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Affluenza da record ai gazebo e successo per la campagna online: tutti chiedono il referendum per l’abrogazione dell’autonomia differenziata
Firmano le suore dei conventi, i volontari della Croce Rossa, i giovani dei centri sociali. Firmano i precari della scuola e della sanità pubblica. Si firma negli stabilimenti balneari delle spiagge affollate del sud, ma anche nel parco giochi di Novate Milanese. Si firma nelle piazze degli aperitivi e dello struscio serale.
Firma chi è rimasto in città e chi è già in vacanza. E, soprattutto, si firma online. Un successo con pochi precedenti: superata quota 20omila in sole 72 ore. Di questo passo, sostengono i promotori, entro una settimana si raggiungerà il mezzo milione.
Vuol dire che si può alzare l’asticella, che raggiungere il milione di firme, il doppio del necessario, nel breve periodo è un obiettivo plausibile. Vorrebbe dire consegnare al governo una valanga di No. Il segno, non solo simbolico, di una nuova consapevolezza, una risposta a chi per mesi ha sostenuto che l’autonomia differenziata si sarebbe rivelato un tema troppo complesso, che si volava alto, che gli italiani non avrebbero capito cosa c’è dentro la “trappola Calderoli”. Hanno visto che dentro la scatola vuota c’è un sottofondo nascosto. Tutta materia sulla quale riflettere.
LA POSTA IN GIOCO
Lo hanno capito. Eccome se lo hanno capito. Per dire: “L’Avvenire”, il foglio della Cei, in un lungo e dettagliato articolo pubblicato domenica scorsa, giorno di massima diffusione, ha descritto cosa c’è in in gioco: 184 funzioni di 9 materie non Lep.
Funzioni che Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria vorrebbero gestire da subito, che toccano interessi, risorse, diritti, qualità della vita.
La Regione Liguria, dove – senza voler anticipare nessuna sentenza – è emerso un quadro di relazioni tra la politica e il mondo economico a dir poco sconcertante, si era già fatta avanti per gestire la Protezione civile. Che vuol dire non solo emettere le ordinanze, ma, in un territorio storicamente molto fragile, far fronte all’emergenza direttamente, senza il coordinamento dello Stato centrale. Quantificare eventuali danni e gli eventuali ristori. Vi sembra poco? Sorvoliamo sul resto: commercio con l’estero; relazioni internazionali e rapporti con l’Unione europea, ecc. ecc.
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha già fatto sapere che la Farnesina non ha intenzione di cedere nulla di tutto questo. E noi aggiungiamo: per fortuna. Senza il parere vincolante dei ministeri competenti non si passa.
Ci torna in mente, a questo proposito, la visita del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, incontrato dal presidente dimissionario ligure Giovanni Toti e dal presidente della Lombardia Attilio Fontana nei giorni immediatamente precedenti l’attacco a Kiev. Un esempio dei danni collaterali derivati da una moltiplicazione di ambasciatine regionali. I rapporti internazionali, da soli, comportano la cessione di 16 funzioni.
Da ieri anche la Puglia si è allineata alle altre 4 Regioni governate dal centrosinistra che hanno votato la richiesta di referendum contro l’autonomia differenziata in base all’articolo 75 della Costituzione. Per un errore tecnico – non erano stati indicati i delegati alla presentazione della richiesta – si è dovuta ripetere la votazione.
Prima che la sciagurata rincorsa per arginare la Lega producesse la riforma del Titolo V, le funzioni delle Regioni, il loro ordinamento, i poteri degli organi collegiali, erano regolati dalla legge 62 del febbraio del 1953. Fu applicata solo a partire dal 1970, quando alle 5 regioni a statuto speciale si aggiunsero quelle ordinarie. Quella legge 62 di 62 anni fa disegnava in modo chiaro che cosa s’intende per federalismo. “Il Presidente del Consiglio regionale . recitava l’articolo 1 – trasmette copia dello Statuto deliberato dal Consiglio regionale al Presidente del Consiglio dei ministri, che lo presenta entro quindici giorni al Parlamento”.
CAMPO LARGO
Autonomia? Certo, a determinate condizioni e sotto l’egida del Parlamento che nelle legge Calderoli è chiamato solo a ratificare le intese. Quella legge del 1953 incarna l’idea che avevano del regionalismo i padri costituenti, primo su tutti il trentino Alcide De Gasperi. Il principio di uniformità, che non sarebbe stato in nessun caso violato e messo in discussione. I leghisti di oggi e di ieri farebbero bene a studiarsi quel periodo storico.
I banchetti organizzati per raccogliere le firme necessarie al referendum per l’abrogazione dell’autonomia differenziata offrono una seconda riflessione. Intorno allo stesso tavolo può capitare di trovare Anpi, Sinistra Italiana, Verdi, Italia Viva, M5S, Pd o iscritti di varie associazioni, consumatori, utenti, volontari del terzo settore.
C’è un pezzo d’Italia che si è messo in fila per firmare e un altro pezzo per raccogliere le firme, con tutte le difficoltà correlate all’estate, impegni familiari, ferie, città svuotate e temperature allo Zenit. C’è un campo largo che sta nascendo di fatto sul territorio, dove le differenze e le diatribe tra i leader non si avvertono.
Sono prove di campo largo, un campo che potrebbe diventare larghissimo se si abbassassero ulteriormente i toni e venissero coinvolti anche pezzi della società civile che non hanno appartenenze. La battaglia comune contro questa legge che certifica le disuguaglianze può davvero mettere d’accordo tutti.
E se si raggiungerà l’obiettivo del milione di firme, se la battaglia diventerà trasversale, sarà difficile non tenerne conto. Lep o non Lep. Quorum o non quorum.
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