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Emergenza idrica: in Calabria comincia ad essere un problema in alcune aree; ecco la carta di Cosenza sull’energia dell’acqua


In Sicilia la guerra dell’acqua è scoppiata da mesi. In Puglia si è già raggiunto il livello di allerta e le dighe sono quasi a secco. La Basilicata è ad un passo da una nuova emergenza. In Calabria, poi, ci sono aree dove la siccità comincia ad essere un grande problema soprattutto per le imprese agricole. L’acqua, da bene prezioso, rischia di diventare, giorno dopo giorno, un bene raro. E non solo nel Sud. Per una volta, almeno su questo fronte, il Paese è compatto, i problemi sono gli stessi, dalla piana del Po alla campagna siciliana.

Che il tema sia particolarmente caldo si è avvertito fin dalle prime battute del convegno sull’”Energia dell’acqua” organizzato a Cosenza nell’ambito di Feuromed, il Festival Euromediterraneo dell’Economia, con la collaborazione del Quotidiano del Sud. Un confronto a più voci che ha prodotto risultati concreti e tangibili. A cominciare dalla scoperta di una regione che con la sua università e i suoi centri di ricerca è diventata un punto di riferimento internazionale sul fronte dell’emergenza idrica. Ma non basta. Perchè questo know how può diventare un ingrediente fondamentale anche per un altro obiettivo: quello di mettere a punto una vera e propria “Carta di Cosenza” con tanto di proposte operative, da sottoporre al governo e al Parlamento.

LA “CARTA DI COSENZA”

Una proposta che ha l’obiettivo di dare risposte operative ad un problema che non solo crea disagi intollerabili per i cittadini ma comporta danni stratosferici al mondo produttivo e all’economia dell’intero Paese. E’ toccato a Ercole Incalza, membro dell’advisory board di Feuromed, puntare l’indice sulla fredda verità dei numeri: “Nel nostro Paese sarebbero necessari investimenti per oltre 60 miliardi di euro nei prossimi anni (con uno sforzo di circa 5 miliardi all’anno, una volta a regime) per rinnovare le infrastrutture, adeguare gli impianti alle normative europee sull’inquinamento e ridurre le perdite”.

L’importanza della programmazione

Eppure, con la Legge di Bilancio del 2018 il “Piano nazionale invasi” mirato al risparmio di acqua negli usi agricoli e civili nonché agli interventi volti a contrastare le perdite delle reti degli acquedotti, ha previsto uno stanziamento di appena 50 milioni di euro annui dal 2018 al 2022. Una goccia, è il caso di dire, rispetto al fabbisogno reale. Per questo al primo punto della Carta di Cosenza ci deve essere la voce “programmazione”, ovvero fissare una quota fissa del Pil per avere tubi che non perdono per strada milioni di metri cubi di acqua, mentre le città muoiono di sete. Tre, invece, le richieste arrivate dal mondo agricolo, rappresentato dal presidente di Confagricoltura Cosenza, Paola Granata: “Invasi, riciclo delle acque reflue, sviluppo dei consorzi”.

Ma nella carta di Cosenza, da completare in vista della terza edizione di Feuromed in programma a Napoli, c’è spazio anche per le voci di Girolamo Vitucci, direttore approvvigionamento idrico dell’Acquedotto Pugliese e di Cataldo Calabretta, numero uno di Sorical: “Campagna di sensibilizzazione per cittadini e di resposabilizzazione per gli enti locali, tutela della risorsa idrica anche contro gli usi impropri e una buona iniezione di innovazione”.
Ma anche i privati possono giocare un ruolo importante. Per questo sono state molto seguiti gli interventi del direttore commerciale di Suez Italia, Federico Boccardo e di Giulio Ricciuto, responsabile operativo nel nostro Paese della divisione Agua della multinazionale spagnola, Acciona. Per entrambi la parola chiave di un “piano acqua” per il Sud è quella della collaborazione e del dialogo fra pubblico e privato. Un modo per mettere insieme regole e competenze, diritti e doveri. Sapendo affrontare la sfida dei cambiamenti climatici anche con la carta dei dissalatori, impianti che possono trasformare di fatto il Mediterraneo in una sorta di hub energetico anche su questo fronte.


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