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Macerie a Tel Aviv dopo gli attacchi di Hamas

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DIETRO i razzi di Hamas e dei sodali iraniani con carneficina di civili sgozzati e ostaggi presi sul campo, c’è anche una volontà di impedire che l’Arabia Saudita faccia un accordo con l’Israele di Netanyahu. Questo focolaio storico di tensioni del Medio Oriente diventa focolaio reale di guerra dentro il nuovo conflitto mondiale di civiltà tra autocrazie e modello democratico, tra i Sud e i Nord del mondo, troppo a lungo sottovalutato. Lo scenario è quello dell’Iran che sta con Hamas e egiziani e turchi che si muovono con le consuete ambiguità. Che, in ogni caso, tutti insieme vedono di traverso l’Arabia Saudita senza doverci mai dimenticare noi europei che cinesi e russi soffiano sul fuoco di questo quadrante.

L’altro quadrante, quello africano, è ormai già egemonizzato dalle armi dei russi e dai soldi dei cinesi. Non si è riflettuto abbastanza su quello che è successo in Niger, avamposto occidentale smantellato dalle brigate mercenarie dei nuovi padroni e con un seguito preoccupante nella popolazione. I cinesi hanno messo Assad su un aereo e hanno fatto un accordo con la Siria. Continuano a investire geopoliticamente per guadagnare posizioni. Anche sulle bombe migratorie dobbiamo almeno cominciare a chiederci quanto pesi indirettamente la spinta russa che vuole creare il massimo di tensione possibile in Europa. D’altro canto la Russia resta il primo esportatore di grano nel mondo e l’Africa dipende dalla Russia nonostante la sua economia sia a pezzi e il rublo un grosso problema grazie agli effetti delle sanzioni.

Bisogna prendere atto che il mondo oggi si trova a fare i conti con due grandi guerre. La prima è la guerra di invasione della Russia di Putin in Ucraina. La seconda è quella terroristica di Hamas e dei suoi sodali contro Israele che resta l’unica democrazia dell’area e, quindi, un baluardo da proteggere e rafforzare unitariamente nonostante alcune derive autoritaristiche di chi ha esercitato pro tempore il potere nell’ultima stagione. Un conflitto di civiltà. A fronte di tutto ciò, nel versante occidentale, appaiono tutti straordinariamente deboli con due elezioni americane e europee che possono produrre effetti nefasti se l’anno prossimo crescesse il peso dell’ala trumpiana negli Stati Uniti e si allargasse nel Vecchio Continente la coalizione di chi non sostiene il progetto dell’Europa federale. Perché l’Europa dei Paesi sovrani, quella dei giganti nani e delle piccole entità nazionali, non potrebbe mai contenere la pressione sempre più forte delle autocrazie.

Il rischio reale, da fare venire i brividi lungo la schiena, è che questi Paesi europei vengano mangiati a pezzi dal mondo autocratico che ha nella guerra di Putin in Ucraina lo spartiacque della storia di un conflitto di civiltà. Abbiamo assistito a una coraggiosa azione politico-militare dell’Occidente in difesa della democrazia e a sostegno dell’Ucraina invasa da Putin con un risveglio dell’Europa dalla lunga sonnolenza, ma stiamo anche assistendo da qualche tempo in qua a un indebolimento preoccupante di Paesi che hanno rappresentato da sempre un punto di riferimento storico per il mondo. Gli Stati Uniti sono attraversati da una forma strisciante di guerra civile dove addirittura venti estremisti della destra repubblicana hanno fatto fuori per la prima volta il loro rappresentante istituzionale alla Camera. La Germania non è più un punto di riferimento per le divisioni manifeste della coalizione di governo e la debolezza di leadership di chi la dirige. La Francia nonostante lo standing internazionale di Macron è percorsa dalle stesse difficoltà interne italiane. Giorgia Meloni, se lo volesse, potrebbe virare con più facilità verso un disegno di conservatorismo moderno perché cane che abbaia non morde anche tra i suoi alleati, ma deve volerlo, perseguirlo e dichiararlo esplicitamente ai suoi elettori facendo pesare la stabilità politica ritrovata, che è lo storico tallone di Achille italiano, aprendosi ai contributi di tutti (vedi articolo sotto) e facendo scelte coraggiose. Lo stesso Regno Unito, per rimanere ai Paesi che hanno fatto la storia, non è più un punto di riferimento come nel passato, paga il conto della Brexit e, purtroppo, questo si vede in Inghilterra e si sente anche dentro l’Unione europea.

Tutti questi Paesi, frammentati al loro interno, che sono la bandiera della democrazia del mondo che non può essere abbassata per nessuna ragione, devono oggi fare i conti con un risentimento dei Sud del mondo pericolosamente gestito da autocrati che lo indirizzano contro il modello della democrazia occidentale. Ecco il conflitto di civiltà. Siamo a un punto della storia in cui il mondo viaggia verso due baricentri in guerra tra di loro.

La sola risposta possibile è quella di una nuova Europa federale e di Stati Uniti di nuovo all’altezza della loro storia che possono guidare il processo urgente che conduce a una nuova Bretton Woods. Che comporti un riassetto ormai inevitabile degli organismi multilaterali che tenga conto dei nuovi pesi del mondo e permettano al modello democratico dell’Occidente di riconquistare posizioni con le armi dell’economia e della diplomazia prima che il fuoco delle guerre incendi tutto e porti alla guerra globale a pezzi temuta da Papa Francesco. Questo scenario va assolutamente evitato.


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