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Abdullah Ocalan

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RENDE (COSENZA) – Il sofagate che ha visto protagonista Ursula von der Leyen arriva anche in periferia. Il Comune di Rende (Cosenza), infatti, è stato pesantemente redarguito dall’ambasciatore turco in Italia, Murat Salim Esenli. Il motivo: la cittadinanza onoraria che la cittadina ha riconosciuto al leader del Pkk, Abdullah Ocalan, nel corso del consiglio comunale del 22 marzo scorso.

LA DELIBERA

La pratica è stata proposta dagli assessori Lisa Sorrentino e Marta Petrusewicz nel solco di quel socialismo garantista che in questo lembo di Calabria ha solide tradizioni.

Le motivazioni sono molteplici. Ci sono quelle umanitarie in cui si stigmatizza il fatto che Ocalan da 22 anni è detenuto nel carcere speciale sull’isola di Imralì in Turchia, in condizioni giudicate «disumane» e da 16 è sottoposto alla “tortura di isolamento” riconosciuta come violazione del diritto internazionale.

Nella delibera si parla poi di una sorta di risarcimento per quello che viene definito come il «tradimento italiano» del 1998, quando Ocalan chiese asilo politico in Italia per evitare la pena di morte.

Infine ragioni anche locali, visto che nell’area urbana Cosenza-Rende sono presenti circa 150-200 membri della comunità curda, senza contare gli studenti universitari curdi.

Infatti, petizioni per la concessione della cittadinanza onoraria sono pervenute all’amministrazione comunale da parte dell’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia; del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Unical; da Kongra Star Women’s Movement; e da diverse associazioni del territorio.

Nella delibera si parla infine dei vari tentativi del Pkk per la soluzione pacifica del conflitto, dichiarando ripetutamente i “cessate il fuoco” unilaterali.

L’ATTACCO

Motivazioni che la Turchia non accetta e infatti la lettera dell’ambasciatore è durissima. Ocalan qui viene definito «capo dell’organizzazione terroristica Pkk». Ancora si sottolinea di come sia responsabile di «oltre 60.000 vittime, per lo più civili innocenti del mio Paese».

L’ambasciatore continua dicendo che il Pkk è stato definito come organizzazione terroristica «non solo dalla Turchia, ma anche dagli Stati Uniti e dall’Ue, Italia compresa».

Durissima la chiosa finale. «Pertanto, davanti alla legge, non c’è differenza tra Bin Laden e Ocalan. In questo contesto giuridico – temo- la decisione del consiglio comunale di Rende non costituirebbe solo un atto illegale ma anche una propaganda terroristica».

Da qui la richiesta dell’immediato ritiro della delibera. Cosa che, però, il sindaco Marcello Manna non ha intenzione di fare.

«Abbiamo voluto – dice – sottolineare il problema del processo di autodeterminazione del popolo kurdo, tema a noi ben noto dal secondo conflitto mondiale e che il nostro Paese ha affrontato e superato grazie alle lotte partigiane e al raggiungimento dei principi democratici contenuti nella nostra carta costituzionale. Di tutto questo, se l’ambasciatore lo riterrà opportuno, saremo lieti di parlare con lui anche in un Consiglio comunale aperto: siamo difatti abituati a discutere e non a imporre i principi di uguaglianza tra generi e di rispetto delle differenze. Siamo nel terzo millennio l’epoca dei diritti non solo per l’Italia, ma per tutti i Paesi del mondo».


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