Mimmo Tallini
3 minuti per la letturaCATANZARO – Sette anni e otto mesi di reclusione per l’ex presidente del consiglio regionale Mimmo Tallini, quattro anni per Tommaso Patrizio Aprile, i due imputati assolti in primo grado. Conferma nel resto. Sono le richieste del sostituto procuratore generale Domenico Guarascio, applicato anche in Appello al procedimento – che ha istruito in fase d’indagine e che ha seguito in dibattimento – sfociato nel novembre 2020 nell’operazione Farmabusiness.
Parliamo dell’inchiesta con cui la Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri ritiene di aver dimostrato che la cosca Grande Aracri di Cutro sarebbe riuscita a infiltrarsi in maniera sofisticata nel redditizio mercato farmaceutico grazie all’appoggio del noto politico catanzarese ai tempi in cui era assessore regionale al Personale, anche se poi è stato assolto dal gup distrettuale dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso.
L’inchiesta, condotta dal pm Antimafia Domenico Guarascio, avrebbe delineato i nuovi assetti del clan i cui vertici erano stati decapitati dopo l’operazione Kyterion del gennaio 2015. Tra le 14 condanne di cui è stata chiesta la conferma spiccano quella a 2 anni e 8 mesi di reclusione per l’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del boss ergastolano Nicolino, e quella per il nipote del capo cosca, Salvatore Grande Aracri, ritenuto l’ideatore dell’affare, a 11 anni e 4 mesi.
Il pg ha chiesto anche la conferma delle condanne per la moglie del mammasantissima, Giuseppina Mauro, a 14 anni, e per la figlia Elisabetta, sempre a 14 anni. La pena più elevata fu però quella a 16 anni per Domenico Scozzafava, l’antennista di Sellia Marina portatore di voti di Tallini e pertanto ritenuto la figura cerniera tra ‘ndrangheta e politica. Intrusioni anche nella green economy: la conferma della pena è stata chiesta anche per Giuseppe Ciampà, condannato in primo grado a 10 anni e 8 mesi, il quale si sarebbe occupato del commercio di cippato da destinare alle centrali a biomasse, sfruttando false fatturazioni e consegnando denaro direttamente al boss Grande Aracri, alla moglie e alla figlia.
Tentacoli anche sul gaming, a cui era preposto Santo Castagnino, mesorachese, con l’imposizione di videopoker: per lui è stata chiesta la conferma della pena di 10 anni e 8 mesi. Stessa pena è stata proposta per il commercialista del clan, Leonardo Villirillo.
Conferma è stata chiesta anche per il commercialista romano Paolo De Sole che era stato condannato a 8 anni e 4 mesi; per Donato Gallelli, di Catanzaro, condannato a 4 anni; per il cugino omonimo di Salvatore Grande Aracri condannato a 10 anni e 8 mesi; per Pancrazio Opipari, di Sellia Marina, condannato a 8 anni e 6 mesi; per Salvatore Romano, genero di Ernesto Grande Aracri, fratello del boss, condannato a 11 anni e 4 mesi; per il catanzarese Maurizio Sabato, condannato a 2 anni e 8 mesi.
Le indagini condotte dai carabinieri dei Reparti operativi di Crotone e Catanzaro si erano incentrate, si ricorderà, sul consorzio Farma Italia e la società di capitali collegata Farma Eko, i cui management sarebbero stati direttamente controllati dalla cosca. Tallini, secondo gli inquirenti, avrebbe speso il suo ruolo di assessore regionale per favorire la conclusione dell’iter amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività del consorzio riconducibile alla cosca Grande Aracri, ovvero la commercializzazione all’ingrosso di prodotti farmacetuci e parafarmaceutici. Fu costituito un network con una ventina di punti vendita in Calabria, due in Puglia e uno in Emilia.
Nelle prossime udienze la parola andrà alla difesa. Interverranno gli avvocati Luigi Colacino, Vincenzo Ioppoli, Mario Nigro, Salvatore Perri, Sergio Rotundo, Gianni Russano, Salvatore Staiano, Gregorio Viscomi.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA