Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Palermo
4 minuti per la lettura«Divisioni e polemiche minano il prestigio della magistratura». Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento nell’aula bunker di Palermo durante le commemorazioni per la Strage di Capaci a 29 anni dalla morte del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta Vito Schifano, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
«Nessuna zona grigia, nessuna omertà né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi. Non vi sono alternative. L’onda di sdegno e di commozione generale, suscitata dopo i gravissimi attentati a Falcone e a Borsellino, il grido di dolore e di protesta che si è levato dagli italiani liberi e onesti è diventato movimento, passione, azione. Hanno messo radici solide nella società. Con un lavorio paziente e incessante, hanno contribuito a spezzare le catene della paura, della reticenza, dell’ambiguità, del conformismo, del silenzio, della complicità», le parole del presidente della Repubblica.
«La mafia ha sicuramente paura di Forze dell’ordine efficienti, capaci di contrastare e reprimere le attività illecite. Ma questa paura l’avverte anche di fronte alla ripulsa e al disprezzo da parte dei cittadini e, soprattutto, dei giovani» ha spiegato Mattarella, aggiungendo: «Anche il solo dubbio che la giustizia possa non essere, sempre, esercitata esclusivamente in base alla legge provoca turbamento. Se la Magistratura perdesse credibilità agli occhi della pubblica opinione, s’indebolirebbe anche la lotta al crimine e alla mafia».
«A figure di magistrati come Falcone e Borsellino la società civile guarda con riconoscenza. Vi guarda come lezioni che consentono di nutrire fiducia nella giustizia amministrata in nome del popolo italiano. In direzione contraria sentimenti di contrapposizione, contese, divisioni, polemiche all’interno della Magistratura, minano il prestigio e l’autorevolezza dell’Ordine Giudiziario», il monito.
«Vorrei ribadire qui, oggi, quanto già detto nel giugno 2019 al Csm e nel giugno 2020 al Quirinale: la credibilità della Magistratura e la sua capacità di riscuotere fiducia – ha sottolineato ancora Mattarella – sono imprescindibili per il funzionamento del sistema costituzionale e per il positivo svolgimento della vita della Repubblica».
«Gli strumenti a disposizione non mancano. Si prosegua, rapidamente e rigorosamente, a far luce su dubbi, ombre, sospetti su responsabilità. Si affrontino sollecitamente e in maniera incisiva i progetti di riforma nelle sedi cui questo compito è affidato dalla Costituzione», ha spiegato.
«Falcone e Borsellino – ha quindi aggiunto il Presidente della Repubblica – erano due magistrati di grande valore e di altissima moralità. L’intelligenza e la capacità investigativa erano valorizzate e ingigantite da una coscienza limpida, un attaccamento ai valori della Costituzione, una fiducia sacrale nella legge e nella sua efficacia».
«La mafia volle eliminarli non soltanto per la loro competenza nella lotta alla criminalità organizzata, per la loro efficienza, per la loro conoscenza dei metodi e delle prassi del crimine organizzato- dice -. Li assassinò anche perché erano simboli di legalità, intransigenza, coraggio, determinazione. Erano di stimolo e di esempio per tanti giovani colleghi magistrati e per i cittadini, che li amavano e riponevano in loro fiducia e speranza. Sono rimasti modelli di stimolo e di esempio».
«La mafia, diceva Antonino Caponnetto, teme la scuola più della Giustizia, l’istruzione toglie l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa», ha detto ancora, aggiungendo: «Una organizzazione criminale, che ha fatto di una malintesa, distorta e falsa onorabilità il suo codice di condotta, in questi ultimi decenni ha perduto terreno nella capacità di aggregare e di generare, anche attraverso il terrore, consenso e omertà tra la popolazione – ha aggiunto -. La mafia può essere definitivamente sconfitta, realizzando così la lucida profezia di Giovanni Falcone».
«Il ricordo di Giovanni Falcone appartiene all’intera Repubblica, alle istituzioni e ai cittadini. Il dovere della memoria non appartiene soltanto alla Polizia, ai Carabinieri, alla Gdf, riguarda la Repubblica che ha il dovere di custodirla con riconoscenza», ha sottolineato quindi il presidente della Repubblica.
E ancora: «Questo momento si collega in maniera molto stretta alla cerimonia che si è svolta nell’aula bunker. In quel luogo ogni anno si rinnova il ricordo delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, ogni anno coinvolgendo studenti di tutta Italia, rinnovando la vicinanza di tutto il nostro popolo nel ricordo delle vittime e nella solidarietà ai loro familiari», ha poi detto il Capo dello Stato in visita alla caserma Lungaro di Palermo per ricordare gli agenti di scorta uccisi nella strage di Capaci.
«Qui, con la lapide e con la teca, che custodisce in maniera fortemente coinvolgente i resti della Quarto Savona Quindici, c’è un ricordo permanente di entrambe le stragi – dice – Questo ricordo delle vittime e delle sofferenze, del dolore e delle vite sconvolte dei familiari, costituisce una delle motivazioni che donne e uomini della polizia di Stato mettono nel loro impegno, così come avviene per tutte le forze dell’ordine nel ricordo dei loro caduti».
E poi ha ribadito: «La mia presenza qui vuole testimoniare che questo ricordo appartiene all’intera Repubblica, alle sue istituzioni e ai cittadini». Il dovere della memoria, infatti, «non riguarda soltanto la polizia di Stato, i carabinieri, la Guardia di finanza, gli altri corpi dello Stato, riguarda la Repubblica che ha il dovere di custodirla con grande riconoscenza per coloro che sono caduti e con grande solidarietà per i loro familiari. Quel che rimane di quell’auto è un ricordo che resta fortemente nell’animo dei nostri concittadini».
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