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L'attore Fabrizio Gifuni, straordinario interprete della serie "Esterno Notte"

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Marco Bellocchio è un monumento del cinema italiano. Il regista con cinquant’anni di splendida carriera alle spalle, ha presentato fuori concorso al Festival di Cannes la sua prima serie tv: Esterno Notte. “La prima serie, e l’ultima” confessa giocoso alla stampa della kermesse. L’autore torna a parlare del caso Moro: lo aveva già fatto con brillantezza nel 2003 con il film Buongiorno, notte (su RaiPlay e Netflix). Ora ripercorre in sei puntate gli ultimi 55 giorni di Aldo Moro, dal rapimento alla sua “esecuzione”. La serie in onda il prossimo autunno su Rai 1 è già al cinema, distribuita da Lucky Red e divisa in due blocchi: la prima metà è uscita il 18 Maggio, mentre per il finale l’appuntamento è al 9 di Giugno.

Al Festival di Cannes è stata presentata nella sua interezza, circa cinque ore e una pioggia di commenti positivi. Il regista ottantaduenne sta attraversando una seconda giovinezza: è reduce dai recenti successi de Il Traditore (RaiPlay) e del documentario Marx può aspettare, presentato lo scorso anno nella stessa cornice, dove ha ricevuto anche la Palma d’oro onoraria.

L’autore, che ha esordito alla regia nel ‘65 con un capolavoro come I pugni in tasca (nella lista dei 100 film italiani da salvare), spiega in conferenza stampa che l’idea di realizzare una serie è nata dalla volontà di riuscire ad avere una narrazione più ampia: “È diventata serie quando abbiamo capito che se si voleva andare molto all’esterno era necessario un tempo diverso dal film”. Ogni puntata, infatti, presenta il punto di vista di alcuni dei protagonisti dei pesantissimi anni di piombo: il risultato è piacevole e avvolgente grazie ad un’ottima scrittura e grandi prove attoriali. La sceneggiatura porta la firma di Bellocchio ma anche degli sceneggiatori dei prodotti seriali italiani di maggior successo: Stefano Bises (Gomorra, The New Pope), Ludovica Rampoldi (1992, Il ragazzo invisibile) e Davide Serino (1992, Vite in fuga).

Il cast è eccellente: Toni Servillo interpreta il Papa Paolo VI, Margherita Buy è Eleonora Moro (la moglie), Fausto Russo è Francesco Cossiga. Ci sono anche Gabriel Montesi, Pier Giorgio Bellocchio e Daniela Marra. Il ruolo del compianto politico è affidato a Fabrizio Gifuni, David di Donatello come migliore attore non protagonista per Il capitale umano (Netflix e Disney+). L’attore aveva già interpretato il politico in Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana: film sull’attentato di Piazza Fontana a Milano il 12 Dicembre del ‘69. Il racconto di queste vicende è sempre un’occasione importante per non lasciare scivolare fatti importanti nel dimenticatoio.

Gli anni 70 in Italia hanno significato morti ammazzati e menzogne. Il rapimento di Moro è uno degli avvenimenti più rappresentativi di quel periodo buio che sono stati gli anni di piombo. Grazie agli atti processuali, biografie e dichiarazioni dei protagonisti della vicenda, da un lato e l’altro della legalità, è possibile, con buona pace di certe zone d’ombra, ricostruire con precisione tutto ciò che è accaduto dal rapimento di Via Fani il 16 Marzo del ‘78 al 9 Maggio seguente, giorno del ritrovamento del corpo di Aldo Moro nel bagagliaio di una Renault 4 a Via Caetani. Per avere un film che trattasse la vicenda ci sono voluti quasi 10 anni: è l’86 quando esce Il Caso Moro di Giuseppe Ferrara, ad interpretare il politico c’era il gigante Gian Maria Volantè (Orso d’oro al Festival di Berlino). Un’ottima pellicola che ripercorre i tragici fatti di cronaca restituendo la pesantezza e il conflitto di quegli anni così pesanti.

“Anni di farsa nerissima” li definiva il regista Elio Petri, che nel ‘76 con il suo feroce e grottesco Todo Modo restituisce un’immagine orrenda della Democrazia Cristiana e il Presidente M. interpretato da Volontè, era un chiaro riferimento proprio ad Aldo Moro. Negli anni anche diversi tentativi poco riusciti, dei passi falsi come L’anno del terrore (1991) di John Frankenheimer o Piazza delle cinque lune (2003) di Renzo Martinelli. Una delle pellicole migliori sull’argomento, è il già citato Buongiorno, notte, sempre di Bellocchio.

Il film mostra i fatti attraverso il punto di vista di una delle brigatiste, la giovane Chiara. Ad interpretare il politico era in quell’occasione Roberto Herlitzka, premiato con il David come migliore attore non protagonista. In questo lavoro Bellocchio riesce, come solo i grandi cineasti sanno fare, a creare una grande distanza tra sé e la storia. Non nel senso della trama, ma perché nel finale del film, con disinvoltura, mentre i brigatisti dormono, Aldo Moro esce dal covo in cui è stato prigioniero e se ne va, passeggiando libero per le strade di Roma. Giusto un piccolo indugio sulla verità: per un attimo vediamo Moro bendato, le immagini del papa e dei leader della DC, ma il film non finisce lì, torna alla felice e libera passeggiata.


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Fabio Grandinetti

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