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Albano e Romina in una foto d'epoca

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L’Italia del boom suonava un’altra musica: anche Sanremo, anche il cinema.

Appassivano i fiori che “m’han fatto male eppure li ho graditi, son rose rosse e parlano d’amor” come cantò Nilla Pizzi (“Grazie dei fior”, primo festival 1951, “in mezzo a quelle rose ci sono tante spine”), né volava più la colomba bianca su Trieste per la ragazza che “inginocchiata a San Giusto, prega con l’animo mesto” (“Vola Colomba”, 1952); basta con la malinconia del “viale ingiallito d’autunno”, o con la tristezza “amica della mia malinconia”, e, seppure la tradizione cantava ancora che “son tutte belle le mamme del mondo, quando un bambino si stringono al cuor”, l’Italia del festival che sarebbe divenuto l’unico show destinato ad entrare nella graduatoria dei top 50 spettacoli più televisti di sempre, gli altri 49 tutte partite di calcio, era pronta a spiccare il suo volo nazional popolare. Il quale fu davvero un “Volare” grazie a Domenico Modugno, 1958.

Erano in arrivo i “collettoni”, tribù di ragazzi di allora che seguivano a frotte gli idoli di quel tempo entusiasta, idoli permanenti come Rita Pavone o Gianni Morandi; tra i “collettoni” era anche Renato Zero, il capostipite dei “sorcini”. Si vendevano dischi, si ballava in discoteca, con c’era ancora il “clippino”, ma nasceva un genere cinematografico: il “musicarello”.

Il concept era semplice, l’abstract pure. Prendi una canzone (meglio se più d’una) di facile presa e immediata orecchiabilità, prendi la ragazza o il ragazzo che la cantano, mettigli intorno storielle esili, piccoli grandi scorci di vita quotidiana, di quelle cose che capitano a tutti i ragazzi: un po’ di scontro generazionale, ma in allegria; un po’ di commedia degli equivoci, da affidare a quella splendida stirpe di attori italiani che venivano definiti “caratteristi”.

Il costo dell’operazione era basso, l’incasso era alto, il successo garantito. Disse Goffredo Lombardo, boss della Titanus e grande produttore cinematografico: “I musicarelli hanno garantito il cinema italiano”. Garantito al botteghino. I mondi s’intrecciano: Luchino Visconti passava più d’una serata al Piper, storico locale romano, quando Patty Pravo faceva girare i ragazzi come fossero dei “bamboli”. 

Forse i “musicarelli” consentirono la produzione di capolavori come Il Gattopardo dai costi fallimentari, uno stuolo di lavandaie nel cast per garantire il quotidiano bucato dei costumi, un armamentario di cristallerie autentiche di Boemia per garantire che il tintinnio dei bicchieri fosse proprio quello originale che il “signor conte Luchino” aveva ascoltato fin da bambino alla sua nobile tavola (e favola).

Esagerando un po’, si può dire che alla “volgare questione del denaro” provvedessero gli Urlatori alla sbarra, come fu il titolo di un “musicarello” delle origini, il ciuffo di Little Tony, “ho un cuore matto, matto da legare”, il casco d’oro di Caterina Caselli che “nessuno mi può giudicare, nemmeno tu”, la lacrima sul viso da cui Bobby Solo aveva “capito tante cose”, Rita Pavone, che recitava e cantava pure con Totò, ora “Rita la zanzara”, ora “Rita nel Far West”, Gianni Morandi che “non son degno di te”, “in ginocchio da te”, “se non avessi più te”.

Gianni dalla musica e dalle mani infinite che, pare, Marco Bellocchio avrebbe voluto come protagonista nel film I pugni in tasca, l’avvio della contestazione. Girò Le castagne sono buone diretto da Pietro Germi e stava per cantare che c’era un ragazzo che come lui “amava i Beatles e i Rolling Stones”: la mise in scaletta anche Joan Baez.

C’erano, in quei “musicarelli d’una volta” anche, naturalmente, Adriano Celentano e Mina, il “molleggiato” che stava per diventare il re degli ignoranti, profeta dei lunghi silenzi e dell’ambientalismo, e lei, Mina, “Minona, ‘na fagottata de robba” come ebbe a dirle in un memorabile incontro televisivo Alberto Sordi, Mina che bucava il video e anche lo schermo, i quali, però, volevano troppo di lei che così d’improvviso li abbandonò al loro destino, come aveva fatto Greta Garbo. Fortunatamente non negò al mondo la sua meravigliosa voce.

C’era anche, in quei filmetti musicali  che stavano sgocciolando, portati via dal Sessantotto che andava verso anni di piombo, una giovane coppia che, Nel sole, cominciava la sua lunga storia che ancora continua, un musicarello lungo più di mezzo secolo, Romina e Al Bano, o Al Bano e Romina. A proposito: ma staranno ancora insieme? “Nostalgia, nostalgia canaglia, che ti prende proprio quando non vuoi…”. Il musicarello continua, se non nello schermo nella vita. Mica “sono solo canzonette”…


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