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In Europa il 37% della forza lavoro è al femminile, con un’azienda agricola su cinque è al femminile, è condotta cioè da un’imprenditrice
MALPAGATE, discriminate, ammesse con il contagocce nelle posizioni di comando. L’altra faccia delle mimose donate nella giornata dell’8 marzo. Per le donne italiane, come hanno confermato gli ultimi autorevoli studi dall’Inps al Cnel, resta forte il divario di genere del mercato del lavoro e la ricaduta sul sistema previdenziale. Nel 2022, secondo un report dell’Istat, solo il 21% di quadri e dirigenti risultava di sesso femminile, in aumento dal 13% del 2010, ma sempre a un livello basso”. L’8 marzo, la festa della donna, non è una festa – ha dichiarato il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, in un recente convegno al Cnel – se le donne non sono messe in grado di lavorare, di avere un lavoro buono”. Che possa garantire un’autonomia e una autosufficienza economica necessarie anche per evitare o uscire da situazioni di violenza.
E la situazione di donne “meno pagate, più precarie, meno promosse in carriera – secondo il presidente del Cnel, Renato Brunetta – non la pagano solo le donne, ma il Paese perché le discriminazioni portano inefficienza”. Brunetta ha ricordato un rapporto dell’Ocse che rileva come le italiane “dedichino ogni giorno 175 minuti in più al lavoro domestico rispetto ai loro compagni, contro i 108 minuti del Regno Unito, i 92 minuti della Germania e i 90 minuti della Francia”. Anche l’azienda del settore agricolo nell’Unione europea è dominato dagli uomini, ma la situazione sta migliorando e oggi il 37% della forza lavoro è al femminile, con un’azienda su cinque è al femminile, è condotta cioè da un’imprenditrice. In Italia si sta affermando una nuova generazione di capi azienda in rosa. Si è infatti rafforzato il ruolo manageriale delle donne che hanno scoperto l’attività agricola magari dopo aver ricoperto posizioni dirigenziali nelle banche o in imprese industriali. E comunque, secondo quanto emerge dalle rilevazioni dell’Istat, anche se ancora bassa la percentuale di amministratori donne in agricoltura con il 28,2% supera quella nelle imprese industriali (10,8%), ma anche nei servizi (25%).
Le aziende agricole al femminile, guidate da donne, sono soprattutto nel Centro e nel Mezzogiorno, sono generalmente più piccole e meno informatizzate. Ma c’è un elemento che proietta questa tipologia di aziende verso un futuro sicuramente più interessante, anche sul piano economico: la netta prevalenza di una guida femminile tra quelle che praticano attività remunerative connesse a quelle agricole, in primis (ma non solo) agriturismo e fattorie didattiche. La multifunzionalità è considerata la nuova frontiera dell’agricoltura in grado non solo di garantire redditi migliori, ma anche di consentire a chi la pratica di esprimere creatività. Il ventaglio delle attività connesse è ampio e va dalla trasformazione dei prodotti agricoli alla realizzazione di agri gioielli e agri abiti, dalla beauty farm campestre alle essenze e creme naturali.
Un terreno dove le donne hanno raggiunto risultati importanti è quello dell’agriturismo. Secondo l’ultimo censimento Istat più di un terzo dei conduttori delle imprese che offrono ospitalità rurale risultava donna. Degustazione, alloggio e ristorazione sono il core dell’offerta, ma sono sempre di più e diversificate le ulteriori attività come le fattorie didattiche, il trekking e le escursioni. Le aziende agrituristiche guidate da donne sono in aumento con la quota maggiore al Sud con il 46,6% e punte che arrivano al 50% in Basilicata, 48% in Campania e 47% in Calabria. Le aziende multifunzionali, che offrono almeno tre servizi, sono ormai una realtà acquisita e rappresentano spiega l’Istat “ uno degli aspetti più significativi del cambiamento del settore agricolo”. E le donne hanno colto più dei loro colleghi maschi le opportunità che agriturismo e altre attività connesse offrono.
Secondo un rapporto di Unioncamere tra le imprese femminile l’agricoltura, in tutte le sue sfaccettature, è il settore più gettonato. E se è vero che spesso sono in rosa piccole realtà produttive sono però in crescita anche le società di capitali. La spiccata propensione imprenditoriale è anche confermata dalla voglia di investimenti. Nell’ultimo bando di Ismea per la misura “Più Impresa” donne e giovani hanno rastrellato i finanziamenti finalizzati a favorire il ricambio generazionale e a rafforzare le aziende al femminile. Un intervento che prevede per investimenti fino a 1.500.000 euro mutui agevolati a tasso zero per un importo di non oltre il 60% delle spese e un contributo a fondo perduto fino al 35%. La richiesta di finanziamenti è una cartina al tornasole dell’impegno a valorizzare sempre di più le proprie imprese puntando su innovazione e diversificazione. Si tratta dunque di un’attività che si presenta come un’ottima opportunità per affermarsi nel mondo del lavoro, per creare occupazione, ma anche per sostenere altre donne. In questo ultimo anno particolarmente segnato da femminicidi o comunque da episodi di violenza nei confronti delle donne, le imprenditrici agricole sono scese in campo.
In prima linea Donne Coldiretti che ha firmato nel dicembre scorso un protocollo con la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e ogni violenza di genere presieduta dall’on. Martina Semenzato, per attivare azioni concrete di sostegno alle vittime. Tra gli impegni assunti, a proposito di azienda al femminile, la realizzazione di una rete di fattorie della tenerezza per aprire le porte alle donne in cerca di un rifugio sicuro offrendo anche lavoro, la vendita presso i mercati di Campagna Amica di prodotti “gentili” contrassegnati da un nastro rosso la cui parte del ricavato viene destinata a organizzazioni del territorio vicine a Coldiretti che danno una mano alle donne, dalle case rifugio ai centri antiviolenza e infine una borsa di studio dedicata ai figli vittime dell’instabilità familiare.
“Nelle campagne – ha affermato la presidente di Donne Coldiretti, Mariafrancesca Serra – si offrono opportunità di lavoro alle donne che fuggono da situazioni drammatiche, perché la “liberazione” passa da un lavoro e dalla capacità di acquisire una indipendenza economica. Ecco perché l’agricoltura in rosa, sempre più centrale nel sistema economico e protagonista della vita sociale, ha deciso di aprirsi anche su questo fronte. Nei campi e nelle stalle c’è una vastissima gamma di occasioni lavorative, dalla coltivazione alle attività connesse. Ma c’è soprattutto la sensibilità di disegnare un nuovo cammino per chi ha trovato davanti a sé solo porte chiuse”. Lavoro, managerialità, sostegno e solidarietà sono i capisaldi della nuova agricoltura nella azienda al femminile, fuori dai luoghi comuni, ma che vive in prima linea tutti i problemi del settore, dall’eccesso di burocrazia all’importazione selvaggia di prodotti dai Paesi terzi che mettono in crisi, per esempio, marmellate e miele trasformati in azienda. Le Donne Coldiretti hanno partecipato numerose alla giornata di protesta a Bruxelles per chiedere reciprocità nel rispetto delle regole.
Ma c’è anche quel quid in più che può arrivare solo da imprenditrici donne. La presidente Serra ha invitato tutte le donne a un atto di solidarietà concreto. Lei taglierà i suoi lunghi capelli neri curati con cura durante tutto l’anno per donarli alle donne malate oncologiche: “Un segno concreto dell’impegno di noi donne per le donne per sostenerle in questo viaggio doloroso”. Senza retorica. Ma con lo stesso spirito manageriale che guida l’attività delle signore della terra.
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