La conferenza stampa in Lombardia per il Coronavirus
5 minuti per la letturaIl premier lo ripete tre volte scandendo bene ogni sillaba: co-lla-bo-rare. Che vuol dire remare tutti nella stessa direzione per fronteggiare una emergenza che non è «una catastrofe».
Un «imperativo etico», lui dice, un invito a stoppare le polemiche, ma ormai quello che è detto è detto e da certi toni non si torna indietro. Se qualcuno pensava, insomma, che le Regioni modello, quelle più brave, quelle che un giorno sì e l’altro pure si svegliano cantando l’inno all’autonomia e si sentono le migliori della classe, potessero farcela da sole si sbagliava sicuramente.
Non solo ci sono stati errori macroscopici nella gestione iniziale del Corona virus, nell’attuazione dei protocolli, come dimostra il ping-pong casa-ospedale-casa del paziente 1, il frenetico 38 enne che tra una corsa campestre, una partita di calcetto e qualche cena random, ha diffuso urbi et orbi il contagio nel cratere lodigiano.
Ma ogni Comune, anche il più sperduto, pare si sia comportato, specialmente all’inizio, come se fosse una repubblica sanitaria indipendente.
Da qui lo sfogo del premier, l’invito a rivedere certe linee di pensiero che vorrebbero frantumare ancora di più la catena di comando.
UNIFORMARE I COMPORTAMENTI
Dopo il suo momento-verità, dopo aver detto apertamente quello che in cuor suo pensa, Giuseppe Conte ha voluto però metterci una pietra sopra. I conti, semmai si faranno, si faranno alla fine.
Nella lunga riunione con i governatori ha prevalso il comune senso di responsabilità. Al vertice hanno partecipato tutti i ministri dell’esecutivo, il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, e i presidenti dell’Anci e dell’Unione delle province. Al termine il premier ha annunciato un’ordinanza per «uniformare i comportamenti nelle Regioni non direttamente coinvolte».
Eppure quel «collaborare», ripetuto per ben tre volte dal premier, a qualcuno ha ricordato il resistere/resistere/resistere pronunciato dall’allora procuratore aggiunto Francesco Saverio Borrelli contro le riforme del governo Berlusconi. E in effetti anche in questo caso c’è da tener duro. La situazione è ingarbugliata, si procede ancora in ordine sparso.«Il pieno coordinamento è il metodo più efficace per prevenire la diffusione del contagio, con le Regioni – ha insistito Conte – stiamo lavorando molto positivamente».
PADANI DISCRIMINATI FONTANA INSORGE
La tensione resta sul fondo ma c’è ancora. «Se (Conte, ndr) si mette ad accusare le Regioni, significa che sta seguendo un’altra strategia. È la strategia della disperazione», ha reagito d’impeto il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, dopo essere stato toccato sul vivo dalle parole di Conte.
Il suo assessore alla Sanità, Giulio Gallera ha affondato il colpo: «Veniamo in maniera ignobile attaccati da un presidente del Consiglio che, non sapendo di cosa parla, dice che noi non seguiamo i protocolli. La Regione Lombardia i protocolli non solo contribuisce a livello nazionale a realizzarli, ma li segue in maniera puntuale».
Fontana, dall’aula del Consiglio regionale, a Palazzo Pirelli, si è poi scagliato poi contro quei «Paesi che dovrebbero rivedere la loro appartenenza all’Unione europea dopo la discriminazione nei nostri confronti».
Parole rivolte all’Austria, pronta a stendere un cordone sanitario, ma anche agli amministratori della Mauritius che hanno respinto una quarantina di turisti provenienti da Milano e dal Veneto e hanno invece accettato gli altri italiani che viaggiavano sullo stesso volo.
CONTROLLI IN SENATO SPERANZA NON APPROVA
A livello istituzionale la realtà è molto diversa da ciò che appare sulla facciata. Lo scambio di reciproche “affettuosità” è solo apparenza. Sul banco degli imputati c’è la sanità regionale, le regole spalmate a macchia di leopardo. Il focolaio è quello dei giorni scorsi, dieci comuni del Lodigiano e Vo Euganeo in provincia di Padova, anche se il numero ufficiale dei contagiati nelle ultime ore è continuato a salire.
Si stanno blindando, nel frattempo, anche i palazzi del potere. Controlli anche in Senato per misurare l’eventuale febbre dei visitatori accreditati, a tutti è stato dato un liquido disinfettante per le mani.
Queste misure sono state criticate dal ministro alla Salute, Roberto Speranza, che le ha bocciate definendole «infondate». Ma oggi anche la Camera si adeguerà. E intanto ieri, proprio a Montecitorio, si è vista la seconda mascherina, quella indossata del deputato azzurro Matteo Dell’Osso.
Ma dicevano delle polemiche. «Rispetto a una emergenza nazionale e all’impegno che viene richiesto a chi deve rimanere concentrato non devono aver alcun valore», ha gettato ancora acqua sul fuoco Fontana, ridimensionando la polemica con Conte. Al quale poco prima era stata recapitata una lettera aperta scritta dal presidente della Commissione Sanità della Regione Lombardia, Emanuele Monti. «Anziché schierarsi e solidarizzare con i cittadini italiani in questo momento difficile, facendo tutto il possibile per aiutare gli amministratori della Lombardia e delle altre regioni che si stanno prodigando per gestire l’emergenza, si permette di distribuire presunte colpe che non esistono… si tolga la giacca, si rimbocchi le maniche e venga qui a lavorare come tutti noi».
MENO TEST IN VENETO
Soltanto in serata la polemica si è ricomposta. «L’ospedale di Codogno non ha fatto errori, con Conte abbiamo chiarito tutto e concordato un provvedimento», ha confermato la sospensione delle ostilità il governatore Fontana. Ma dai territori coinvolti è subito giunta la denuncia del sindaco di Casal Pusterlengo: «Ci sentiamo abbandonati».
Oggi il decreto sul Corona virus verrà votato dalla Camera e potrebbe avere anche l’approvazione della Lega.
Ma quanto durerà la tregua? Dallo scontro tra governo e governatori è stato tenuto stranamente fuori il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. Che ha lanciato messaggi al contrario assennati e rassicuranti: «In nove casi su dieci siamo in presenza di un virus che risulta asintomatico, siamo il Paese che sta controllando di più».
Si cambieranno le regole. «Si fa presente la necessità di rivedere il meccanismo di ricorso ai test – ha spiegato Zaia – effettuandoli soltanto sulle persone che sono venute a contatto diretto con il virus o alle persone con gravi problemi respiratori, febbre superiore a 38°dispnea, polmoniti. Ma niente panico».
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