squadra Mobile di Macerata, Matteo Luconi, intervistato da SkyTg24 – è che l’aggressione sia stata scatenata da un comportamento insistente della vittima nel chiedere l’elemosina. L’uomo ha tentato di allontanarsi, ma è stato raggiunto dall’aggressore e ne è nata una colluttazione».
Smentita così la tesi iniziale, sul fatto che, all’origine della tragedia, ci fosse stato un apprezzamento sgradito alla fidanzata dell’autore del delitto. Stando alla ricostruzione della Squadra Mobile di Macerata, «Alika è stato seguito dall’aggressore, che lo ha colpito prima con la stampella, appartenente al trentanovenne, facendolo cadere a terra e poi a mani nude fino alla morte». Le indagini sono partite dall’ascolto dei testimoni della brutale aggressione e con la visione delle immagini delle telecamere di sorveglianza del Comune, presenti in zona.
«Tutto sembra essere nato da una lite per futili motivi, con una reazione abnorme da parte dell’aggressore nei confronti della vittima che gli stava chiedendo l’elemosina», sottolinea la polizia, che esclude dunque anche motivi legati all’odio razziale. «Purtroppo i sanitari del 118 che sono intervenuti immediatamente – spiegano ancora gli inquirenti -, non hanno potuto salvare la vita della persona, che in quel momento giaceva riversa a terra».
Tanti i messaggi di cordoglio arrivati alla famiglia, alla moglie Charity Oriaky che, in segno di protesta, oggi (ieri, ndr) si è stesa in strada e in lacrime ha urlato più volte «voglio giustizia». «Credo che sia probabile che ci sia una componente razziale in questo omicidio per quelle che sono state le modalità dell’aggressione. L’aggressore ha sprigionato un odio e una violenza che non può trovare spiegazione se non in una spinta interiore, magari covata da tempo», ha detto a Radio Capital l’avvocato Francesco Mantella, legale della famiglia. Ad abbracciare la vedova, ieri, anche il sindaco di Civitanova, Fabrizio Ciarapica. «Questo inaccettabile episodio ci invita tutti a non abbassare mai la guardia contro ogni forma di violenza – ha detto il sindaco -. Siamo vicini alla famiglia della vittima e continueremo a fare tutto quello che è in nostro potere per combattere la violenza e per favorire la pacifica convivenza e la tolleranza».
L’uomo avrebbe raccontato di avere problemi psichiatrici all’avvocato d’ufficio, Roberta Bizzarri: “Sono invalido civile al 100 per cento, ho problemi psichiatrici, mia madre Ursula ha tutti i documenti del Tribunale di Salerno, se li faccia mandare, mi hanno giudicato bipolare e border-line…”.
L’avvocatessa Bizzarri ha già fatto sapere che presto potrebbe chiedere per il suo assistito una perizia psichiatrica.
Intanto, la Comunità di Sant’Egidio «si stringe attorno alla moglie e a tutta la famiglia di Alika, ucciso barbaramente mentre svolgeva il suo lavoro di ambulante». In una nota fa sapere: «Le circostanze di questo assassinio ci fanno rabbrividire. La vittima, disabile da quando, nel febbraio del 2021, era stato vittima di un incidente stradale, è stato ucciso per i colpi della stampella che utilizzava per sostenersi. Un episodio accaduto alle 14.30 in una strada normalmente affollata di gente, nel pieno centro di Civitanova Marche. C’è chi ha anche filmato ciò che accadeva, qualcuno ha urlato contro l’aggressore, nessuno è intervenuto. È finita in questo modo la vita di un nigeriano con regolare permesso di soggiorno, sposato, con un figlio di 8 anni che frequenta la scuola, che ogni giorno faceva 50 chilometri per andare nella città dove poteva ricevere qualcosa in cambio della povera merce che vendeva».
«C’è chi ha sottolineato che l’aggressore, in stato di fermo, pur residente nelle Marche, è originario del Sud Italia, precisazione che non può essere fraintesa: qui non si tratta di dare la colpa alle origini di chiunque sia, si tratta di condannare con la massima fermezza un atto che è indice di disumanità», prosegue Sant’Egidio.
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