I bambini e le bambine del centro Santa Lucia impegnati nell’iniziativa “Ripuliamo la città”
5 minuti per la letturaA COSENZA, nel centro storico, uno dei quartieri più antichi e conosciuti della città, è quello di Santa Lucia, da sempre associato, purtroppo, a condizioni di degrado, malaffare e disagio sociale; ma Santa Lucia è anche tanto altro, è un luogo in cui lo sguardo – come ricorda la santa protettrice – riesce a catturare meraviglia e bellezza grazie alla presenza dell’associazione di volontariato Santa Lucia, che dal settembre 2017 si occupa dei bambini che popolano il quartiere, laddove le istituzioni sono manchevoli e dilaga la povertà educativa.
“Ricordo il mio primo impatto nel quartiere”, ci racconta Laura Calderaro, presidente dell’associazione di volontariato Santa Lucia. “Sono sempre stata poco avvezza alle condizioni di degrado, alla presenza ed ai modi di vivere delle minoranze come, ad esempio, il popolo dei rom ed i bambini di strada. Con grande vergogna – sottolinea la Calderaro – ho provato paura e pregiudizi rispetto a questa gente. Girando per Santa Lucia e nel presidio rom di Vaglio Lise a Cosenza ho avuto contatto con la sporcizia, in tutte le sue accezioni: sono rimasta sconvolta dalla immondizia abbandonata proprio lì dove i bambini giocano. Nel dicembre del 2016, però, nel degrado ho iniziato a intravedere la bellezza nei volti delle persone che abitano il quartiere. Mentre guardavo quei ruderi diroccati, dall’aspetto così lontano rispetto a quello di una casa, vedevo, in contrasto, il sorriso di un bambino. Sono raggelata, non per il freddo che provavo ma per la vergogna di vedere quel piccolino con addosso solo un paio di infradito ed io vestita di tutto punto. Ho avuto il dubbio di non conoscere davvero quella realtà e la prima cosa che mi sono domandata è stata: cosa posso fare per il quartiere?”.
Un interrogativo che la presidente dell’associazione ha condiviso con gli altri volontari l’anno dopo, in occasione del percorso di preghiera e meditazione sul tema della “Laudato sii” del Santo Padre Francesco, sulla cura della casa comune. Nell’enciclica si invita a visitare le periferie fisiche e spirituali. “Abbiamo cominciato – dice la Calderaro – a passeggiare nel centro storico di Cosenza domandandoci, insieme a una decina di volontari e le suore ausiliatrici, diventate poi le promotrici del presidio associativo Santa Lucia, cosa avremmo potuto fare per questi bambini”. Santa Lucia, da allora, opera nel quartiere rivolgendosi ai minori e puntando a prevenire e contrastare la povertà educativa attraverso il doposcuola, le attività laboratoriali, teatrali, l’impegno nella formazione ed avviamento ai mestieri, nonché le uscite didattiche anche al di fuori del contesto regionale.
“Siamo stati affiancati nel percorso dalle psicologhe Vera Tuoto e Mariagrazia Martire che ci hanno sostenuto e formato come volontari e nella risoluzione dei casi più complessi. Il quartiere è caratterizzato da un alto degrado sociale, culturale, strutturale ed i nostri aiuti sono stati rivolti principalmente ai minori. Abbiamo costruito intorno a loro una rete che possa curare tutte le relazioni, tra cui quelle con la famiglia. Ci siamo impropriamente appropriati dell’affido educativo dei minori. Ogni volontario ha preso a cuore una storia, un fanciullo e si è impegnato a curare la sfera delle relazioni scolastiche, con la famiglia, con gli assistenti sociali e il tribunale dei minori. Siamo un solido ponte laddove mancano diverse figure educative”. In questi anni di attività sono stati seguiti dai 2 ai 20 ragazzi circa per anno, coprendo una fascia di età che va dai 4 ai 14 anni. “Dopo si perdono – dice con rammarico la presidente – perché l’alternativa del quartiere è quella di essere agganciati per fare altri tipi di lavoretti. Quelli che siamo riusciti a seguire, li abbiamo avviati al mondo del lavoro, facendogli frequentare una bottega di falegnameria del centro storico, oppure indirizzandoli nel percorso di formazione da parrucchiere. Sapendo che gli altri si sono persi, ci sentiamo in difetto di non essere riusciti a proseguire fino alla fine. Il nostro tentativo, come associazione e volontari, è stato quello di assicurare una importante presenza nel territorio”.
Un presidio, quello dell’associazione, che nei primi tempi non è stato accolto favorevolmente: “La saletta che ci è stata data in comodato d’uso gratuito dall’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, si trova all’interno di un palazzo che, ai tempi, rappresentava una delle maggiori aree di spaccio. La presenza dei bambini infastidiva i commerci, se così vogliamo definirli. Abbiamo ricevuto minacce, ho trovato il vetro dell’auto rotto ma poi la nostra resistenza, costanza ed affidabilità ci è stata restituita in termini di accettazione. Ora io mi sento tutelata nel quartiere, nonostante l’alta percentuale di malavita persista, mi muovo lì dentro anche di sera senza temere nulla. Ci siamo fatti vedere presenti nei piccoli gesti, organizzando dei momenti di convivialità preparando insieme a tutte le famiglie il tipico piatto cosentino: il cuddurieddu. Con questo gesto e con l’impegno dei volontari, siamo riusciti a fare capire che ci siamo, che siamo l’alternativa e soprattutto che, al contrario degli altri, noi non li molliamo. Quando un nuovo volontario vuole entrare a far parte dell’associazione noi non chiediamo altro che questi requisiti: affidabilità, presenza, partecipazione, costanza. Vogliamo essere presenti anche quando nessuno dei ragazzi viene in sede. Dobbiamo essere l’alternativa della responsabilità che molte famiglie non sperimentano”.
L’attività dei volontari si è intensificata nel corso degli anni valorizzando il quartiere attraverso azioni concrete che hanno portato l’intera cittadinanza a scoprire, o riscoprire, i luoghi ed i volti di chi lì abita. “I ragazzi che seguiamo – conclude la Calderaro – sono stati coinvolti in attività culturali ed educative. Si sono resi protagonisti diventando le guide sui resti dell’antico edificio termale di epoca romana di palazzo Spadafora ed ancora, curando la mostra fotografica del napoletano Ciro Battirolo, offrendo un altro sguardo sul centro storico”.
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